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Napolitano fra le polemiche dei partiti: “Mi hanno lasciato solo”

I giorni più difficili sono proprio quelli di fine mandato. Fra poco più di un mese Giorgio Napolitano lascerà il Quirinale e la sua ultima decisione – quella d’istituire due commissioni di “saggi” per stabilire punti programmatici che facilitino la formazione del nuovo governo – lo ha reso bersaglio delle polemiche dei partiti. “Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente…”, ha detto il Capo dello Stato in un colloquio citato oggi da Marzio Breda sul Corriere della Sera.

La scelta del Colle è stata annunciata sabato scorso dopo la terza, infruttuosa, tornata di consultazioni. Giornali e politici hanno parlato di “commissariamento delle Camere”, di “golpe”, di “ritorno della monarchia”, perfino di attentato alla Costituzione. Per questo oggi Napolitano lamenta d’esser stato “lasciato solo dai partiti”.

Le due commissioni di “saggi” si riuniscono stamane per la prima volta e lavoreranno al massimo 8-10 giorni. La loro azione non è formalizzata in alcun modo: dunque, secondo il Presidente della repubblica, non c’è ragione di immaginare un commissariamento di Camera e Senato. Quanto alla polemica per la mancanza di donne fra i “saggi”, secondo il Capo dello Stato “si sfiora il ridicolo”, perché “dopo acrobatiche ricerche” sono stati inseriti nei comitati i presidenti delle commissioni speciali che si sono costituite alle Camere. Tutti uomini. 

L’intenzione del Presidente è di raccogliere le riflessioni dei “saggi” e inviarle ai presidenti dei gruppi parlamentari, per poi trasmetterle al proprio successore. Il quale avrà il potere di sciogliere le Camere, oggi precluso a Napolitano. 

Ieri il Colle ha diffuso una nota in cui spiegava che i due comitati – gruppi di lavoro per la formulazione di proposte programmatiche di carattere istituzionale ed economico-sociale – non puntano a guadagnare del tempo: “Risulteranno evidenti – si legge – sia il carattere assolutamente informale e il fine puramente ricognitivo dell’iniziativa assunta dal Presidente della Repubblica sia i limiti temporali, d’altronde ovvi, dell’attività dei due gruppi”. Le riunioni “offriranno anche l’occasione per ogni ulteriore chiarimento opportuno, di fronte a commenti nei quali ai più larghi apprezzamenti si sono accompagnati non solo legittimi dubbi e scetticismi ma anche timori e sospetti artificiosi e del tutto infondati”.

Una puntualizzazione arrivata in risposta a una nota di Angelino Alfano: “Riteniamo opportuno che il presidente Napolitano riprenda le consultazioni con le forze politiche – aveva scritto il segretario del Pdl -, e che le stesse forze politiche riprendano a parlarsi. La casa brucia e non sarebbero comprensibili altri rinvii e dilazioni. I ‘saggi’ facciano presto e riferiscano al Quirinale quanto prima. Il nodo politico resta irrisolto. Per noi l’alternativa è chiarissima: o c’è un’intesa politica piena che conduca a un governo di larga coalizione centrato sulle necessarie riduzioni fiscali e sul rilancio dell’economia, o altrimenti è indispensabile andare subito al voto senza che sia resa impraticabile la finestra elettorale di giugno. Noi siamo assolutamente pronti anche a questa seconda ipotesi. Le intenzioni del Capo dello Stato sono certamente lodevoli, ma esiste il rischio che il Pd, dopo aver già fatto perdere al Paese un mese di tempo per l’ostinazione di Pierluigi Bersani, voglia trasformare questa iniziativa in un escamotage per rinviare ogni vera decisione alle calende greche”. 

Il Pd, per bocca di Dario Franceschini, ha sottolineato che l’iniziativa è tutta di Napolitano e che certe decisioni per il Paese vanno trovate in Parlamento, non nel lavoro dei “saggi”. Quanto al Movimento 5 Stelle, Grillo ha parlato di “badanti della democrazia”. Per Giuliano Cazzola di Scelta Civica, invece, “il solo giudizio che conta sull’operazione del presidente lo daranno domani i mercati. Il resto sono chiacchiere, anche perché nella attuale situazione non era possibile un esecutivo migliore di quello in carica, sia pure per l’ordinaria amministrazione”.

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