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Mappa dei rischi 2022 di Sace: stabilità del rischio di credito globale ma pesa la crisi Ucraina

Pixabay

Dopo due anni dall’inizio della pandemia il contesto macroeconomico globale è in progressivo miglioramento, seppur in maniera differenziata tra i Paesi. Tuttavia, il 2022 sarà un anno caratterizzato da un rallentamento dell’economia globale con rischi ancora significativi, soprattutto politici, alla luce del conflitto russo-ucraino. È quanto emerso dalla presentazione della Mappa dei Rischi 2022 – “Rischi (in)soliti per tempi insoliti: il mondo nel 2022” di Sace. Il mappamondo interattivo online, a supporto delle imprese italiane per orientarsi nel controverso contesto internazionale, ha esaminato 194 Paesi con un set aggiornato di indicatori che valutano, insieme ai tradizionali fattori di rischio di credito e rischio politico anche aspetti collegati alla sostenibilità come il cambiamento climatico, il benessere sociale e la transizione energetica, definiti in collaborazione con la Fondazione Enel.

Pil mondiale, inflazione e commercio: i risultati della Mappa dei rischi 2022

Dopo il forte rimbalzo del Pil mondiale nel 2021 (+5,8%, ben oltre la contrazione del 3,5% registrata nel 2020), nel 2022 la crescita è attesa al 4,2%. Nonostante il contesto sia stato condizionato dal protrarsi dell’emergenza sanitaria, ma la campagna vaccinale ha consentito di mitigare gli impatti sull’attività economica globale.

Anche il volume del commercio mondiale è atteso crescere del 4,8% dopo il +11% stimato per il 2021, mentre per i servizi la crescita prevista di circa il 15% e non consentirà il pieno recupero della “perdita” del bienno precedente. Secondo i dati, la ripresa dell’attività economica mondiale è stata trainata da solide condizioni di domanda a cui si sono contrapposte criticità dal lato dell’offerta, generando pressioni al rialzo sui prezzi. Sullo sfondo di questo scenario in cui resta un clima di incertezza ancora elevata, non passano inosservati l’aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali e acquistano sempre più rilevanza la lotta al cambiamento climatico e la transizione energetica.

Mappa dei rischi 2022: il rischio di credito per aree geografiche

La Mappa dei rischi 2022, come quella dell’anno passato, mostra colori dei rischi più accesi e una diffusa stabilità nei livelli di rischio globale, senza mostrare tuttavia l’auspicata inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno. Il profilo di rischio del credito delle varie aree geografiche è rimasto sostanzialmente invariato confermando il divario tra le fragilità dei Paesi emergenti e la maggiore solidità di quelli avanzati.

Si tratta del rischio che la controparte estera (sovrana, bancaria o corporate) non sia in grado o non sia disposta a onorare le obbligazioni derivanti da un contratto commerciale o finanziario. Dei 194 Paesi analizzati, in 45 diminuisce il livello di rischio, 78 Paesi restano stabili, mentre in 71 aumenta.

Il Covid-19 per le società finanziarie di alcuni Paesi rende ancora difficile la ripresa come in Austria, Irlanda e Israele. Resilienti Regno Unito e Spagna, grazie anche al rafforzamento delle politiche macro prudenziali, con risultati visibili anche nei contesti a maggiore incertezza nella fase pre-pandemica.

La regione Subsahariana anche quest’anno presenta casi in cui il quadro delle finanze pubbliche si riflette negativamente sugli score. La regione del Medio Oriente e Nord Africa ha registrato un generale miglioramento grazie ad alcune situazioni economiche piuttosto resilienti. Dati stabili per Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Egitto e Tunisia. Mentre, in Europa emergente e CSI il rischio di credito risente della pesante escalation della crisi russo-ucraina. In particolare, nella scala del rischio di credito di Sace la Russia è passata da 62 a 70 e l’Ucraina da 81 a 90. Soffrono un deterioramento del rischio di credito anche la Bielorussia (da 82 a 88) e la Turchia (da 82 a 83). 

Fonte Sace

Rischio politico: la crisi Ucraina “apre scenari di incertezza”

Gli indicatori di rischio politico – che comprendono i rischi di guerra, disordini civili e violenza politica, i rischi di esproprio e di violazioni contrattuali e i rischi di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari – segnano un aumento, anche se differenziato tra Paesi emergenti e avanzati. Dei 194 Paesi analizzati, 38 migliorano, 74 sono stabili e 82 in peggioramento, conseguenza dell’incremento della violenza politica nella quasi totalità dei casi, soprattutto alla luce dei vari conflitti scoppiati tra il 2021 e l’inizio del 2022. 

In particolare, nell’Europa emergente e CSI, il contesto politico in Russia non può non risentire del quadro sanzionatorio, attuale e atteso, e delle possibili risposte del Cremlino. D’altra parte, l’Ucraina sconta in maniera evidente l’intervento militare della Russia anche se va considerato il supporto finanziario internazionale a favore di Kiev. E nonostante un quadro fiscale e di riserve valutarie solido, le sanzioni imposte alla Russia ostacolano i pagamenti nelle relazioni commerciali con l’estero, avendo effetti sul rischio di credito delle controparti pubbliche e private del Paese.

I reali impatti sull’economia non sono del tutto noti, trattandosi di un evento attualmente in corso e in continua e repentina evoluzione, ma non è difficile immaginare che anche in presenza di una risoluzione rapida del conflitto, le controparti nel Paese saranno più in difficoltà a onorare i propri debiti.

“Siamo convinti che l’export continuerà a essere un motore fondamentale dell’economia italiana, capace di dimostrare, come in passato, una forte resilienza – ha puntualizzato Pierfrancesco Latini, amministratore delegato -. Un motore che lavora a pieni giri e che sta dando una spinta indispensabile al consolidamento della ripartenza”. La crescita delle nostre esportazioni nel 2021 rispetto al precedente supera il +18%; un aumento a doppia cifra che secondo la guida di Sace va oltre il semplice “effetto rimbalzo” post-crisi.

Indicatori di sostenibilità e i rischi del cambiamento climatico

In risalto sullo scenario mondiale è il cambiamento climatico. Tra i set di indicatori vengono monitorati i rischi climatici e i relativi impatti socio-ambientali. A questi, si aggiungono il benessere sociale e la transizione energetica.

La mappa mostra come le evoluzioni negative del clima e il loro impatto sulle risorse naturali si ripercuotono sulle popolazioni, favorendo tensioni tra le comunità locali, in particolare nelle regioni asiatiche e dell’Africa Subsahariana. Nell’Africa del Nord e Subsahariana si assiste a fenomeni di siccità e desertificazione. Nel Sud Est asiatico gli impatti del cambiamento climatico hanno esacerbato le già forti divisioni etnico-religiose interne.

Europa e America Latina registrano un continuo miglioramento nelle performance nell’ambito della transizione energetica. Risultati incoraggianti si vedono anche in Cile e Brasile, seguito dal blocco europeo Francia, Germania e Regno Unito. Mentre tra i grandi Paesi in posizione più arretrata rispetto alla transizione energetica troviamo Arabia Saudita e Russia a causa della disponibilità e dell’utilizzo di materie prime fossili, come dimostrato anche dalla presenza di Paesi come Libia, Qatar, Iran e Iraq in fondo alla classifica.

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Categories: Economia e Imprese