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Infrastrutture, una svolta è possibile: ecco la ricetta dei costruttori dell’Ance

Nel dibattitto politico e sociale che ormai da mesi si sviluppa intorno alle ricette per uscire dalla grave crisi economica che ha colpito il nostro Paese un rilievo particolare hanno assunto gli interventi infrastrutturali visti i pesanti tagli operati negli ultimi anni e il gap infrastrutturale che separa l’Italia da molti partner anche europei.

Spesso, però, la necessità e la volontà di investire nelle opere pubbliche si è scontrata con una generale inefficacia ed inefficienza di tutto il processo realizzativo, dalla fase di pianificazione fino a quella di gestione dell’opera.

Da un lato, l’incapacità di molte pubbliche amministrazioni, che non hanno compreso appieno l’importanza della pianificazione e, troppo spesso, continuano a seguire logiche di opportunità politica lontane dalle reali necessità dei territori.

Nella pianificazione delle opere pubbliche, è necessario partire da un assunto, talmente banale da diventare rivoluzionario: bisogna realizzare ciò di cui il Paese ha realmente bisogno.

Infrastrutture di qualità, realizzate in tempi giusti e a costi contenuti, energeticamente efficienti, ad un costo di gestione conosciuto e contenuto e con riconosciuta valenza sociale.
Questo vuol dire che la scelta di quale opera pubblica realizzare non può dipendere esclusivamente dalla disponibilità o meno di un progetto immediatamente cantierabile, che consenta l’avvio dei lavori in tempi rapidi, ma necessiti di una preliminare e attenta analisi costi-benefici, che sappia individuare le reali priorità, e da un monitoraggio sistematico di tutta la fase realizzativa delle opere.

In particolare, le amministrazioni pubbliche dovrebbero avere la capacità di definire, nell’ambito di un preliminare di progetto, i reali fabbisogni di un territorio e di valutare l’effettiva efficacia dell’interventi proposto.

Il momento successivo è quello della programmazione, che deve essere certa, trasparente e proiettata nel medio-lungo periodo, altrimenti è grande il rischio di generare un clima di sostanziale incertezza nel finanziamento e nella realizzabilità delle opere prioritarie.

Sotto questo profilo, appare apprezzabile la scelta operata dal Ministro Delrio di individuare, nell’ambito della opere strategiche, quelle realmente prioritarie, alle quali garantire un flusso adeguato di risorse in modo da assicurarne la fattibilità.

Appare necessario prevedere una Task force che favorisca la selezione e la valutazione di progetti di qualità e metta in condizione lo Stato di esercitare il diritto-dovere  di monitorare l’effettivo e corretto utilizzo delle risorse pubbliche trasferite, in modo da proporre eventuali e necessarie modifiche al profilo finanziario degli investimenti e sanzionare eventuali comportamenti inefficienti.
Sulla base dell’esperienza di questa task force, sarà possibile immaginare un controllo di gestione che offra garanzia di conoscenza, trasparenza e buon utilizzo delle risorse pubbliche.

Un’importante occasione di miglioramento del processo di realizzazione delle opere pubbliche è rappresentato dal recepimento delle nuove direttive UE in materia di appalti e concessioni.

La Legge Delega, attualmente all’esame del Parlamento, introduce correttivi nell’ordinamento vigente per migliorare il funzionamento del mercato, molti dei quali in linea con quanto auspicato dall’ANCE.

In particolare, riguardo alla progettazione, va segnalata la previsione di misure volte a contenere il ricorso a variazioni progettuali in corso d’opera, garantendo al contempo la qualità progettuale e la responsabilità del progettista in caso di errori di progettazione.

E’ un principio apprezzabile e pienamente condivisibile, perché il progetto è centrale per la realizzazione di un’opera ben fatta, sebbene occorra garantire un’applicazione effettiva delle norme sulla responsabilità professionale dei progettisti e dei verificatori del progetti.
Per quanto riguarda il tema del “progettare e costruire” il ddl delega prevede, in particolare, un divieto di affidamento dell’appalto integrato su progetto preliminare, ed una radicale limitazione di quello su definitivo.

L’eliminazione dell’appalto integrato su preliminare appare condivisibile, in quanto si tratta di una modalità di affidamento particolarmente onerosa per le imprese.

La preferenza verso la gara su progetto esecutivo, invece, non tiene conto  del fatto, dimostrato dall’esperienza, che i  progetti non sono mai realmente esecutivi, in un contesto in cui, peraltro, manca ogni possibilità di attivazione concreta delle garanzie del progettista o del validatore.

Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di lasciare piena libertà all’amministrazione di affidare l’esecuzione dell’opera, sulla base di un progetto definitivo, ad un’impresa che dovrà predisporre il progetto esecutivo.

E’ una soluzione che consentirebbe un “accoppiamento giudizioso” – per dirla con Gadda – tra la fase progettuale e quella esecutiva che supera la netta separazione che caratterizza il sistema attuale, secondo un approccio integrato di tutto il processo realizzativo.

Tra l’altro, la diffusione, sempre maggiore, verso i sistemi di gestione integrata basati sul BIM, “Building Information Modeling”, impongono  l’adozione di un approccio più sinergico  tra tutte le fasi realizzative basato sull’ interoperabilità tra i vari soggetti coinvolti.
L’Ance è pronta ad impegnarsi in questa sfida, nella consapevolezza che solo con  un’azione sinergica tra professionisti, imprese e amministrazioni  sia possibile riuscire a realizzare questa “rivoluzione”.

In questo senso, una volta entrato a regime il BIM, si potrebbe consentire alle amministrazioni di optare per una gara in cui i concorrenti siano chiamati ad un dialogo, finalizzato ad individuare le soluzioni migliorative del progetto definitivo a base di gara, maggiormente idonee a soddisfare le necessità della stazione appaltante.


Allegati: Intervento Presidente Ance Claudio De Albertis.pdf

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