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Oro: export gioielli made in Italy cresce del 30% nel primo trimestre. Buone prospettive per il 2023

FIRSTonline

Il settore orafo, spesso crocevia di trend mondiali e utilizzato come cartina al tornasole delle dinamiche economiche, ha mostrato in Italia una buona dinamica sui mercati internazionali nel 1° trimestre 2022 con 1,8 miliardi di esportazioni, cresciute di oltre il 30% sia in valore, sia in quantità.

Nel confronto con il 2019 emerge l’ampliarsi della differenza tra variazione in valore (+37,8%) rispetto alla variazione in quantità (+9,1%).

A livello mondiale invece la domanda di gioielli in oro segna nel un calo del 6,9% rispetto al 2021, dopo aver realizzato l’anno precedente un pieno recupero dei livelli pre-crisi. Questo quanto emerge da uno studio trimestrale della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo da cui di evince come questo settore – così come quello dei metalli preziosi più in generale- venga condizionato da molti fattori globali, spesso in contrapposizione tra loro: dalle recenti politiche monetarie restrittive con conseguente rialzo del dollaro, all’inflazione, al Covid, ma anche a una cambiata mentalità rispetto alle materie prime.

“Il contesto risulta molto incerto e condizionato da diversi fattori globali per cui il settore richiede un’attenzione crescente verso l’efficientamento dei processi produttivi e distributivi per poter preservare l’elevata qualità del prodotto senza compromettere la solidità economica del settore” suggerisce il documento.

Oro export gioielli: Stati Uniti i maggiori acquirenti, seguiti da Emirati Arabi, Svizzera e Francia

Con oltre 250 milioni di esportazioni, gli Stati Uniti hanno confermato il ruolo di primo mercato di sbocco per l’Italia, in crescita del 29,2% nel primo trimestre 2022 in termini di valore e del 10,1% in quantità, con un effetto complessivo di incremento del valore medio unitario del 17,3%.

Bene anche l’export in valore verso gli Emirati Arabi Uniti che cresce del 10,2% con una sostanziale stabilità in quantità che determina un incremento del valore medio del 12,6%.

In netta crescita anche i flussi verso Svizzera (+33,1%) e Francia (+48,7%) che rappresentano poli logistici e mercati di riferimento per le grandi maison del lusso, a cui si affianca un balzo ancora più forte in quantità con una conseguente conseguente contrazione del valore medio unitario rispetto al 1° trimestre dell’anno precedente .

Meno presenti i clienti cinesi e indiani

I mercati che scontano il ritardo maggiore sono quello indiano (-26%) e quello cinese (-8%) che rappresentano più della metà del dato mondiale; al netto di questi mercati la domanda mondiale ha mostrato una crescita del 7%.

Per il mercato cinese i mesi di gennaio e febbraio avevano visto un buon andamento delle vendite di gioielli grazie allo stimolo dei festeggiamenti del Capodanno e all’orientamento dei rivenditori verso prodotti in oro più pesanti, ma il forte aumento del prezzo dell’oro a fine febbraio in seguito allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina e le ulteriori restrizioni dettate dall’approccio “Zero-Covid” che ha imposto blocchi in città come Shangai e Shenzen, hanno determinato impatti negativi sulla domanda.

Per il mercato indiano, oltre all’aumento dei prezzi dell’oro che ha determinato una tendenza a posticipare gli acquisti di gioielli in attesa di quotazioni più favorevoli, si è unita anche la mancanza di matrimoni che hanno impattato negativamente sull’andamento della domanda.

Oro e gioielli: i distretti di Arezzo, Vicenza e Valenza Po trainano il mercato

Tre sono i distretti in Italia che si dedicano al settore orafo, Arezzo, Vicenza e Valenza Po: i primi due in trim1 hanno mostrato una crescita delle esportazioni con tassi superiori al 30%, mentre sono stati più contenuti (+8,5%) per il distretto di Valenza.

Il distretto orafo di Vicenza ha registrato un export pari a circa 490 milioni di euro, in crescita di oltre 135 milioni rispetto al 1° trimestre 2021 (+38,4%) e di circa 165 milioni di euro rispetto al periodo gennaio-marzo del 2019 (+50,6%). Gli Stati Uniti si confermano il suo primo mercato di riferimento con un valore più che raddoppiato a marzo 2022 rispetto al 2019; raddoppiano rispetto al pre-crisi anche le esportazioni verso il Sudafrica (+104,8%) e mostrano andamenti positivi con un pieno superamento del valore pre-crisi anche gli Emirati Arabi Uniti che rappresentano più del 10% delle esportazioni del distretto. I mercati che non hanno ancora recuperato il valore del 2019 sono Hong Kong (-39,7%) e la Svizzera (-12,8%), anche se nel 1° trimestre 2022 hanno comunque mostrato tassi di variazione positivi.

