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Manager del futuro, modello Olivetti e Marchionne: ecco l’identikit

FIRSTonline

Quando si parla delle capacità e delle caratteristiche che l’impresa si aspetta da un manager del 21° secolo, da un vero leader aziendale, le parole più usate sono: apertura, flessibilità, competenze digitali, pensiero creativo, capacità di adattamento e innovazione.

Senza dubbio è così: la velocità del cambiamento comporta a volte l’assenza di punti di riferimento certi ed è per questo che le aziende hanno bisogno di dirigenti consapevoli, di persone capaci di gestire i rischi, anticipandoli. Oggi non si può essere spettatori passivi del cambiamento in atto – di cui la digitalizzazione è un acceleratore potentissimo –, ma è necessario mettersi in gioco come parte attiva di questo cambiamento, sperimentando nuove strade e forme di relazione, interagendo con la tecnologia per non esserne travolti.

Ma sicuramente non basta. Il manager di cui oggi – e forse anche ieri – hanno bisogno le imprese non è il tecnico o l’iper-specialista, ma deve possedere un insieme di competenze e capacità molto più completo e profondo. Ho sempre pensato che un buon manager sia la sintesi di mente e cuore. Una carriera professionale di successo non è legata solamente al talento, agli skills e alla performance individuale, ma è condizionata da molti altri fattori, più soft, ma altrettanto fondamentali: l’ascolto, la dedizione, il rispetto, la creatività, la passione, il senso di responsabilità, la capacità di valorizzare le persone che ci circondano, riconoscerne il merito anche quale stimolo per accrescere il nostro impegno.

In una parola sola: Umanesimo. Si tratta di un tema fondamentale, non solo per il futuro delle aziende, ma per la tenuta dell’intero sistema economico e sociale, per combattere quella che Papa Francesco ha recentemente chiamato “economia dello scarto”. Nessun essere umano può essere scartato, nessuna persona può essere considerata un “avanzo” o “indesiderabile”. Lo “sviluppo integrale” della società auspicato dallo stesso Pontefice, non può che poggiare sulla centralità dell’Uomo.

Un vero leader è quindi quello capace di mettere in giusto rapporto economia ed etica, profitto e rispetto della dignità del lavoratore, secondo l’insegnamento di Adriano Olivetti: un grandissimo imprenditore, che ha saputo dimostrare che nell’impresa – e più in generale nella società – possono coesistere profitto, lavoro, scienza, attenzione per la comunità, rispetto del territorio, innovazione sociale, giustizia, equità. Una visione ESG (Environmental Social and Governance) che Olivetti ha adottato e messo in pratica molti anni prima che il tema della sostenibilità diventasse così centrale nel dibattito pubblico e privato.

Oggi è ormai infatti largamente condivisa la visione secondo cui la strategia aziendale deve essere orientata alla creazione di valore nel lungo termine, non solo da un punto di vista finanziario, ma anche di progresso sociale. Una strategia sempre più integrata, su cui poggia la fiducia degli stakeholder ed in particolare degli investitori, tanto che ormai quasi non si distingue più tra investitori socialmente responsabili e non. Basti pensare che, secondo i dati del Global Sustainable Investment Review, gli assets gestiti secondo un approccio “SRI” ammontano a circa 23 trilioni di dollari all’anno, con un incremento significativo e costante nel corso del tempo; ed è anche in crescita la domanda di strumenti finanziari, quali i green bond, destinati a finanziare attività con impatto sociale positivo, (tra cui le tematiche ambientali).

Olivetti è stato probabilmente il primo a comprendere la reale importanza dell’integrazione della sostenibilità all’interno del business: e la sua eredità, la sua idea di “umanesimo sociale” è più che mai attuale specialmente oggi, quando siamo chiamati ad interfacciarci con cambiamenti continui e dirompenti, e con le sfide poste dalla crescente automazione.

Il mercato del lavoro è oggi alle prese con il prepotente ingresso dell’automazione che, secondo un noto studio di McKinsey, al 2030 potrà distruggere fino a 400 milioni di posti di lavoro. Mentre, sempre al 2030, i grandi trend globali – tra cui l’economia verde e circolare e l’invecchiamento della popolazione mondiale con il connesso incremento della richiesta di servizi di cura – contribuiranno a determinare una domanda di lavoro che potrebbe, in parte, compensare tale perdita. Tuttavia, quali siano esattamente le competenze che davvero serviranno è certo un tema che andrebbe approfondito fin da subito. Il 2030 è vicino: questa deve essere la priorità delle imprese e dei Governi, per cercare di affrontare un cambiamento occupazionale che altrimenti sarà drammatico.

IL CAMBIAMENTO

È innegabile che viviamo un periodo di grandissima incertezza e volatilità: il mondo cambia repentinamente, con conseguenze profonde e dagli esiti a volte imprevedibili.

