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Libia, Gentiloni: “Servono sforzi diplomatici, non crociate”

L’Italia chiede alla comunità internazionale di moltiplicare gli sforzi diplomatici per stabilizzare la situazione in Libia ed è pronta svolgere un ruolo di primo piano in questa iniziativa. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, nel corso di un’informativa urgente alla Camera sulla crisi libica. Una posizione che ricalca quella espressa ieri da sei Governi, fra cui quello italiano, in una nota congiunta.

“Un primo, importante appuntamento è la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – ha ricordato il numero uno della Farnesina –, in programma oggi stesso nel pomeriggio a New York. Ci attendiamo da questo appuntamento una definitiva presa di coscienza al Palazzo di Vetro della necessità di raddoppiare gli sforzi di mediazione per il dialogo politico”. 

In seguito, ha continuato Gentiloni, “una tappa cruciale sarà rappresentata dal prossimo rinnovo della missione Unsmil, che il Consiglio di Sicurezza dovrà decidere il 13 marzo. Noi stiamo lavorando con i nostri partner che siedono in Consiglio di Sicurezza perché la missione sia dotata di un mandato, dei mezzi e delle risorse in grado di accelerare il dialogo politico per stabilizzare e dare assistenza a un nuovo quadro di riconciliazione e a un nuovo governo di unità nazionale in Libia”.

In questo processo, ha ribadito il ministro, “l’Italia è pronta ad assumersi responsabilità di primo piano. Siamo pronti a contribuire al monitoraggio del cessate-il-fuoco, siamo pronti a contribuire al mantenimento della pace, siamo pronti a lavorare per la riabilitazione delle infrastrutture, per l’addestramento militare in un quadro di integrazione delle milizie nell’esercito regolare. Siamo pronti a curare e sanare le ferite della guerra e siamo pronti a riprendere il vasto programma di cooperazioone con la Libia sospeso la scorsa estate a causa del conflitto. La popolazione deve avere chiari i vantaggi della riconciliazione da parte della comunità internazionale”.

In ogni caso, “di fronte alle minaccia del terrorismo la nostra forza è la nostra unità – ha continuato Gentiloni –. Dire che siamo in prima fila contro il terrorismo non è l’annuncio di avventure, tanto meno di crociate: è quello che stiamo facendo nella coalizione militare anti-Daesh, in Siria e in Iraq. E’ il modo in cui un Paese democratico risponde alla barbarie e lo fa in amicizia con la stragrande maggioranza della comunità islamica, che rifiuta di veder sequestrata la propria fede”.

Ma il tempo a disposizione per agire, ha sottolineato il ministro, “non è infinito”, e “il deterioramento della situazione sul terreno impone un cambio di passo della comunità internazionale prima che sia troppo tardi”.

Intanto, sul campo, le brigate di Misurata  (che sostengono il governo ‘parallelo’ di Tripoli) hanno ripreso il controllo di Sirte, sottraendo la città ai jihadisti dello Stato Islamico, che si muovono da est a ovest.

L’ira egiziana esplosa dopo la decapitazione dei 21 cristiano-copti da parte dell’Is ha spinto il governo del Cairo a lanciare un’altra offensiva aerea contro le postazioni del califfato in Libia. I raid sono destinati a continuare dopo la notizia, diffusa dal Lybia Herald, del rapimento di altri 35 egiziani (in prevalenza contadini) prelevati in diverse aree dalla Libia dai miliziani dell’Is o da gruppi legati allo Stato islamico.

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