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Grano e mais alle stelle: sfondano il record con 400 euro a tonnellata

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Continuano a salire senza freno i prezzi del grano tenero e del mais in Italia, registrando record su record. A comunicarlo è Cai-Consorzi Agrari d’Italia, secondo le rivelazioni settimanale della Borsa Merci di Bologna che rispetto la settimana precedente le quotazioni di grano tenero e mais sono cresciuti rispettivamente del 17% e del 23%, sfondano per la prima volta nella storia italiana quota 400 euro a tonnellata.

La guerra Russia e Ucraina non ha fatto balzare in alto solo i prezzi di gas e petrolio. Da fine febbraio c’è un nuovo forte aumento del prezzo del grano e del mais, di cui Ucraina e Russia sono grandi produttori ed esportatori (insieme rappresentano il 29% dell’export di grano e il 19% di quello di mais). Ma a peggiorare lo scenario anche la decisione dell’Ungheria di limitare l’export di cereali verso i paesi Ue per assicurare la copertura del proprio fabbisogno interno e limitare gli effetti dei rincari. Una decisione che potrebbe avere effetti devastanti sull’industria molitoria italiana, che potrebbe non essere più in grado di garantire la produzione di farine di frumento tenero nei volumi richiesti dal mercato. L’Italia, infatti, importa dall’Ungheria quasi il 30% del proprio fabbisogno di grano tenero.

Aumentano i prezzi di grano tenero e mais, resta fermo il prezzo del grano duro

Tornado al grano tenero sale in una settimana di 60 euro a tonnellata fermandosi tra 402 e 411 euro a tonnellata, con punte di 435 euro per il frumento più proteico. Mentre il mais tocca quota 405 euro a tonnellata con un rialzo di 75 euro rispetto all’ultima quotazione della scorsa settimana. Rincari, invece, anche per l’orzo (+25% a 384 euro a tonnellata di quotazione) per il sorgo (+23%, da 308 a 378 euro a tonnellata) e per la soia (+4,5% a 688 euro a tonnellata). Resta invariato il prezzo del grano duro, tra 510 e 515 euro a tonnellata, stabile ormai da qualche settimana.

Rispetto alle rilevazioni dell’ultima settimana prima dell’inizio della guerra (il 17 febbraio) il grano tenero ha subito una impennata del 31,4%, il mais del 41%, sorgo e orzo del 38%, la soia del 9,5%.

L’Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro necessario per la pasta, il 47% di mais e il 73% della soia, questi ultimi due prodotti sono fondamentali soprattutto per l’alimentazione animale.

All’origine dei rincari c’è anche il clima e il caro carburante

Sul comparto alimenti pesa da mesi l’impatto dell’incremento dei costi di produzione – con l’impennata dei prezzi dei concimi, dell’energia, della logistica e dei materiali da imballo, solo per citarne i principali – e la preoccupazione per la siccità in corso in tutti gli areali del centro-nord ma ancora prima la calda estate 2021. Dunque, l’attuale impennata arriva quindi dopo un periodo in cui la crisi climatica aveva già fatto aumentare i prezzi. A queste difficoltà si è poi aggiunto il quadro geopolitico complesso e l’instabilità dei mercati.

Consorzi Agrari d’Italia sottolinea che il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% del prezzo del prodotto finale al consumatore, eventuali aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, quali pane, farine e biscotti, sarebbero dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi, carburante.

A livello di scorte, in base alle proiezioni del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti, se l’Unione Europea si dimostrerà unita, senza dannosi slanci protezionistici dei singoli Paesi, non ci saranno problemi di approvvigionamento di prodotti agricoli per l’Italia fino all’inizio della prossima campagna.

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