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Pasqua a casa? Più uova vere che di cioccolato

E’ un altro dei paradossi dell’emergenza coronavirus, che già da qualche settimana sta cambiando le nostre abitudini di vita e alimentari: nemmeno la Pasqua sarà come in passato. Dopo la notizia che passeremo anche Pasqua e Pasquetta in casa, sono arrivate alcune stime su come si comporteranno gli italiani per celebrare, nonostante tutto, la festività tanto amata: ne è emerso che le uova “vere”, quelle cioè che servono per fare frittate, impasti, dolci, salse, saranno per la prima volta più acquistate di quelle di cioccolato, tipiche del periodo.

La stima emerge da una analisi di Coldiretti sulla base degli ordini rilevati dall’Unione Italiana Food nell’ultima settimana: con un aumento record del 45% degli acquisti, le uova vere sono dunque le vere star del carrello pasquale, e battono nettamente quelle di cioccolato che fanno registrare un crollo del 30-40%. Insomma due fenomeni si incrociano: da un lato la crisi economica che costringe le famiglie a tirare la cinghia e a rinunciare a qualche golosità di troppo, dall’altro il boom già raccontato più volte del ritorno in cucina degli italiani, costretti a rimanere a casa dalle norme anti contagio che saranno prorogate fino al 13 aprile (e probabilmente anche oltre)..

Con l’esigenza di passare il tempo fra le mura domestiche si è tornati a preparare dolci, pane e pasta fatta in casa, e le uova sono spesso un ingrediente fondamentale, secondo una tradizione che appassiona oggi quasi una famiglia su tre (32%), secondo l’indagine Coldiretti Ixè. La tendenza si sta quindi accentuando con l’avvicinarsi della settimana Santa, durante la quale saranno ben oltre 400 milioni le uova “ruspanti” consumate secondo tradizione sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o utilizzate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali.

Una tradizione, quella delle uova “naturali”, che resiste nel tempo ad esempio con piatti come “vovi e sparasi” in Veneto, la torta pasqualina in Liguria, la pastiera in Campania e la scarcedda in Basilicata continuano a rimanere presenti sulle tavole della Pasqua. L’usanza di considerare l’uovo come simbolo di rinascita e buon augurio si fa risalire in Occidente al 1176, quando re Luigi VII rientrò a Parigi dopo la II crociata e per festeggiarlo il capo dell’Abbazia di St. Germain des Près gli donò metà dei prodotti delle sue terre, incluse un gran numero di uova che furono poi dipinte e distribuite al popolo.

Una usanza tramandata dai persiani che, già cinquemila anni fa, festeggiavano l’arrivo della primavera con lo scambio delle uova “portabene” contro pestilenze e carestie secondo un rito che resiste ancora ai giorni nostri.

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