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Il coronavirus devasta l’industria: -16,6% a marzo

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Il coronavirus devasta il sistema produttivo globale e il nostro Paese è tra i primi a mostrare in tutta la sua drammaticità quali siano le conseguenze economiche della pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo.

È un effetto tzunami quello che si è abbattuto sull’industria italiana secondo le stime di CsC, Centro studi Confindustria. In termini percentuali la produzione industriale nel primo trimestre ha registrato un tracollo del -5,4% dal -1,4% del quarto trimestre del 2019. Ma è guardando il dato relativo all’ultimo mese, quando prima in Italia e poi nel resto del mondo sono stati introdotti divieti e restrizioni, che il crollo si palesa in tutta la sua forza. Rispetto a febbraio, a marzo la produzione industriale è crollata del 16,6%, portando l’indice sui livelli di quarantadue anni fa. Non solo, se confermato anche dall’Istat, questo dato rappresenterebbe il tracollo mensile più ampio mai rilevato da quando sono nate le serie storiche, vale a dire dal 1960.

Tornando invece il trimestre, il -5,4% registrato a gennaio, febbraio e marzo rappresenta il ribasso più ampio dai primi tre mesi del 2009, quando l’attività produttiva era scesa dell’11,1% congiunturale travolta dalla grande crisi finanziaria internazionale causata dalla bolla dei mutui subprime.

Scendendo nei dettagli dei dati: la produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, cala a marzo del 9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre a febbraio la riduzione è del 4,7%. Gli ordini in volume scendono del 7,6% in marzo su febbraio (-12,6% annuo), quando sono diminuiti dell’1,9% su gennaio (-2,7% annuo).

“Le misure di contenimento e contrasto introdotte per limitare la diffusione del Covid-19 – spiega il Centro Studi Confindustria – hanno determinato un doppio shock negativo: dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa dei consumatori, la chiusura di numerose attività commerciali nei settori della ristorazione, alloggi, trasporti, attività culturali e di intrattenimento) e l’azzeramento dei flussi turistici; dal lato dell’offerta, con il blocco di numerose attività produttive, sia per decreto sia per consentire la sanificazione dei luoghi di lavoro delle imprese funzionanti”.

L’insieme dei due fattori “ha realizzato lo scenario peggiore possibile, facendo avvitare l’economia italiana in una recessione che sarà profonda e la cui durata dipenderà dai tempi di uscita dall’emergenza”. Quello che si è registrato sull’economia reale infatti, continua a spiegare Csc, è stato “un impatto drammatico, non solo in Italia”.

 “E’ stata decisa la chiusura del 57% delle attività industriali a partire dal 23 marzo (48% della produzione); il restante 43% di imprese ha continuato a lavorare a un ritmo molto ridotto, con poche eccezioni (alimentari e farmaceutico)”. 

E potrebbe non essere finita qui, dato che le prospettive per i prossimi mesi sono in netto peggioramento. Nel secondo trimestre del 2020 infatti, l’attività produttiva potrebbe registrare un ulteriore ribasso del 15%, con conseguenze devastanti sul PIL. Secondo i calcoli di Confindustria, il prodotto interno lordo potrebbe arretrare complessivamente del 10%, il 3,5% nei primi tre mesi, il 6,5% nei successivi tre. 

In questo contesto occorre ricordare che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato il 1°aprile la proroga della chiusura delle attività produttive fino al 13 aprile, spiegando che successivamente la riaperturà sarà portata avanti in maniera graduale. Per questo motivo, conclude il CsC, bisogna “evitare ritardi nell’implementazione delle misure di sostegno alle imprese ed ai lavoratori per non aggravare le già drammatiche prospettive”.

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Categories: Finanza e Mercati