X

La Basilicata approva le Comunità Energetiche e diventa Regione modello per la transizione verde

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

C’era una cosa che la Basilicata non aveva ancora fatto in campo energetico: le Comunità rinnovabili. Tra tutte le iniziative prese nel cuore estrattivo d’Italia le Cer erano rimaste fuori. Non erano entrate nemmeno nel database Ciro (Climate indicators for italian regions) dell’Ispra, quello che rileva gli andamenti energetici e ambientali d’Italia. Il problema, però, sembra risolto.

Il 30 maggio scade l’avviso pubblico ai Comuni per istituire le Comunità energetiche rinnovabili e accedere al milione e 300 mila euro di finanziamenti. Il bando scade otto giorno dopo che Vito Bardi avrà giurato come presidente rieletto della Basilicata. Con la istituzione delle Comunità, la Regione fa capire che non intende legare il proprio futuro alle estrazioni di petrolio gas. Già ora c’è un mix energetico con una buona quota di fonti rinnovabili e progetti per l’idrogeno. Bardi nella passata legislatura regionale ha lanciato campagne di sconto sul prezzo gas come leva per invogliare le persone a trasferirsi nella sua terra. La Basilicata produce il 70% del petrolio italiano, il 14% del gas e nel 2023 sono stati estratti 3,5 milioni di tonnellate di olio greggio. Ma lungo la grande strada Basentana che ci porta in Puglia, si vedono pale eoliche, impianti fotovoltaici, cogenerazione. Ritornano alla mente i mega insediamenti dell’Anic di Pisticci, dell’Eni a Ferrandina. Chimica, energia, semilavorati: industrializzazione anni ’70-’80, prima delle automobili Fiat a Melfi e la differenziazione della spesa pubblica.

Una Regione arricchita dalle estrazioni

Il viaggio di oggi si riallaccia alle elezioni di poche settimane fa . Il generale della Guardia di Finanza Vito Bardi di Forza Italia è stato rieletto; non ha ancora esposto le sue linee programmatiche, ma la ripartenza ne fa un caso di studio per tutto ciò che riguarda la transizione energetica italiana. Gli asset estrattivi della Val d’Agri l’anno scorso hanno portato nelle casse della Regione quasi 100 milioni di euro solo da parte di Eni e Total sotto forma di royalties. Altre decine di milioni sono andati ai Comuni dove si trovano i pozzi. Le concessioni per le estrazioni sono state rinnovate, il pagamento dei canoni proporzionati alla superficie coperta dai titoli minerari è un introito sicuro e le polemiche dei comitati ambientalisti si sono rimpicciolite.

L’energia per il territorio più piccolo del Mezzogiorno è qualcosa di vero, un’operazione condita “di cose concrete, attuabili e alcune immediate” ha promesso Bardi ai lucani. E ha vinto, sparigliando il centrosinistra, rimettendo al centro del lavoro della futura giunta regionale infrastrutture, transizione verde, autosufficienza energetica. La sinistra, che pure qui in passato ha governato, non ha saputo fare i conti con la positività della transizione energetica, con le implicazioni sociali ed economiche che comporta. Eppure non c’era altro posto dove la visione sostenibile, graduale, di un modello integrato di economia verde poteva, e forse doveva, affermarsi. Il ritardo culturale e indegni bisticci tra capi partito si sono visti tutti. Non si stupisca Elly Shlein se oggi un esponente del centrodestra è più pragmatico e coerente sui temi green, favorito da una montagna di milioni di euro. Matteo Renzi e Carlo Calenda sono stati buoni profeti e gli hanno dato sostegno.

Un passato che non oscura il futuro

La gente dei paesini puliti e dignitosi delle aree interne lo confessano apertamente. Vedono nel gas, nel petrolio, nei brand delle compagnie, la ragione di un lavoro per i loro figli e nipoti. I gruppi contro le estrazioni con lo strascico di ricorsi e campagne sono ai margini di un’evoluzione in corso da anni, purtroppo, non percepita. Il laboratorio territoriale più osservato da coloro che immaginano un Italia sostenibile ed equilibrata che deve presidiare una successione di eventi, allunga la mano ai giovani. Ci sono cento modi per spiegare cosa è giusto e cosa fa male al territorio. Le company si organizzano.

Nelle sedi sindacali e nelle piazze di paese c’è chi ha combattuto gli insediamenti per le estrazioni. Ci sono coloro che ricordano gli scandali, gli arresti di politici influenti, le dimissioni di un Ministro, le indagini dei Carabinieri e tutto senza, alla fine, bloccare i pozzi. C’erano molti denari in campo, la politica non riusciva a starne lontana, trame intrecciate, gruppi d’affari e lobbisti ancora oggi in attività. Tra questi ci sarebbe anche il direttore de il Riformista Claudio Velardi (già assistente di Massimo D’Alema) che secondo il quotidiano Il Domani avrebbe un incarico ben remunerato da Eni per attività di comunicazione per il business in Basilicata.

Sia Eni che Total – dopo vicende complicate – credono nella proprie capacità di un dialogo trasparente con i Comuni dove hanno gli impianti. La Total ci sta provando con un programma di alternanza scuola-lavoro per i giovani. Decine di studenti sono entrati nel centro Olio Tempa Rossa di Corleto Perticara per toccare con mano cosa succede quando si lavora con le fonti fossili. Di sicuro in una parte di loro c’è l’aspirazione al posto di lavoro. Porteranno con sé una grande agenda nella quale scrivere il giorno in cui il petrolio finirà.

Related Post
Categories: Economia e Imprese