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NOMINE IN VISTA: la trasformazione di Poste guidata da Del Fante. “Da gigante della logistica a società multi-piattaforma”

Ufficio Stampa Poste

Nel gran ballo delle nomine delle partecipate pubbliche molte poltrone cambieranno. Ma non sembra proprio il caso di Matteo Del Fante, alla guida di Poste Italiane dall’aprile 2017, che resta in pole per una sua riconferma. Una azienda molto complessa, attiva in molti business, con un gran numero di dipendenti e clienti, una presenza capillare e digitale unica. Il tempo stringe, entro giovedì 13 aprile, in un’unica tornata, i nomi per le cinque big saranno messi nero su bianco (Poste, Enel, Eni, Terna e Leonardo). Poi ci saranno le assemblee che ratificheranno le indicazioni provenienti dal governo. E Poste terrà la sua l’8 maggio.

In due mandati l’azienda ha vissuto profonde trasformazioni, da gigante della logistica a una piattaforma di distribuzione omnicanale sempre più solida nei servizi finanziari e assicurativi, impegnata a offrire servizi per una clientela che cambia negli anni, che mostra quanto un’offerta commerciale possa essere legata ad un’epoca. E il successo nasce anche dalla sua infrastruttura digitale, affiancata alla capillare rete degli uffici postali (12.800) che consentono al Gruppo di realizzare quel modello ibrido fisico-digitale che si sta rivelando trionfante in tutti settori. Se la rivoluzione digitale sembrava destinata a soppiantare tutto ciò che è fisico, Poste ha capito che un equilibrato mix dei due “mondi” è la strada giusta per ottenere risultati vincenti.

Poste, Del Fante rafforza i conti nel 2022

Di certo il manager fiorentino, in questi anni alla guida di Poste (prima direttore generale di Cdp e poi ad di Terna) ha dimostrato di saper combinare obiettivi e risultati. L’ultimo goal lo ha segnato recentemente, comunicando i conti del 2022, con un risultato operativo in crescita del 24% a 2,3 miliardi, oltre il doppio rispetto al 2017 e maggiore della guidance del piano strategico che prevedevano un ebit di 2 miliardi a fine anno. L’utile netto si attesta a 1,51 miliardi, in calo del 4,3% rispetto al 2021, ma pari al doppio del livello del 2017 che si attestava a 0,7 miliardi, mentre i ricavi hanno sfiorato i 12 miliardi. Il Gruppo nel 2022 ha generato impatti sul Paese in termini di PIL per 12,9 miliardi di euro, di contributo al reddito da lavoro per 7 miliardi e di gettito fiscale per 2,1 miliardi. 

Una crescita importante, supportata dal margine di interesse, dai ricavi del settore assicurativo e da quello dei pagamenti, mentre il settore corrispondenza e pacchi risente di una crescita meno veloce dell’e-commerce rispetto al 2021 che scontava la pandemia, quando i volumi erano più alti (merito anche del contributo del corriere Nexive, l’operatore postale acquisito da Poste nel 2021). Poste Italiane si conferma così un gruppo solido e con floride prospettive di crescita: tanto che sono state aggiornate le guidance sul risultato operativo del 2023.

Non manca nulla nemmeno per l’azionista, che di certo apprezzerà anche la politica di dividendi più generosa. A partire dal ministero dell’Economia che di Poste Italiane detiene il 29,6%, con Cassa Depositi e Prestiti al 35%. Il Gruppo per il 2022 proporrà all’assemblea di maggio un dividendo allo 0,65 euro, in crescita del 10% rispetto allo scorso anno e per le casse del Tesoro l’assegno sfiorerà i 250 milioni.

E Del Fante ha già promesso al mercato che la cedola crescerà ancora in base ai forti risultati di quest’anno, fino a 0,71 euro. (+9% su base annua). Altro fattore importante nella sua valutazione è che dal 2017 il gruppo ha sempre distribuito un dividendo in rialzo ai propri azionisti.

Il titolo di Poste Italiane

Il titolo Poste Italiane ha chiuso la seduta del 6 marzo a quota 9,24 euro, in rialzo dell’1,18%, con una capitalizzazione di 12,13 miliardi. Più bassa del picco toccato nel 2021. Ma bisogna tenere presente che l’andamento azionario sul mercato dipende da vari fattori esterni, molto spesso imprevedibili. La difficile situazione politica ed economica provoca infatti molte fibrillazioni in Borsa ma, in ogni caso, le azioni possono offrire maggiore rendimento nel lungo periodo rispetto alle obbligazioni.

