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Oxfam: da Elon Musk a Jeff Bezos, i super ricchi sono sempre più ricchi mentre i poveri restano poveri. Le disuguaglianze aumentano, ecco perché

FIRSTonline

I super ricchi sempre più ricchi mentre i poveri rimangono poveri. Dal 2020, Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett, i cinque uomini più ricchi al mondo, hanno più che raddoppiato le proprie fortune, passando da 405 a 869 miliardi di dollari, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora. Mantenendo questi ritmi, potrebbe emergere il primo trilionario entro un decennio mentre ci vorranno oltre due secoli (230 anni per l’esattezza) per porre fine alla povertà globale.

È il quadro delineato dal nuovo rapporto di Oxfam, “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, pubblicato in occasione del forum di Davos.

Il rapporto evidenzia una costante e progressiva crescita della ricchezza e un peggioramento della povertà, portando ad un aumento della forbice tra ricchi e poveri. Oxfam sottolinea che, al di là di essere un fenomeno inevitabile, questa disuguaglianza è favorita da specifiche politiche governative, parlamentari e aziendali. L’organizzazione invita quindi a intervenire in questi ambiti con normative diverse, a livello nazionale e internazionale, e con politiche aziendali più equilibrate per ottenere un cambiamento significativo.

Ricchezza estrema e persistente povertà

Il rapporto Oxfam mette in luce il paradosso della situazione attuale: mentre i miliardari del mondo vedono crescere le loro fortune in modo senza precedenti, la povertà globale rimane ancorata ai livelli pre-pandemici.

Nel corso degli ultimi tre anni, i miliardari hanno incrementato i loro patrimoni “in modo poderoso” di oltre 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020, crescendo tre volte più velocemente del tasso di inflazione. L’incremento dei patrimoni dei miliardari rispecchia la “straordinaria performance” delle società che controllano.

Il 2023 è stato definito “l’anno più redditizio di sempre“, con 148 delle più grandi aziende globali che hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023, registrando un aumento del 52,5% rispetto alla media dei profitti nel quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i maggiori colossi globali, 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari.

La crescita delle grandi ricchezze è favorita da politiche fiscali favorevoli in quasi tutti i Paesi del mondo, spiega l’Oxfam. L’aliquota media sui redditi societari si è più che dimezzata nei Paesi OCSE negli ultimi quattro decenni, passando dal 48% nel 1980 al 23,1% nel 2022. Inoltre, nei paradisi fiscali si registra un’imposizione ancora inferiore, e tra il 1975 e il 2019 sono stati trasferiti circa 1.000 miliardi di profitti delle grandi multinazionali.

Gli analisti di Oxfam denunciano poi l’attuale eccessiva concentrazione di mercato: “Viviamo in un’era di immenso potere monopolistico, che consente alle grandi corporation di controllare i mercati, stabilire le regole del gioco e godere di rendite di posizione senza timore di perdere il giro d’affari”. Esempi significativi si possono vedere nel campo farmaceutico dove 60 aziende si sono fuse in 10 colossi noti come Big Pharma tra il 1995 e il 2025. Oppure come due multinazionali, oggi, controllano oltre il 40% del mercato globale delle sementi, rispetto alle 10 di 25 anni fa. Amazon, Alphabet e Meta attualmente, invece, acquisiscono tre quarti dei ricavi mondiali della pubblicità online, mentre Google gestisce il 90% delle ricerche online.

La forza lavoro perde 1 mese di stipendio

Se le imprese, anche nel periodo più acuto della crisi inflattiva, sono riuscite a tutelare i propri margini di profitto non si può dire lo stesso della forza lavoro che ha invece perso potere d’acquisto. Circa 800 milioni di lavoratori impiegati in 52 Paesi hanno sperimentato un calo reale del monte salari di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore.

Nel 2020 la disuguaglianza internazionale dei redditi ha registrato il più alto aumento annuo dal 1990. Questo aumento è principalmente attribuito alla dinamica del reddito nei Paesi poveri, che hanno subito contraccolpi più severi dalla pandemia rispetto alle economie avanzate.

Rimane ampio il divario economico tra il Nord e il Sud del mondo. La ricchezza globale è fortemente concentrata nel Nord del mondo, abitato solo dal 21% della popolazione mondiale, che detiene il 69% della ricchezza netta privata.

Esiste anche un significativo divario di genere, con gli uomini che possiedono una ricchezza superiore di 105.000 miliardi di dollari rispetto alle donne. O

Oxfam sottolinea che l’estrema concentrazione del potere economico e le rendite di posizione favoriscono l’accumulazione di enormi fortune per pochi, con l’1% più ricco del mondo che detiene il 59% di tutti i titoli finanziari. Inoltre, tra le multinazionali più grandi, sette su dieci hanno un miliardario tra i loro principali azionisti.

In Europa il 15% dei miliardari mondiali

L’Oxfam dedica poi un capitolo sulle disuguaglianze nell’Unione Europea. Nonostante rappresenti meno del 6% della popolazione mondiale, l’UE ospita il 15% dei miliardari globali e detiene il 16% della ricchezza miliardaria mondiale. Dal 2020, i miliardari nell’Unione hanno incrementato la loro ricchezza di un terzo, raggiungendo i 1.900 miliardi di euro nel 2023.

I cinque miliardari europei più ricchi, Bernard Arnault, Amancio Ortega, Francoise Bettencourt Meyers, Dieter Schwarz e l’italiano Giovanni Ferrero hanno aumentato considerevolmente le loro fortune, passando da 244 a 429 miliardi di euro nel corso dell’ultimo anno (+76%), corrispondente a una crescita di 5,7 milioni di euro all’ora dal 2020. Una cifra che supera la metà del budget destinato all’istruzione nei Paesi europei.

Il 99% della popolazione ha, invece, sperimentato una diminuzione della propria ricchezza.

Il rapporto suggerisce che l’implementazione di una tassa sul patrimonio per i multimilionari dell’UE, compresa tra il 2% e il 5%, potrebbe raccogliere 286,5 miliardi di euro all’anno, equivalente a circa il 40% del fondo di ripresa dell’UE.

“Letteralmente, ogni ora in cui i governi non agiscono vale milioni, e l’Ue non fa eccezione. Una tassa patrimoniale europea è vitale per impedirci di cadere in una nuova era di supremazia miliardaria. Tassando equamente i più ricchi d’Europa, l’Ue possiede la chiave per iniziare a ridurre il divario tra loro e il resto di noi”, ha affermato Chiara Putaturo, esperta fiscale Ue di Oxfam.

Nell’Unione Europea, l’aliquota dell’imposta sulle società è scesa dal 32,2% nel 2000 al 21,5% nel 2023. Su scala globale, solo il 4% delle 1.600 aziende più grandi divulga la propria strategia fiscale globale e le imposte sul reddito societario pagate in tutti i Paesi.

In Italia il 20% detiene due terzi della ricchezza nazionale

Nel capitolo dedicato all’Italia, Oxfam, rivela che il 20% più ricco della popolazione detiene oltre due terzi della ricchezza nazionale, precisamente il 68,9%. Il successivo 20% possiede il 17,7% della ricchezza nazionale, mentre il 60% più povero detiene solo il 13,5%. La quota di ricchezza del 20% più povero si è praticamente dimezzata tra il 2021 e il 2022, passando dallo 0,51% allo 0,27%, mentre la quota del 10% più ricco è rimasta sostanzialmente stabile.

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Categories: Economia e Imprese