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Renzi: abbattere il cuneo fiscale almeno del 10%

L’iniziativa sul cuneo fiscale annunciata da Renzi si aggiunge a quelle di sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione e della costituzione di un fondo di garanzia per l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese, che il neo-premier ha indicato per il sostegno dell’economia.

La riduzione del cuneo fiscale è, dunque, il primo strumento di politica fiscale che il Governo intende utilizzare per rilanciare occupazione e sviluppo. Non è un’idea originale, tuttavia riscuote il consenso di moltissimi osservatori ed esperti economici. Anche l’Ocse, e ancora recentemente, ha sollecitato questo intervento per rilanciare l’economia italiana e il suggerimento è provenuto proprio dal capo degli economisti di quell’istituzione, Pier Carlo Padoan, che oggi siede sulla poltrona di ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi.

Non si sa altro, almeno per ora, su come avverrà l’annunciata riduzione, ma solo che essa sarà “a doppia cifra”. Sembra un passo avanti rispetto all’indicazione di una riduzione del 5%, di cui si sentiva parlare nel precedente Governo Letta. Tuttavia, senza maggiori dettagli, non è possibile valutare la possibile efficacia della misura di politica fiscale.

Va ricordato, anzitutto, come il cosiddetto cuneo fiscale sia il divario tra il costo del lavoro sostenuto complessivamente dall’impresa per un lavoratore e la sua retribuzione netta percepita. Si può ottenere una riduzione del cuneo fiscale, quindi, sia diminuendo gli oneri previdenziali a carico dell’impresa, sia riducendo contributi e prelievo fiscale a carico del lavoratore. Anche la diminuzione o l’eliminazione dell’Irap sulla componente costo del lavoro, sopportata dal datore di lavoro, può essere utile per abbattere il cuneo fiscale, in senso lato.

Quanto alla riduzione “a doppia cifra”, l’obiettivo si raggiunge già a partire da una diminuzione del 10 per cento. La più semplice interpretazione delle parole del premier Renzi, dunque, farebbe pensare all’intenzione di ridurre del 10% l’attuale differenza tra costo del lavoro complessivo e retribuzione netta del lavoratore. Se si applica questo intervento ai casi concreti, potrebbe voler dire, per esempio, per un lavoratore con una retribuzione annua di 25mila euro lordi, una diminuzione del cuneo fiscale di circa 1.700 euro l’anno, per grandi linee, variabile secondo i diversi settori economici e le diverse situazioni aziendali. A fronte di una retribuzione di 25mila euro annui lordi, infatti, oggi il lavoratore percepisce un reddito netto di circa 18mila euro, costando all’incirca 35mila euro all’azienda, per un cuneo fiscale, più o meno, di 17mila euro. 

Renzi non ha spiegato al Senato neppure come il Governo intenda finanziare questa riduzione di prelievo, se non con un generico riferimento alla riduzione di spese statali.
Per capire qualcosa di più, può essere d’aiuto una nota diffusa dalla Presidenza del Consiglio domenica pomeriggio, al fine di chiarire la portata di alcune dichiarazioni rese dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nel corso di una trasmissione televisiva. “L’orizzonte del Governo – si legge nella nota – è quello di una riduzione della pressione fiscale attraverso una rimodulazione delle tasse sulle rendite finanziarie e delle tasse sul lavoro”.

Ci sarebbe da ragionare sul significato di “riduzione della pressione fiscale” in senso economico, cioè come riduzione del rapporto tra entrate erariali e Pil. Ma si intuisce che il Governo abbia usato questa espressione in senso atecnico, cioè per significare una diminuzione dell’imposizione diretta sui lavoratori e sul ceto medio in generale. 
Se così è, il Governo sembra avere detto che intende aumentare il prelievo sulle rendite finanziarie nel loro complesso (eventualmente con aggiustamenti relativi tra le aliquote sulle diverse fonti di reddito finanziario e, probabilmente, anche dei redditi diversi) e, forse, anche quello sui redditi di lavoro di entità più elevata. Insomma, potrebbe intravedersi, nelle parole di Palazzo Chigi, anche un intenzione di aumento della progressività delle aliquote Irpef.

Nel discorso di Renzi in Senato pochi altri sono stati gli spunti di politica fiscale. Ha parlato di Fisco solo per dire che il Governo intende intervenire sul sistema tributario attraverso l’attuazione della delega fiscale, che il Parlamento sta per conferirgli.

Ha poi aggiunto di volere realizzare iniziative “chiaramente visibili da parte dei cittadini”, come quella di inviare la dichiarazione dei redditi precompilata direttamente a casa di tutti i dipendenti pubblici e i pensionati, anche attraverso l’utilizzazione delle tecnologie telematiche. Ciò al fine di mostrare come possa cambiare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. Il Fisco deve smettere di essere nemico e ostile – ha detto Renzi -, non deve essere percepito come uno spauracchio, ma come una sorta di consulente per il giusto adempimento fiscale. Salvo, invece, essere durissimo nei confronti di chi commette reati o comunque “si rende passibile di sanzioni amministrative”. In questi casi – ha concluso il nuovo capo del Governo – la repressione dev’essere durissima.

Tra i possibili, prossimi interventi del Governo sull’amministrazione fiscale, vanno segnalati quelli che potrebbero scaturire da un principio affermato con forza da Renzi, di fronte ai senatori. “Vi sono settori dello Stato – ha detto il neo-premier – che vivono le peripezie della politica con apparente rispetto, ma con un sostanziale retropensiero: i Governi passano, i dirigenti restano”. 

E invece, ha sostenuto Renzi, occorrerebbe un maggiore collegamento tra l’espressione popolare di scelta del Governo e la struttura dirigente della macchina pubblica. In altri termini – ha proseguito –  “non può esistere la possibilità di un dirigente che rimane a tempo indeterminato e che fa il bello e il cattivo tempo” nella struttura che dirige. Insomma, Renzi ha preannunciato, coloritamente, di volere utilizzare ampiamente lo strumento dello spoil system, fors’anche di volerlo estendere ulteriormente. Per i vertici degli uffici dell’amministrazione fiscale e delle Agenzie, ciò potrebbe significare grandi cambiamenti in vista.

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