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Energia, arriva l’ora X al Consiglio Ue: si va verso il price cap ma c’è chi si oppone alla “soluzione Draghi”

FIRSTonline

Arrivano i nostri. In risposta al ricatto russo sul gas, oggi si sono presentati nelle acque del porto olandese di Eemshaven i primi due rigassificatori che consentiranno a breve di alimentare con il prezioso Lng case ed industrie dei Paesi Bassi. Nelle stesse ore, pochi chilometri più in là, alla Borsa del gas di Amsterdam, chiacchierato punto di riferimento delle quotazioni del gas naturale, il prezzo scivolava attorno ai 200 euro al Megawatt, il 6% in meno della vigilia, assai al di sotto dei picchi toccati sull’onda dei tagli alle forniture praticate da Gazprom.

La flotta dei rigassificatori crescerà

Certo, non basteranno due soli rigassificatori a compensare la stretta di Mosca. Ma, anche dal punto di vista psicologico, l’arrivo di Golar Igloo ed Eemshaven Lng rappresenta il segnale che la nave Europa, così lenta a muoversi, finalmente ha levato l’ancora. La flotta dei rigassificatori è infatti destinata a crescere nei prossimi mesi. La Germania, in particolare, è pronta a schierare sette unità, di cui tre entro l’inverno. Seguiranno Francia, Polonia e Paesi Baltici, forse preceduti dall’entrata in funzione delle navi di Snam in arrivo nelle acque di Piombino e Ravenna. Segnali importanti alla vigilia del giorno X, la riunione di domani della Commissione Europea che dovrà dare il via al pacchetto di misure sull’energia.

Speculazioni e derivati

All’appuntamento, come sempre, l’Europa arriva con un cospicuo ritardo che ha favorito speculazioni ed extraprofitti, dopo aver colpevolmente rifiutato per sei mesi la soluzione del price cap al gas, vuoi per la paura tedesca del blocco delle forniture russe (che puntualmente si è verificato), vuoi per la ritrosia dei Paesi del Nord a modificare il sistema attuale, apparentemente basato sui prezzi di mercato del gas. Ma di mercato, in questi mesi, se ne è visto ben poco. Un po’ com’era successo nel 2008/09, quando la crisi di Lehman Brothers aveva prosciugato la liquidità facendo saltare il mercato finanziario, così la chiusura dei rubinetti di Gazprom ha fatto esplodere i prezzi dei derivati.

I problemi dei grandi gruppi

I big dell’energia, a partire del colosso tedesco Uniper, hanno dovuto ricorrere a caro prezzo ai contratti delle camere di compensazione, come il Nasdaq Clearing di Stoccolma, per coprirsi contro il rischio della mancata consegna del gas. Ma il prezzo dei contratti, da regolare cash, è presto schizzato alle stelle, con il risultato di portare alla crisi ed alla successiva nazionalizzazione della tedesca Uniper, ma mettendo a repentaglio la stessa Edf, oltre all’austriaca Wien Energie e a buona parte dei grandi gestori, dalla Svezia alla Finlandia e così via. Quasi tutti hanno dovuto stanziare provvedimenti urgenti, dimenticando i diktat contro gli aiuti di Stato così spesso opposti agli Stati del Sud Europa.

Le misure in arrivo

Di fronte a questa realtà inedita, una bella fetta di Europa, a partire dalla Germania, ha abbandonato a malincuore la prospettiva di un accordo almeno parziale con Mosca e si accinge ad un cambio di rotta epocale.

  1. Riduzione dei consumi di elettricità del 10%.
  2. Price cap, probabilmente a 200 euro a megawattora, sull’elettricità, a carico degli extraprofitti realizzati con le rinnovabili.
  3. Un contributo di solidarietà per le aziende che operano nei combustibili fossili.
  4. Abolizione dei vincoli sugli aiuti di Stato per sostenere le imprese energetiche.

Insomma, non sarà una riunione semplice quella di domani. Ma l’emergenza, stavolta, gioca per una soluzione all’italiana.

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