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Lodo Mondadori, due paradossi nella manovra con la norma salva-Fininvest

Nella diabolica perseveranza, con la quale il presidente Silvio Berlusconi seguita a costruire leggi ad personam in difesa dei suoi interessi, e stavolta di Fininvest-Mondadori contro la Cir di De Benedetti, ci sono almeno due curiosi paradossi. Sono paradossi che susciterebbero ilarità, se non screditassero sia il Governo proponente che il sistema Italia agli occhi del mondo e dei mercati internazionali. Il primo paradosso è che la norma truffaldina, nascosta a sorpresa nelle ultime tre righe dell’ultimo comma del terz’ultimo articolo della manovra economica, è contenuta in un decreto che si intitola “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” e che è ora all’esame del Quirinale. Quel titolo suona adesso ironico o terribilmente chiaro. Al di là del merito, sarà curioso capire quali siano le ragioni (generali e non ad personam) di necessità e urgenza che giustificano il ricorso al decreto per una norma come la salva-Fininvest. E se poi quella norma dovesse essere confermata e approvata dal Parlamento, occorrerebbe più di un’acrobazia per dimostrare che la stabilizzazione finanziaria a cui si fa riferimento è quella del Paese. Forse il titolo del decreto voleva, più appropriatamente, alludere al gruppo Berlusconi, che risparmierebbe una somma dell’ordine di 500 milioni di euro. A meno che il premier riesca a convincere gli italiani che ciò che è bene per Fininvest è bene anche per l’Italia. Ma il paradosso della stabilizzazione finanziaria in versione Fininvest non è l’unico. L‘altro, come ricordava l’editoriale del Corriere della Sera di stamattina in un titolo (“Cattivi pensieri”) già di per sé illuminante, è che la norma ad personam è contenuta in un articolo del decreto sulla manovra che si chiama “Disposizioni per l’efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie”. Ammesso e non concesso che quella norma diventi mai legge, è certo che la Cir l’impugnerebbe davanti alla Cassazione, ma allora è del tutto ovvio che l’effetto finale sarebbe esattamente il contrario di quello immaginato dal titolo dell’articolo del decreto: tempi non solo lunghi, ma ancora più lunghi per la definizione delle controversie. Con sommo gaudio del Cavaliere e una nuova beffa alla Cir (dopo quella del 1991, quando un giudice corrotto assegnò la Mondadori alla Fininvest di Berlusconi a danno del gruppo De Benedetti) ma soprattutto al più elementare bisogno di una giustizia certa e veloce.

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