Per il rapporto prezzo su utili (PE), le azioni Poste Italiane sono sottovalutate del 7,98%. Tra i punti di forza di Poste Italiane di cui bisogna tenere conto nella sua valutazione c’è il rendimento del dividendo. Allo stato attuale supera il 7% ed è visto in crescita nei prossimi anni.

Come si può vedere dal grafico, i risparmiatori che hanno comprato le azioni della società il 27 aprile 2017 – ossia dalla nomina di Matteo Del Fante ad amministratore delegato – hanno visto crescere il valore dell’investimento, considerando sia l’apprezzamento del titolo che il reinvestimento delle cedole incassate.

La trasformazione vincente di Poste Italiane

Oltre che far decollare il bilancio, Del Fante e il condirettore generale Giuseppe Lasco hanno consolidato e arricchito di iniziative il business dell’azienda: la tradizionale corrispondenza, pacchi e distribuzione (funzione storica di Poste), i servizi finanziari (oltre al risparmio gestito anche il rilancio di Buoni Fruittiferi e Libretti), i sistemi di pagamento (offerta di conti correnti promozione e collocamento presso il pubblico di finanziamenti concessi da banche e intermediari finanziari raccolta del risparmio postale), le assicurazioni (sia nel ramo vita che in quello dei danni) e un aumento dei servizi forniti alla pubblica amministrazione (importando servizi anagrafici e motorizzazione). Per non parlare delle 25,7 milioni di identità digitali rilasciate, pari a 14 volte il livello del 2017, a conferma del ruolo determinante del gruppo nell’accelerare la transizione al digitale dell’Italia. Poste Italiane può anche contare sulle PostePay che, che da semplici prepagate sono diventate uno strumento di pagamento molto evoluto, il cui posizionamento società leader nel settore paytech è stato rafforzato dall’acquisizione di Lis, società di pagamenti digitali del gruppo International Game Technology (ex Lottomatica). Una scelta strategica, perché come ha ricordato lo stesso ceo si tratta della “più rilevante operazione finanziaria di acquisizione nella storia di Poste italiane”.

Il completamento della gamma di offerta di Poste Italiane ha visto per ultima in ordine di tempo la fibra, che ha fatto il suo esordio sul mercato nel 2021, e la nuova offerta luce e gas che ha debuttato sul mercato nel primo trimestre 2023 e dove in pochi mesi è già arrivato a fornire 150 mila clienti, con l’obiettivo di raddoppiarli entro l’anno. Un altro progetto, appena partito, che racconta bene l’importanza dell’Azienda per il territorio è Polis: uno sportello unico di prossimità per accedere a servizi della Pubblica amministrazione anche nei piccoli comuni, abbattendo così il divario digitale tra le diverse aree geografiche del Paese. Il progetto, da 1,2 miliardi, è finanziato per 800 milioni con i fondi del PNRR e per circa 400 milioni dall’azienda.

Una rete capillare e green

Poste Italiane è impegnata ormai da tempo a perseguire un modello di sviluppo sostenibile, integrato in maniera strutturale negli obiettivi strategici definiti nel Piano “2024 Sustain & Innovate Plus”. Tra smart building, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica, Poste si sta impegnando per raggiungere il suo ambizioso obiettivo di sostenibilità: zero emissioni entro il 2030, ovvero con largo anticipo sul termine del 2050 fissato dalla Ue. Un piano che poggia le sue basi nell’uso di energie provenienti da fonti rinnovabili. Infatti, l’energia elettrica offerta da Poste Energia “è proveniente al 100% da rinnovabili prodotte in Italia e le emissioni di anidride carbonica del gas immesso al consumo saranno compensate tramite l’acquisto di crediti di carbonio”.

Segnando un bilancio degli ultimi 5 anni di Matteo Del Fante si può dire che l’ad ha superato a pieni voti la gestione del Gruppo, soprattutto di fronte le sfide degli ultimi anni, come quelle rappresentate dalla pandemia da Covid-19 e le sue conseguenze che hanno acceso i riflettori sulla digitalizzazione – evidenziando il ritardo strutturale in cui vive il nostro Paese – a quelle più attuali segnate da un contesto macroeconomico a dir poco turbolento.

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