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Dazi, Trump e von der Leyen oggi alla stretta finale. Che cosa c’è da aspettarsi e che cosa c’è in gioco. La web tax è un jolly?

Imagoeconomica

In gaelico scozzese “Scozia” di dice “Alba”. E non sono pochi coloro che sperano che i verdissimi campi da golf della Scozia possano rappresentare l’alba di un accordo tra Washington e Bruxelles nell’intricata organizzazione dei dazi: gli Stati Uniti e l’Unione europea sono di gran lunga i maggiori partner commerciali l’uno dell’altro e rappresentano un terzo del commercio mondiale.

Trump, arrivato in Scozia per giocare nei suoi due campi da golf, uno a Turnberry, sulla costa occidentale, dove giocherà sabato, e l’altro vicino ad Aberdeen, coglierà l’occasione per incontrare il primo ministro britannico Keir Starmer e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per cercare di arrivare a un accordo sui dazi prima della scadenza di venerdì prossimo, data in cui entreranno in vigore i dazi del 30% sulle esportazioni dell’Unione verso gli Stati Uniti. Al suo arrivo venerdì sera Trump ha detto ai giornalisti che von der Leyen è una leader molto rispettata e che non vedeva l’ora di incontrarla sul suo campo da golf a Turnberry.

“Sono in corso intensi negoziati a livello tecnico e politico”, ha dichiarato Paula Pinho, portavoce di von der Leyen. “I leader faranno il punto della situazione e valuteranno la possibilità di un risultato equilibrato che garantisca stabilità e prevedibilità per le imprese e i consumatori su entrambe le sponde dell’Atlantico”. I funzionari dell’UE hanno ripetutamente avvertito che un accordo spetta in ultima analisi a Trump, rendendo difficile prevederne l’esito finale. “Sarà l’accordo più grande di tutti” ha detto il tycoon al suo arrivo.

Che cosa c’è da aspettarsi dall’accordo

Il presidente degli Stati Uniti al suo arrivo ha anche detto che le probabilità che gli Stati Uniti raggiungano un accordo commerciale con l’Unione Europea sono del 50% o forse meno, aggiungendo che Bruxelles “vuole ardentemente raggiungere un accordo”. “Stiamo lavorando con grande impegno con l’Europa, l’Unione Europea”, ha detto Trump ai giornalisti.

Giovedì la Commissione europea ha detto che una soluzione commerciale negoziata con gli Stati Uniti era a portata di mano, nonostante i membri dell’UE abbiano votato per approvare controtariffe per 93 miliardi di euro di prodotti statunitensi nel caso in cui i colloqui fallissero.

I diplomatici dell’UE hanno detto che Washington e Bruxelles sembrano dirigersi verso un possibile accordo che si tradurrebbe in un’ampia tariffa del 15% sui prodotti dell’UE importati negli Stati Uniti, rispecchiando un accordo quadro stipulato da Washington con il Giappone. Ma la Casa Bianca ha affermato che le discussioni su un accordo dovrebbero essere considerate “speculazioni”. Il consigliere commerciale di Trump, Peter Navarro, ha dichiarato a Bloomberg News che il rapporto dell’UE dovrebbe essere preso “con le pinze”.

Per altro quel numero del 15%, attorno al quale ruota l’accordo, è una percentuale che può essere declinata in modi diversi. Per il settore dell‘automotive, ad esempio, rappresenta una buona notizia rispetto al 27,5% inaugurato dagli Usa con il “Liberation day” del 2 aprile. Per alcuni prodotti agroalimentari il numero 15, inoltre, non porterebbe a eccessivi stravolgimenti essendo di fatto già in vigore. Mentre per alcuni in Europa quel 15% è visto come un risultato negativo rispetto all’ambizione europea iniziale di un accordo tariffario zero a zero su tutti i prodotti industriali.

Ma i punti interrogativi restano diversi. I farmaci godranno di esenzioni? L’accordo prevede di contro anche la promessa di ingenti investimenti europei negli Usa, sulla scia dell’intesa tra Washington e Tokyo? E, soprattutto, il vertice di Turnberry segnerà un cambio di passo nei finora freddini rapporti tra l’Ue e l’America di Donald Trump?

Alcune indiscrezioni vedono due punti alla base dell’accordo che potrebbe piacere a The Donald. Da una parte il fatto che l’Europa non abbia intenzione di rimpiazzare gli Usa con Pechino. Dall’altra parte, di fronte alle pressioni di Washington a tutela delle Big Tech, l’ipotesi di una digital tax europea sembra essere stata messa da parte Resta invece intatta la linea rossa sulla legge Digital services act-Digital markets act (Dsa-Dma), i due pilastri normativi che impongono regole più severe su contenuti, trasparenza e concorrenza per i colossi del web, regole che sembrano non piacere all’amministrazione Trump.

In gioco ci sono 9,5 trilioni di dollari di affari tra Usa e Ue

Combinando beni, servizi e investimenti, l’UE e gli Stati Uniti sono di gran lunga i maggiori partner commerciali l’uno dell’altro. La Camera di Commercio Americana di Bruxelles ha avvertito a marzo che qualsiasi conflitto avrebbe messo a repentaglio 9,5 trilioni di dollari di affari nella relazione commerciale più importante al mondo.

L’UE si trova ad affrontare tariffe statunitensi su oltre il 70% delle sue esportazioni: il 50% su acciaio e alluminio, il 25% su automobili e componenti per automobili e un’imposta del 10% sulla maggior parte degli altri beni, che Trump ha dichiarato di voler aumentare al 30% il 1° agosto, un livello che, secondo i funzionari dell’UE, cancellerebbe intere parti del commercio transatlantico. Si profilano anche ulteriori dazi sul rame e sui prodotti farmaceutici.

L’accordo con il Giappone fa da guida

Questa settimana gli Usa hanno stilato con il Giappone un documento che è stato visto come la traccia per altri possibili accordi. L’accordo con Tokyo fissa i dazi sulle importazioni del Paese al 15%, (mentre a giorni sarebbero entrati in vigore dazi del 25%), comprese le automobili, che rappresentano di gran lunga la componente più consistente del deficit commerciale tra i due Paesi. In cambio Tokyo si è impegnata a investire in terra Usa 550 miliardi di dollari. Lo stesso giorno gli Usa hanno siglato anche un accordo con le Filippine con un tasso fissato al 19%, lo stesso livello concordato dall’Indonesia e un punto percentuale al di sotto del livello di base del 20% del Vietnam, il che indica che è probabile che la maggior parte del Sud-est asiatico riceva un tasso simile a partire da Corea del Sud e la Thailandia. A parte, gli Usa portano avanti anche il dossier con la Cina. Il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha annunciato che incontrerà le controparti cinesi a Stoccolma la prossima settimana per il terzo round di colloqui Con la Cina gli Usa hanno intrapreso un sentiero di accordi per temi, che ha visto da una parte gli Stati Uniti che hanno recentemente allentato le restrizioni sui chip e la Cina che ha ripreso le esportazioni di terre rare.

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