Ma il cambiamento – oltre a possedere un valore intrinseco quale fonte di opportunità – a volte è davvero inevitabile. Come diceva Sergio Marchionne, anche lui insignito con questo Master, un vero leader e anche un caro amico, “ogni volta che si tenta di avviare un vero cambiamento, un coro di cinici vi dirà che non può funzionare, o che le cose semplicemente non si fanno in quel modo. Il cinismo è facile. Ci vogliono invece visione e coraggio per credere nel miglioramento.” Ricordate quindi visione e coraggio: un altro modo di dire intelligenza e cuore.

Capire l’ambiente in cui si vive e i vari trend che possono avere un impatto sulla nostra vita ci aiuta ad essere leader anche del cambiamento e adattarsi più rapidamente alle nuove esigenze.

Chi mi conosce, sa che non amo particolarmente parlare di me, ma credo che un esempio pratico, personale, possa chiarire meglio il mio ragionamento. Vi racconto quindi un pò della mia esperienza. Posso dire di aver vissuto una carriera molto piena e soddisfacente, anche perché ricca di cambiamenti. Cambiamenti che ho vissuto non solo lavorando in diverse industry ed in ruoli differenti, ma anche partecipando attivamente all’evoluzione del business delle aziende che sono state (e sono tuttora) importantissime nella mia vita. Ho avuto la grande fortuna di occuparmi di settori ad alto contenuto tecnologico e di farlo proprio nel momento in cui era in atto un forte processo di trasformazione. Una circostanza che ha reso sicuramente più interessanti le varie esperienze, anche se decisamente più complicate.

Il mio percorso è iniziato ed è continuato per un lungo periodo nelle Telecomunicazioni, lavorando in Italtel, Siemens e Olivetti, e possiamo dire che poche industrie a livello globale hanno vissuto un’evoluzione così radicale come quelle delle telecomunicazioni. Solo per fare un esempio, siamo passati, nel giro di pochi anni, dai telefoni fissi, tradizionali, fisicamente ingombranti, alla rivoluzione della telefonia mobile di massa, ipertecnologica: potente ed evanescente al tempo stesso. Senza menzionare la straordinaria accelerazione impressa da internet e dalla connettività, che è arrivata ormai a permeare ogni aspetto della nostra vita quotidiana, incidendo profondamente anche nei comportamenti sociali. Ho vissuto tutto questo con emozione ed entusiasmo, come una sfida, una rincorsa continua, e non ho mai avuto paura, ho ascoltato, ho studiato, ho approfondito, ho cercato di imparare dagli altri e di dare il mio contributo.

Ho lasciato Italtel dopo 25 anni di una straordinaria esperienza lavorativa, per poi cimentarmi con il cambiamento, senza il quale credo di poter dire che avrei perso grandi opportunità. È un percorso di crescita che non si ferma mai e continua anche oggi, con la presidenza di Enel: una delle più grandi utilities al mondo, leader della transizione energetica, protagonista negli ultimi anni di un’evoluzione davvero unica nel panorama internazionale.

Oggi la transizione energetica è un percorso irreversibile trainato dall’elettrificazione dei consumi, che porterà l’elettricità a diventare la prima fonte di energia nei consumi finali, penetrando in settori tra i più inquinanti (trasporti e riscaldamento/raffreddamento degli edifici in particolare). E tanto più l’elettricità sarà prodotta da fonti rinnovabili – attraverso una filiera sempre più verde – tanto più potremo dare un vero contributo alla salvezza del nostro pianeta.

Essere diventata Presidente del Gruppo Enel non rappresenta quindi soltanto un grande traguardo professionale, ma è anche (e soprattutto) un’opportunità eccezionale per poter imparare ancora, ed essere parte attiva di un percorso continuo di crescita e sviluppo.

CONCLUSIONE

Un viaggio che va avanti giorno dopo giorno e che, non mi stancherò mai di ripetere, non può che poggiare sulla valorizzazione delle persone, delle loro competenze e meriti e, più in generale, sul rispetto imprescindibile per ogni essere umano.

Questo è il pensiero che vorrei trasmettervi oggi: nel percorso di carriera e di vita che state costruendo, in aggiunta alle competenze, il rispetto, l’amore, la passione sono i valori che a mio avviso devono essere sempre tenuti presenti. È solo abbracciando questa etica che potremo trovare il coraggio di portare avanti la nostra visione ed essere realmente liberi: ossia avere la forza di non farsi condizionare, di affrontare le difficoltà senza cedere alla noia e all’indifferenza, ma rinnovando ogni giorno l’impegno per quello che facciamo.

Vi saluto quindi con una frase di Steve Jobs, che in uno dei suoi celebri discorsi, rivolgendosi agli studenti di Stanford, ha paragonato il lavoro ad una storia d’amore, dicendo che: “l’unico modo per fare un buon lavoro è amare ciò che fai. Se non l’hai ancora trovato, continua a cercare. Non stare fermo. Come capita con le questioni di cuore, saprai di aver trovato quello giusto non appena ce l’avrai davanti”.

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