Francesco Gaetano Caltagirone sale al 10% di Mediobanca e si prepara la battaglia a suon di quote in vista dell’assemblea di Piazzetta Cuccia del 16 giugno durante la quale cercherà di bloccare l’ops su Banca Generali che potrebbe privarlo del suo oggetto del desiderio: le Generali.
Ma i colpi di scena nel risiko bancario sono ormai all’ordine del giorno. E dunque mentre il ceo di Mps Luigi Lovaglio, che ha a sua volta lanciato un ops su Mediobanca, continua a ribadire che le due offerte (quella di Siena su Piazzetta Cuccia e quella di quest’ultima su Banca Generali) non sono alternative, qualcosa si muove anche nei dintorni di Piazza Gae Aulenti. Dopo aver ritirato la richiesta di sospensiva sul golden power e aver incassato il via libera della Commissione europea all’offerta su Banco Bpm, Unicredit non sembra avere alcuna intenzione di aspettare che siano gli altri a decidere il suo destino. Secondo un’indiscrezione di Repubblica, allo scopo di superare i possibili ostacoli alla concorrenza e sbloccare la fusione, la banca avrebbe proposto alla DgComp europea, l’autorità che vigila sulla concorrenza del settore bancario, un pacchetto di “rimedi” che prevede la cessione di 200 filiali, di cui 90 a Verona e dintorni, un’operazione che tra l’altro ridurrebbe di circa 10 miliardi i depositi.
Insomma giugno potrebbe essere il mese decisivo per il risiko bancario italiano, in cui molti dei nodi ancora intrecciati potrebbero cominciare a sciogliersi.
Le mosse di Caltagirone su Mediobanca
Dopo la richiesta di rinviare l’assise, Caltagirone, che possiede anche il 6,9% delle Generali e il 9,9% del Monte dei Paschi, nell’ultimo giorno a disposizione per depositare le azioni in vista dell’assemblea di Piazzetta Cuccia che il prossimo 16 giugno sarà chiamata a dare il via libera all’offerta su Banca Generali, è salito a ridosso del 10% del capitale di Mediobanca dal precedente 7,4%.
Lo scopo è chiaro: rafforzare la sua posizione per fare in modo che l’assemblea si concluda con una sonora bocciatura dell’ops su Banca Generali, tenendo così al sicuro il 13% delle Generali in pancia a Mediobanca (l’offerta di quest’ultima su Banca Generali ha come contropartita proprio la quota del Leone). Il motivo è presto detto: in caso di successo dell’offerta che Siena ha a sua volta lanciato su Piazzetta Cuccia (e che Caltagirone appoggia) quel 13% finirebbe proprio nelle mani di Mps che a quel punto farebbe fronte comune con Caltagirone, Delfin e, forse, Unicredit sul Leone.
Ciò che è certo è che il prossimo 16 giugno assisteremo a una battaglia infuocata: Caltagirone, oltre al suo 10% può contare anche sull’appoggio di Delfin, che possiede il 19,8% di capitale di Mediobanca. Il totale dei No all’operazione su Banca Generali è quindi intorno al 30%, ma potrebbe contare su qualche altra adesione (Benetton? Le casse previdenziali?) nonostante i proxy advisor si siano schierati a favore dell’operazione e probabilmente la loro posizione inciderà sul voto dei grandi fondi.
Mps, Lovaglio continua a rassicurare: “Le due offerte non sono alternative”
Nel frattempo, giovedì il ceo di Mps Luigi Lovaglio è tornato sull’ops su Mediobanca definendola “un’operazione di mercato e non di potere” e dicendosi non preoccupato per il sostegno dei proxy all’ops di Mediobanca su Banca Generali: “Le due operazioni non sono alternative. Chi voterà a favore, potrà anche consegnarci le azioni”.
La “nostra offerta ha una soglia del 66% ma per l’utilizzo totale delle dta basta anche il 50% +1. Noi pensiamo che la nostra ops sarà di successo e che avremo adesioni importanti”, ha aggiunto l’Ad di Mps parlando a SkyTg24.
Unicredit alla DgComp: pronti a cedere 200 filiali
E da Piazza Salimbeni ci spostiamo a Piazza Gae Aulenti, quartier generale di Unicredit almeno fino a quando non sarà pronta la nuova sede in Scalo Farini progettata dai famosi studi di architettura Herzog & de Meuron.
Mentre in Italia porta avanti una (difficile) trattativa con il Governo sul golden power, Unicredit si muove anche oltre confine. E allo scopo di ottenere il via libera di Bruxelles all’offerta su Banco Bpm, la banca propone alla DgComp europea un pacchetto di rimedi che prevede la cessione di 200 sportelli concentrati soprattutto nel Nord Italia, 90 solo nell’area di Verona. Così facendo, la banca guidata da Andrea Orcel rispetterebbe le leggi italiane sugli sportelli che prevedono, appunto, un massimo del 20% di quota di mercato di ogni banca per ogni provincia. Come spiega Repubblica, “questo metodo potrebbe disinnescare l’articolo 9 del regolamento europeo sulle concentrazioni, a cui si è richiamata l’Agcm, per avocare a sé la pratica Unicredit notificata a Bruxelles a fine aprile. Se, infatti, l’aggregazione in questione è tra due banche con sede in Italia, Unicredit è considerata banca sistemica e ha il 65% delle attività al di fuori dell’Italia”.
La risposta della DgComp arriverà entro il 19 giugno, ma secondo il quotidiano romano, al momento il dialogo tra l’autorità e Unicredit sarebbe molto costruttivo. Anche per questo motivo, non si può escludere che la Dgcomp decida di dire la sua anche sui paletti imposti dal governo tramite il golden power. O almeno su due di essi: l’obbligo per Unicredit di mantenere inalterato il livello di Btp in portafoglio e quello di non ridurre il rapporto impieghi/depositi praticato da Banco Bpm e Unicredit. Entrambi, infatti, secondo l’articolo 21 del regolamento Ue sulle concentrazioni, potrebbero risultare sproporzionati rispetto alla tutela della sicurezza nazionale.
L’unica prescrizione considerata in linea con le norme Ue è la richiesta di cessione della filiale in Russia, giustificata da ragioni di sicurezza internazionale, ma anche in questo caso potrebbe presto arrivare la soluzioni: rumors sempre più insistenti riferiscono che tre società di investimento degli Emirati Arabi hanno contattato il ministero dell’Economia italiano presentando una proposta per comprare le attività russe di Unicredit. Un’opzione ben vista sia dall’Italia sia dalla Russia.