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Le Lenticchie di Onano, amate dai papi e salvate da un farmacista

Lenticchia Camilli di Onano

Agli appassionati di storia italica il paese è noto per lo più per il suo imponente castello, Palazzo Madama, titolo francese che gli abitanti diedero a Madame Carlotta Denham Bousquet, madre di due volontari garibaldini nei moti del 1860 e 1867 che aveva ricevuto il castello in enfiteusi dal padre a metà ottocento.

In realtà il nome originario del castello era Monaldeschi dal nome della famiglia che trasformò nel ‘400 un precedente maniero in una possente fortezza.

Parliamo di Onano, una cittadina di nemmeno mille anime, nel viterbese che ebbe l’onore di ospitare Giuseppe Garibaldi, e che diede i natali a Marcantonio Pacelli, illustre avvocato, nonno del futuro Papa Pio XII°, che papa Gregorio XVI° nominò avvocato del tribunale della Sacra Rota, e che del Papato fu consulente politico durante l’esilio a Gaeta nel periodo della Repubblica Romana.

Fin qui la storia ‘culturale’ di Onano. Poi ce n’è un’altra che si è incaricata di rendere famosa in Italia e nel mondo questa cittadina, incastonata sui monti Volsini, in un territorio che si trova al confine tra Lazio e Toscana, a pochi chilometri dal Lago di Bolsena.

Una storia antica testimoniata dallo Statuto del 1561

Ed è la storia del suo prodotto storico, che ha caratterizzato la sua economia fin dai tempi antichi: la lenticchia di Onano. Pregiatissima, a seme grande, ma dal sapore molto delicato, bene prezioso per i contadini della zona, la lenticchia di Onano viene citata per la prima volta negli “Ordini, statuti, leggi municipali della comunità e popolo di Onano” del 1561, secondo quanto riferisce Bonafede Mancini, al capitolo 63 viene prevista la sanzione per colui che fosse stato colto a rubare o danneggiare le altrui colture di leguminose. Ammenda fissata in dieci baiocchi, da pagare non solo in caso di flagranza, ma anche quando il sospettato sotto forzato giuramento avesse ammesso la provenienza furtiva dei vegetali.

lenticchia di onano

Un secolo dopo nella lettera che il Duca Sforza scrive nel 1616 al Consiglio della Comunità di Onano per rilasciare autorizzazione a fare il mercato settimanale si attesta la necessità di vigilare affinché dalla terra di Onano non fossero portate fuori dal Ducato quantità eccessive di legumi e fissa in uno “staio” (18 kg. circa) la quantità esportabile come limite massimo per ogni persona.

Venendo all’800 abbiamo chiara l’importanza economica che la lenticchia di onano riveste per l’economia agricola locale da un manoscritto del 1802, “Memorie Istoriche” di Padre Epifanio Giuliani in cui si ipotizza di incrementare lo sviluppo ed elevare il livello di vita degli abitanti grazie al “commercio con l’industria in specie dei legumi che il territorio di Onano produce in ottima qualità ed indurre nel paese l’abbondanza di ogni genere necessario alla vita”.

Andreotti e le lenticchie consolatorie di Papa Pio IX

Val la pena di chiudere questo excursus storico delle lenticchie di Onano citando “La sciarada di Papa Mastai” di Giulio Andreotti Nel suo libro, Andreotti descrive un Pio IX, il Pontefice che con la breccia di Porta Pia dovette cedere lo Stato Pontificio al Regno d’Italia, autorecluso nella città del Vaticano e afflitto alla vigilia del capodanno del 1871,, che si consolava mangiando lenticchie:“domani alla sua mensa avrebbe avuto sempre le buone lenticchie onanesi del Cardinale Prospero Caterini. Ecco a che cosa poteva paragonare il potere perduto, ad un piatto di lenticchie”.

Certamente la lenticchia di Onano ha avuto a inizio 900 grande diffusione grazie a un commerciante del luogo Alberto Alfonsi che fino all’ultima guerra ha esportato lenticchie di Onano in tutto il mondo, portandole anche alle fiere internazionali di Roma 1910 dove presero la medaglia d’oro, di Buenos Aires 1910 ( medaglia d’oro) di Londra (gran premio e medaglia d’oro), di Parigi 1911 (gran premio e medaglia d’oro).

Tutto questo patrimonio storico e di memorie agricole appassionò non poco nel 1966 un giovane laureato in farmacia Marco Camilli.

Chissà se conosceva il Compendium aromatariorum con cui Saladino d’Ascoli, a metà del Trecento, dava indicazioni etiche sulla condotta del farmacista che “Deve essere istruito, per interpretare bene le ricette e la scientia medicinae. Non deve essere troppo giovane, arrogante o vanitoso, nè donnaiolo, “mulieribus deditus” (si consiglia, invece, una moglie). Deve astenersi dal gioco, dal vino, dalle feste, ed essere piuttosto “studiosus, solicitus, placabilis, & honestus, timens Deum, et conscientiam suam. Sit rectus, iustus, pius, et maxime ad pauperos… quia habet tractare de vita hominum” cioè la cosa più importante al mondo (c. 252r). Non deve speculare sul prezzo, non somministrare, nè per amore, né per timore, né per denaro, medicine abortive o velenose, non fare sofisticazioni, ad esempio usando il miele al posto dello zucchero”.

