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Manna: medicamentosa, energetica, da riscoprire in cucina

La manna non piove dal cielo, come diceva la Bibbia. Bensì viene ricavata dall’albero di frassino, ne è la linfa, il “sangue”, e diventa una “manna” – in questo senso sì – per l’economia locale della Sicilia, dove la sua estrazione è stata riscoperta pochi anni fa. Pregiata e costosa, la manna era un tempo venduta all’industria farmaceutica (ha sempre avuto usi terapeutici come rinfrescante intestinale e regolatore dell’intestino, depurativo del fegato e della pelle e come lassativo per i bambini), nei paesi scandinavi usata come snack energetico, nel Nord Europa per farne liquori, in Sicilia anche per semplici merende a “pane e manna”. Oggi viene prodotta soltanto in due paesini del Parco delle Madonie, Castelbuono e Pollina, in provincia di Palermo, in una risicata area di 100 ettari dove ancora resistono i frassineti plurisecolari (la tradizione risale alla seconda metà del Cinquecento) e nei mesi estivi vengono sapientemente intagliati, per ricavarne la preziosa resina. In estate infatti gli alberi delle Madonie, non trovando acqua nel terreno, producono dall’interno molta linfa che viene fatta sgorgare dalla corteccia attraverso dei tagli che quotidianamente vengono praticati dai contadini sulla corteccia.

Il rilancio è cominciato nel 2015 quando è stato creato il consorzio Manna Madonita, accorpando quattro piccole cooperative per recuperare terreni abbandonati e formare giovani al mestiere. Ma conservazione di questa secolare tradizione è anche merito di Giulio Gelardi, 66 anni di Pollina, custode del “ciclo della manna”, così è definito l’insieme dei saperi iscritto dal 2012 al Rei, il registro delle eredità immateriali istituito dalla regione siciliana nel 2006. Oggi i cannoli del consorzio (che valgono 200 euro al chilo) sono presidio Slow Food e personalizzano i piatti gourmet locali. “La manna si sposa con tutto ciò che è amarognolo”, dicono gli esperti, come ad esempio Giuseppe Zingales, che nella sua Hostaria Cycas la introduce nel fegato con retina di maiale e miele d’ape nera sicula o nel filetto di maialino nero dei Nebrodi con limone e pistacchio. Il suo fascino sta anche superando i confini della Sicilia e ha già conquistato lo chef milanese Davide Oldani, che nel suo ristorante propone un dolce proprio a base del “miele di rugiada”, come viene poeticamente definito prodotto siculo: i bastoncini di manna, intinti nel cioccolato fuso, con spolverata di peperoncino e buccia di pompelmo grattugiata.

Tornando alla Sicilia, un altro esempio è il ristorante Nangalarruni di Castelbuono, dove lo chef Giuseppe Carollo utilizza “cibo degli angeli” ancora una volta con il filetto di maialino nero, ma in questo caso in crosta di mandorle, pistacchi e manna e accompagnato da una zuppa di lenticchie. Ma è nei dolci che la manna trova la sua consacrazione: torroni, marmellate, liquori, panettoni e colombe, fino ad arrivare al Mannetto, il tributo speciale alla linfa di frassino, una specie di panettone disponibile in varie versioni (mandorlato, agli agrumi, etc), che alcuni pasticceri locali guarniscono con una colata di cioccolato bianco. La celebre pasticceria Fiasconaro ad esempio propone anche il Marron Noir, l’ultima creazione col cuore di castagna. E soprattutto ha un progetto ancora più grande, per fare – parole di Nicola Fiasconaro – di Castelbuono “il polo agroalimentare più prestigioso della Sicilia”. Che questo tesoro tutto siciliano, oltre che una manna per la salute (è nutriente, lassativa, utile per la pelle, l’intestino e anche per contrastare l’acidità del sangue), possa diventarlo anche per l’economia locale?

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