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La Borsa soffre Trump ma Gedi strappa (+60%)

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I listini europei falliscono il rimbalzo e chiudono in ordine sparso. Tiene Piazza Affari, che si ferma sui livelli di ieri, +0,03%, 22.736 punti; sale Francoforte +0,18%; vanno a picco Londra -1,72% e Parigi, -1,03. Debole Madrid -0,2% nel giorno dell’insediamento della nuova assemblea parlamentare. A scuotere gli animi, come banderuole al vento, è Donald Trump, che minaccia i dazi all’Europa a partire dalla Francia, apre il fronte brasiliano e argentino, infine parla di probabile rinvio di accordo commerciale con la Cina a dopo le elezioni 2020. Il risultato non è granché neppure per Wall Street, che apre stonata e attualmente perde oltre un punto percentuale sui principali indici. 

L’odierno sentimento di avversione al rischio favorisce l’oro, che risale a 1484,95 dollari l’oncia. Il petrolio si muove in leggero progresso in attesa di notizie dall’Opec il 5 dicembre. Il Brent sale dello 0,13% a 61,06 dollari al barile. L’euro-dollaro è poco mosso, con il cross intorno a 1,1087.

Sale il prezzo dei titoli di stato americani e si abbassano i rendimenti, con gli investitori a caccia di beni più sicuri. Lo stesso vale solo in parte per la carta italiana e in misura maggiore per quella tedesca. Il risultato è che lo spread fra i benchmark decennali risulta in rialzo a 166 punti base (+3,19). Il rendimento del Btp scende appena, 1,32%; quello del Bund in misura più consistente, fermandosi a -0,35%. Il clima politico interno al Belpaese d’altra parte resto teso, con la riforma del fondo salva stati europeo che continua a tenere banco, mentre l’Italia nel breve termine “deve mantenere la fiducia degli investitori in modo che il differenziale Btp Bund possa contrarsi – ricorda il Governatore Ignazio Visco in un’intervista pubblicata sull’edizione online del quotidiano tedesco Handelsblatt – Questo è già avvenuto in una certa misura ma non è abbastanza”.

In Piazza Affari rimbalzano le utility, ma calano i titoli finanziari. Bene Italgas +1,61%; Enel +1,09%; Hera +0,83%. Male Azimut -2,51%; Ubi -1,76%; Unipolsai -1,32%; Intesa -1,14% (che a un certo punto arriva a perdere, inspiegabilmente, il 4,5% per poi risalire dopo una sospensione). Limita i danni Unicredit, -0,45%, nel giorno della presentazione del piano industriale 2020-2023, che stupisce il mercato per la mole della remunerazione. Il gruppo ha annunciato infatti una creazione di valore per gli azionisti di 16 miliardi, di questi 8 miliardi saranno di incremento del patrimonio netto tangibile, 6 miliardi di dividendi cash (con payout sull’utile ricorrente al 30% su 2020, 2021 e 2022 e al 40% sul 2023) e 2 miliardi di buyback (ogni anno per il 10% dell’utile ricorrente). Nel mirino ci sono però 8000 esuberi e la chiusura di 500 filiali.

Giù Buzzi, -1,36%. Le blue chip che segnano la performance migliore sono Diasorin +2,79%; Amplifon +2,67%; Ferrari +1,96%. Quest’ultima è promossa da Goldman Sachs, che scommette sul successo dei cinque nuovi modelli lanciati dal Cavallino Rampante nel 2019, a cominciare dalla Ferrari Roma e alza il prezzo target a 170 euro.

Ben comprata Exor, +0,85%, che sta per diventare proprietaria, fra gli altri, del quotidiano La Repubblica. Fuori dal paniere principale tengono banco infatti i titoli legati a questa vicenda. Cir, -7,14%, ha accettato l’offerta della finanziaria degli Agnelli per una quota di controllo del 43,78% del capitale di Gedi Gruppo Editoriale al prezzo di 0,46 euro per azione. Una cifra che in Borsa fa compiere a Gedi un balzo del 60%, portando il prezzo dell’azione vicino a quello che Exor intende sborsare (0,454 in chiusura). Equita valuta l’operazione un segnale positivo per tutto il settore editoriale. Al closing è previsto il lancio di un’Opa sulle restanti azioni allo stesso prezzo. Gli analisti di Banca Imi mettono in evidenza che il prezzo pagato da Exor, nonostante rappresenti un premio di oltre il 60% sulla chiusura di venerdì, è sensibilmente inferiore al valore di carico di Cir (1,2 euro per azione), che quindi registra una minusvalenza di circa 170 milioni.

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