Sicuramente non è per tutti questi gravosi impegni che Marco Camilli pensò bene di abbandonare il mondo delle ricette e degli albarelli bensì per la voglia di vivere la sua vita all’aria aperta, immerso nella bella natura che circonda questo territorio e per dedicarsi alla realizzazione di un’impresa agricola biologica, una precisa scelta ambientalista di salvaguardia delle risorse naturali e di salubrità dei prodotti, una filosofia di vita che a ben vedere era poi in un certo qual senso in linea con i suoi studi universitari.

Non aveva tradizioni familiari agricole, ma solo un piccolo appezzamento di proprietà. Nel suo DNA poteva solo contare il sangue del nonno materno Domenico Bocchini commerciante e amico di Alfonsi che tanto aveva fatto per diffondere il nome della lenticchia di Onano.

E sicuramente il ricordo del nonno lo aveva spinto a vivere la vita della campagna e dei suoi frutti. Fu così che il giovane Camilli puntò subito sui legumi che hanno una lunga tradizione locale per la qualità dei terreni particolarmente leggeri e adatti a questa tipologia di prodotto.

In gran voga a inizio ‘900 poi l’abbandono

Purtroppo però Camilli si affacciò a questo mondo quando i tempi erano notevolmente cambiati. Se a inizio 900 se ne producevano 600 quintali l’anno, la produzione negli anni 70 si era ristretta a sei sette quintali soppiantata da una lenticchia canadese di piccola dimensione la Heston, di alta resa produttiva per ettaro e dall’introduzione di concimi chimici. La storica lenticchia tanto cara a Pio IX rischiava di scomparire.

Camilli cominciò a setacciare tutto il viterbese alla ricerca di contadini che avessero ancora il seme originario della Lenticchia di Onano, ne trovò una quindicina tutti ultrasessantenni, che se le tenevano per uso personale e ricominciò a seminarle.

Chiese consigli a tutti sulla coltivazione e sulla raccolta, entrò persino in contatti con un ricercatore dell’Istituto Icarda, centro internazionale per il miglioramento delle colture, e delle condizioni climatiche per lo sviluppo di tecnologie di produzione agricola per agroecosistemi sia ad alto che a basso potenziale, In Siria e poi In Marocco. 

A mano a mano rilevò altri terreni e i macchinari necessari. Venne conseguente, anche per la sua formazione professionale, entrare in contatto con la Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia di Viterbo e con l’ENEA. Fu così che nel 2000 avviò una collaborazione di natura sperimentale con il Dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia di Viterbo e con l’ENEA (Centro di Ricerche della Casaccia) costituendo, alcuni campi sperimentali sulle leguminose da granella con progetto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Quattro anni dopo, un altro gradino importante per la sua crescita: realizza, il progetto “Sviluppo di produzioni biologiche da ecotipi di leguminose da granella dell’Alto Lazio, PROBIOLEG” in collaborazione con il Dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia di Viterbo e con l’ENEA (Centro di ricerche Casaccia). Progetto finanziato dalla Regione Lazio (PRAL).

L’azienda agricola biologica “Marco Camilli”, oggi è una realtà consolidata che occupa circa 36 ettari nel territorio di Onano (Vt). L’altitudine e i terreni vulcanici sciolti, franco-sabbiosi e poveri in elementi minerali conferiscono ai legumi particolari doti di rapida cottura e ottimo gusto. Viene curato, in particolar modo, l’aspetto della sicurezza alimentare e il rispetto dell’ambiente. Questo fa si che non vengano usati nella coltivazione diserbanti, concimi chimici di sintesi, antiparassitari e che l’eliminazione delle erbe infestanti venga fatta solo meccanicamente e manualmente. Inoltre, la disinfestazione post raccolta dei legumi viene eseguita con mezzi naturali quali il freddo e non con gas (fosfina) come avviene solitamente in agricoltura convenzionale.

La mission dell’azienda, il recupero della biodiversità

Produzione principe dell’azienda che si propone come mission il recupero della “biodiversità” e la conseguente valorizzazione del territorio di coltivazione, sono le varietà autoctone: oltre all’Antica lenticchia di Onano figurano 5 ecotipi di fagioli, i Purgatorio i Verdolini, i ciavattoni, i solfarini, i gialli, tutelati dalla Regione Lazio nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale in quanto specie tipiche a rischio di erosione genetica.

Particolare impegnativo è stato il programma di recupero della tradizionale “Antica lenticchia di Onano”, che nell’ottobre del 2004 ha ottenuto, al Salone del Gusto di Torino, il Presidio Slow Food e che ora fa parte delle Arche del Gusto.

Di grande dimensione la Lenticchia di Onano si caratterizza per avere una buccia tenerissima, cuoce velocemente in 20 minuti senza bisogno di ammollo preventivo a fuoco medio basso, il suo sapore ha sentori di fieno e di camomilla, la pasta è vellutata e cremosa.

Il consiglio per assaporarne in pieno il gusto è di non scolarle subito dopo la cottura perché il passaggio dall’alta temperatura alla scolapasta rischia di sbucciarle. Meglio tenere nell’acqua di cottura fino all’uso tenendo presente che conservate nella loro acqua si possono tenere in frigo due tre giorni. E ‘acqua ricca di Sali minerali poò essere utilizzata per dare sapore e zuppe e minestre.

Per la cronaca unitamente a queste eccellenze l’azienda di Camilli produce anche Fagioli cocco, il Cece Cèrere, il Cece Flora, il Cece Otello, la Cicerchia, il Farro perlato, il Farro spezzato, l’Orzo perlato e la Semola d’orzo.

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