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Pir, ecco le nuove regole: ritorno alle origini e novità

Marco Verch on Flickr

Cambiano di nuovo le regole sui Pir, ma stavolta sembra che le novità siano riuscite a mettere d’accordo politica e addetti ai lavori. I Piani Individuali di risparmio, vero fenomeno finanziario del 2017, tornano alle origini, ma con alcuni cambiamenti che potrebbero incidere in maniera tangibile su un mercato che nel 2019 è rimasto letteralmente paralizzato.

La revisione dei Pir è contenuta in un emendamento al decreto fiscale approvato all’unanimità il 25 novembre dalla Commissione Finanze della Camera. Il testo dovrà ora passare al vaglio di Camera e Senato, ma dato l’ampio favore che la nuova disciplina ha riscosso tra tutte le forze politiche non si prevedono ulteriori modifiche.

Prima di parlare delle novità, occorre però fare un passo indietro.

PIR, COSA SONO E COME FUNZIONANO

I Piani individuali di risparmio possono essere descritti come dei veri e propri contenitori fiscali che contengono diversi strumenti finanziari, tra cui azioni, obbligazioni, derivati, OICR, ecc.. Sono stati introdotti in Italia dalla legge di Bilancio 2017 allo scopo di veicolare il denaro dei risparmiatori, esclusivamente persone fisiche, verso le piccole e medie imprese italiane.

Per cercare di attrarre più investitori possibili la normativa stabilisce delle agevolazioni. Nel dettaglio, chiunque decida di usufruire di un piano individuale di risparmio può contare su un’esenzione dalla tassazione dei redditi derivanti dall’investimento effettuato. In altre parole, il vantaggio principale è quello di poter contare su una detassazione degli utili, del capital gain e dei dividendi a condizione che il Pir venga mantenuto per almeno 5 anni.

PIR: QUALI SONO REGOLE

Per investire sui Pir si devono rispettare delle regole ben precise che riguardano soprattutto la composizione del patrimonio. La prima prevede che almeno il 70% del valore complessivo dei Pir debba essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati da imprese residenti in Italia o in Stati europei aventi attività stabile in Italia. Le regole iniziali stabilivano che di questo 70 per cento, almeno il 30% dovesse essere investito in strumenti emessi da imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE Mib di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, mentre sul restante 30% non era previsto alcun vincolo.

Con la legge di Bilancio 2019 (ma il decreto attuativo è arrivato solo nel maggio del 2019) l’ex Governo formato da Lega e Movimento 5 Stelle ha introdotto delle modifiche che hanno mandato su tutte le fuori gestori e addetti ai lavori. Le regole – tutt’ora in vigore – stabiliscono che un 3,5% del patrimonio sia investito in quote o azioni di fondi di venture capital e un ulteriore 3,5% in strumenti finanziari di piccole e medie imprese (PMI) ammesse alle negoziazioni su AIM Italia.

Questi cambiamenti hanno portato una vera e propria paralisi nel mercato dei Pir. In primis perché le Sgr non hanno potuto contrarre nuovi Pir per 5 mesi in assenza dei decreti attuativi – arrivati a maggio, come detto – in secondo luogo perché, secondo gli addetti ai lavori, hanno trasformato un investimento destinato ai piccoli risparmiatori in un asset molto più rischioso.

I risultati sono nei numeri: se nel 2017 i Pir hanno raccolto 10,9 miliardi di euro e nel 2018 3,95 miliardi, il 2019 racconta una musica completamente diversa: secondo i dati Assogestioni, nell’anno in corso prevalgono i deflussi, con -717 milioni di euro registrati da gennaio al 30 settembre, a fronte di masse totali pari a 18,5 miliardi.

PIR, ECCO LE NOVITÀ

Al fine di far ripartire un mercato fermo, l’emendamento al decreto fiscale elimina i due vincoli del 3,5% sull’Aim e sul venture capital, stabilendo un unico obbligo: quello di riservare il 5% del valore complessivo dello strumento (sempre il 70%) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite degli indici Ftse Mib e Ftse Mid di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Si torna dunque alle origini.

 “L’industria del risparmio gestito accoglie con grande favore l’approvazione dell’emendamento al DL Fisco che rimuove le limitazioni ai Piani individuali di risparmio introdotte dalla legge di Bilancio dello scorso anno”, commenta Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni.

L’emendamento prevede anche un’altra importante novità: Casse Previdenziali e fondi di investimento potranno detenere più di un Pir nel limite del 10% del patrimonio. “Apprezziamo che sia stata risolta in sede normativa una questione più volte sollevata in via interpretativa da Assogestioni, ossia l’inapplicabilità ai fondi pensione e alle casse di previdenza del principio di unicità del Pir” commenta Arianna Immacolato, direttore del settore fiscale di Assogestioni.

Le nuove (vecchie) regole sono state dunque accolte con favore dagli addetti ai lavori, staremo a vedere come reagirà il mercato.

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Categories: Finanza e Mercati