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Debito pubblico, non abbassare la guardia e allungare le emissioni di bond

Il peso elevato del debito pubblico e aspettative di crescita tra le più basse in Europa collocano l’Italia in una condizione di sorvegliato speciale all’interno dell’attuale panorama europeo. Sebbene segnali di ripresa non manchino e le nostre previsioni, in linea con MEF e OCSE, anticipino a partire dal 2018 un’inversione di tendenza per il rapporto debito/PIL, l’incertezza che connota il quadro politico nazionale e internazionale richiede di tenere comunque alta l’attenzione sul debito. Il suo livello elevato, insieme al fatto che rilevanti quote siano detenute dalle banche e da altri operatori finanziari nazionali, ostacola passi in avanti a livello europeo per completare la banking union e aumentare il grado di risk sharing tra i paesi.

Gli ultimi dati pubblicati da Banca d’Italia riportano a luglio 2017 un debito al picco di 2300 miliardi, tuttavia gli ultimi anni segnalano incoraggianti elementi di discontinuità nella sua gestione. La dinamica crescente del rapporto debito/PIL ha registrato un forte rallentamento (la crescita cumulata dal 2013 al 2016 è stata di soli 3 pp, da 129% a 132%) e le favorevoli condizioni di finanziamento originate dal QE, all’interno di un ristabilito clima di fiducia, hanno permesso al governo di adottare una politica di emissioni orientata al controllo del rischio di tasso di interesse e del rischio di rifinanziamento.

Sono state infatti ridotte le emissioni di titoli a più breve durata, mentre è aumentato il peso della raccolta sul segmento a medio-lungo termine, permettendo così una risalita della vita media residua del debito a 7.4 anni (contro il minimo di 6.77 nell’estate del 2014) e della componente titoli a 6.89 anni rispetto ai 6.2 toccati durante la crisi. Inoltre i dati trimestrali MEF segnalano una più omogenea distribuzione delle scadenze, ottenuta anche attraverso operazioni di concambio, e un aumento della quota di titoli a reddito fisso.

Il sentiero intrapreso è certamente virtuoso, tuttavia si tratta di un processo lento e graduale in quanto il volume del debito è tale che l’incidenza delle nuove emissioni sulle caratteristiche dell’intero stock di titoli risulti moderata. Inoltre il timore che la maggior offerta di titoli a medio-lungo termine possa innescare uno steepening della curva dei tassi induce il governo a non forzare la mano nell’allungamento per non pregiudicare la convenienza dell’operazione. Tale gestione prudente del debito, che certamente ha consentito di mitigare i principali rischi a esso connessi, non ci esonera però dal guardare ancora con attenzione a tali rischi.

La figura 3, che riporta le nostre stime sul volume annuo di emissioni per i prossimi anni, ci mostra che il finanziamento dei titoli in scadenza e del deficit di bilancio richiederà collocamenti in media per 400 miliardi l’anno, un ammontare considerevole, soprattutto se rapportato alla meno intensa attività di raccolta da parte dei principali paesi europei. Sull’ingente volume di collocamenti grava poi l’ulteriore fattore di incertezza costituito dalla fase di tapering da parte della BCE.


Allegati: NOTA PROMETEIA

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