Per il distretto orafo di Arezzo le esportazioni sono state pari a 731 milioni di euro con una crescita del 31,1%, superiore alla variazione media registrata nell’anno precedente che si era attestata al 23,5%. Gli Emirati Arabi Uniti si confermano il primo mercato di riferimento e nonostante la leggera contrazione registrata nei primi tre mesi (-2,0%) mostrano comunque un valore superiore al 1° trimestre 2019 del +12,5%. In accelerazione le vendite verso gli Stati Uniti che, grazie alla crescita del +26,6%, hanno più che raddoppiato il valore pre-Covid. Si segnala, inoltre, il rafforzamento delle relazioni con il Sudafrica (+49,5%) e con l’Algeria che nel 1° trimestre ha realizzato acquisti dal distretto di Arezzo in linea con il dato annuale del 2021, grazie ai provvedimenti legislativi adottati dal mercato nordafricano che a fine 2021 ha semplificato l’operatività e le modalità di regolamento.

Il distretto orafo di Valenza Po ha realizzato 370,6 milioni di euro di esportazioni, in crescita di circa 30 milioni rispetto all’anno precedente (+8,5%), ma ancora inferiori di circa 88 milioni di euro rispetto al 1° trimestre 2019 (-19,2%). Il dettaglio dei principali mercati di sbocco può offrire un’interpretazione all’andamento registrato dal distretto: si può rilevare un importante condizionamento dalle scelte logistiche di alcuni importanti operatori, che si possono ricavare dal forte incremento registrato dalle vendite verso l’Irlanda che, a partire dal 2020, è diventato il primo mercato di sbocco con più di un terzo di tutte le esportazioni del distretto, mentre nel 2019 rappresentava poco più del 4%.
Penalizzate invece le esportazioni verso Hong Kong in calo nel 1° trimestre 2022 (-62,3%) e verso la Svizzera che mostrano un ritardo rispetto al 2019 di oltre l’80%.

Per le materie prime la mentalità sta cambiando

Sui mercati si sta verificando un cambio strutturale di mentalità sulle materie prime, osserva lo studio di Intesa Sanpaolo, favorito da tre fattori: rischi geopolitici, urgenza di ridurre la dipendenza dalle esportazioni russe e utilizzo delle riserve denominate in dollari come arma politica.

Questi beni sono infatti spesso considerati asset strategici, necessari per perseguire la transizione verde e i piani di investimento di lungo periodo, ma anche utili per ridurre la dipendenza dagli esportatori stranieri o esercitare una maggiore leva politica nei rapporti internazionali. Per i Paesi non occidentali, la creazione o l’ampliamento di riserve di materie prime potrebbe inoltre contribuire a ridurre l’esposizione al dollaro americano, contenendo così l’impatto negativo di potenziali future sanzioni statunitensi nei loro confronti.

Oro, i metalli potrebbero tornare a un trend rialzista di lungo periodo

In un simile scenario, il trend potrebbe rivelarsi positivo per i metalli industriali e preziosi che potrebbero parzialmente recuperare le recenti perdite: dopo una temporanea debolezza nei mesi estivi, i metalli di base potrebbero riprendere il trend rialzista di lungo periodo, sulla scia di una domanda strutturalmente in crescita grazie alla transizione verde a fronte di una limitata offerta globale e a inadeguati livelli di scorte.

Oro trascinato più dalla domanda finanziaria che dalla domanda fisica

Secondo gli ultimi dati pubblicati dal World Gold Council (WGC), nel 1° trimestre 2022 la domanda di oro è cresciuta ulteriormente e ha recuperato interamente le perdite subite nel 2020 a causa del Covid, superando ampiamente i livelli di consumo registrati nel 1° trimestre 2018 e nel 1° trimestre 2019.
Tuttavia si è verificato un cambiamento di strategia: a trainare il mercato sono stati principalmente dagli investimenti in ETF aventi oro fisico come sottostante, mentre nel 2021 la domanda di oro veniva soprattutto dai settori tradizionali, quali gioielleria, tecnologia, e acquisti di lingotti e monete da parte di investitori retail.

Lo scorso 8 marzo il metallo giallo ha raggiunto un picco di 2.070 USD/oncia. Successivamente, con l’avvio dell’aggressivo tightening della Federal Reserve che ha determinato un rafforzamento del dollaro, l’aumento dei rendimenti dei Treasury e il rialzo dei tassi nominali e reali, le quotazioni dell’oro sono scese. Oggi quota 1739.2805 USD/oncia, poco variato rispetto alla chiusura di ieri.

Stime oro a 1.900 dollari nel III trimestre e a 1.950 dollari nel 2023

Nei prossimi mesi la quotazione dell’oro potrebbe recuperare parte del terreno perso, poiché ci attendiamo un moderato aumento degli investimenti in ETF aventi oro fisico come sottostante, una ripresa della domanda nel settore della gioielleria in Cina e India e maggiori acquisti di oro effettuati dalle banche centrali nel tentativo di diversificare le riserve ufficiali.

“Nel nostro modello di base” dice Intesa Sanpaolo, “prevediamo una quotazione media dell’oro di circa 1.900 dollari per il 3° trimestre 2022 e di 1.950 dollari per il 2023. Riteniamo appropriato un intervallo di prezzo di 1.780 – 1.980 dollari per l’oro nei prossimi trimestri, anche se le nostre previsioni potrebbero essere esposte a rischi al ribasso. Infatti, le principali minacce per le nostre stime sono legate a un possibile rafforzamento del dollaro americano superiore alle attese, a una stretta monetaria estremamente aggressiva da parte della Fed e a una domanda inferiore alle attese nel settore gioielleria in Cina, qualora le Autorità non dovessero riuscire a contenere la pandemia”

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Categories: Economia e Imprese