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Dazi Usa-Ue, un’alleanza più politica che commerciale: ecco perché la trattativa non è chiusa e l’orizzonte è il 2028

Imagoeconomica

Se l’è lasciato scappare il commissario al commercio Ue Maros Sefcovic verso la fine della sua conferenza stampa di lunedì 28 per ragguagliare la stampa sui risultati dell’accordo sui dazi al 15% raggiunto domenica 27 in Scozia a Turnberry. “In Scozia non si è parlato solo di commercio, di dazi e di libero scambio, di più non posso dire ma si è parlato di Ucraina, di Russia, di geopolitica; c’è un forte allineamento tra Ue e Stati Uniti sulle questioni politiche; l’accordo sui dazi ha infatti un grande valore politico; c’è un grande lavoro da fare e da qui si può solo migliorare”. È un fatto, dice Sefcovic che “il mondo che c’era prima del 2 aprile è ormai scomparso, dobbiamo semplicemente adattarci e affrontare le sfide che derivano da questo nuovo approccio. L’intesa raggiunta è al 100% meglio di una guerra commerciale”.

Dazi Usa-Ue: perché la trattativa non è chiusa

Insomma, anche al netto della postura troppo “servile” di Ursula von der Leyen (qualcuno l’ha definita perfino “fantozziana”) e allo smacco di accettare la sede scozzese per un’intesa che riguarda l’Unione europea, Bruxelles e Washington sembrano avere ritrovato un senso per quella alleanza transatlantica che negli ultimi mesi sembrava smarrito. Entrambi sono preoccupati dalle azioni della Cina: gli Usa per le terre rare, gli europei per i sussidi illegali, ognuno ha strumenti di difesa diversi come per l’acciaio (gli Stati Uniti con i dazi l’Europa con i contingenti). Entrambi non riescono a vedere una fine della crisi ucraina e prevedono una riduzione delle forniture di energia all’Ue (compensate con gli acquisti dagli Stati Uniti). Entrambi puntano a una reindustrializzazione nel settore dei semiconduttori e dell’Intelligenza artificiale ma in una visione di complementarietà.

La nuova parola d’ordine sembra essere “rinnovata stabilità e collaborazione strategica”. Ora “l’intendenza seguirà”. Nei prossimi giorni l’accordo di Turnberry dovrà trovare la sua finalizzazione in atti giuridici sulle due sponde dell’Atlantico. E non sono escluse sorprese. Molti punti infatti non sono ancora chiari come quello sui vini italiani (avranno lo stesso trattamento del cognac francese?) La Commissione si aspetta che “entro questa settimana” sia pubblicata una dichiarazione congiunta Stati Uniti-Ue con le cifre e gli impegni concordati dal presidente Usa e dalla presidente della Commissione.

Dazi Usa-Ue: orizzonte 2028

La dichiarazione di Turnberry dovrà essere infatti tradotta in atti esecutivi da parte degli Usa e in altre iniziative autonome da parte della Commissione, di cui vanno ancora definite con precisione le basi giuridiche, ma che dovrebbero comunque essere approvate a maggioranza qualificata dagli Stati membri. La dichiarazione congiunta non contiene tutti i dettagli dell’accordo sui dazi molti dei quali verranno definiti in seguito, in particolare riguardo ai prodotti alimentari e alcolici, all’acciaio e alluminio e ai prodotti farmaceutici. Sull’ agroalimentare si continua a negoziare in particolare sui prodotti Usa che verranno esentati da dazi nell’Ue (come soia, mandorle, carne di bisonte), mentre per tutti i “prodotti sensibili” europei (carne di manzo e pollame, riso, etanolo, zucchero) verrà mantenuta la situazione attuale che li protegge sul mercato interno; in generale, per tutti i prodotti agroalimentari non verranno toccati gli standard Ue di qualità e le norme fitosanitarie. Si sta negoziando sul trattamento che verrà riservato alle esportazioni Ue verso gli Usa di vini e alcolici.

Sui prodotti farmaceutici, le fonti della Commissione hanno confermato che, quando l’Amministrazione Usa terminerà la sua indagine in corso (ex sezione 232 del “Trade Expansion Act”), qualunque sia la conclusione e i nuovi dazi che verranno imposti a livello globale, per le importazioni dall’Ue si applicherà al massimo il 15%. Su acciaio, alluminio e derivati esportati dall’Ue, oggi sono colpiti da dazi Usa del 50%, l’accordo prevede che siano fissate delle quote, in base ai dati degli anni scorsi, riguardo alle importazioni negli Usa, e che a quel punto siano fissati i nuovi dazi del 15% per acciaio e alluminio europei.

Incognite riguardano anche gli acquisti di energia e difesa per 250 miliardi per tre anni (750 miliardi complessivi) e i nuovi investimenti europei negli Stati Uniti per 600 miliardi che riguardano tuttavia solo decisioni di aziende private. Ursula von der Leyen porta dunque a casa un accordo che evita uno scontro con gli Stati Uniti ma guarda con speranza all’orizzonte del 2028, cioè alla fine del mandato del presidente Trump. L’argomento che ha convinto i partner più riottosi è stato proprio la possibilità di ridiscutere ogni cosa tra tre anni. Buona parte degli accordi settoriali ha infatti durata triennale. Quando il mandato di Trump si chiuderà l’Ue potrà riaprire la discussione. Da qui a tre anni i “negoziatori” europei scommettono su molti fattori. Innanzi tutto lo sviluppo di altre alleanze commerciali globali: dal Sud America all’Asia e la previsione che molti degli accordi siglati da Trump possano essere ridiscussi. Un altro aspetto riguarda il debito pubblico americano.

E i titoli di Stato?

Quando Trump fa riferimento agli investimenti cita sempre anche i titoli di Stato. Al momento un terzo di questi sono detenuti all’estero e la quota maggiore è proprio in mano all’Ue. È possibile che i quasi 2.800 miliardi di dollari di “Treasuries” nelle casse europee cresceranno nei prossimi mesi. E circa un quarto dell’intero debito pubblico statunitense scadrà proprio entro il 2028. Tutti elementi che potranno tornare sul tavolo negoziale tra tre anni in un contesto politico Usa diverso e in un quadro economico mutato. Alla fine del prossimo triennio, la presidente della Commissione sarà ancora seduta a Palazzo Berlaymont e forse Trump non sarà rieletto.

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