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Credito sotto tiro in Borsa. La Bce studia la bad bank

Photo by Michael Longmire on Unsplash)

Alla vigilia del nuovo round di incontri al vertice sul Recovery Fund, la Bce ha giocato un jolly. L’agenzia Reuters ha rivelato stamane che la Banca Centrale Europea starebbe elaborando un piano di emergenza per far fronte all’esplosione dei crediti in sofferenza a seguito dell’epidemia di coronavirus. Il progetto, che ha lo scopo di tutelare le banche da una ricaduta della crisi, prevede l’utilizzo del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) come garante di una bad bank che, agli ordini di una task force, raccolga le sofferenze bancarie. Il piano, respinto in passato per l’ostilità tedesca, avrebbe subìto un’accelerazione nelle ultime settimane dopo la svolta di Berlino. La Bce non ha commentato. Andrea Enria, a capo dell’autorità di vigilanza europea, si è limitato a dire che il piano “sembra prematuro”, ma ha confermato il suo sostegno. “Strumenti di questo tipo – ha detto – hanno funzionato a dovere in Spagna ed in Irlanda nel corso della recente crisi, chiudendo con rilevanti profitti”.

L’anticipazione, però, non è servita a riportare il buonumore nel settore. L’indice Italian Banks, dopo una partenza positiva, registra un calo di circa un punto percentuale, pur conservando buona parte dei progressi messi a segno nella scorsa settimana, la migliore dal 2011 per le banche italiane (+15%) ma anche per l’intera zona euro. La frenata si spiega in più modi a partire dalla riunione della Fed di stasera. Ma c’è chi guarda alla concorrenza degli emittenti pubblici. Il nuovo Btp Futura, ad esempio, sembra fatto apposta per far concorrenza al gestito, il settore più florido dell’industria finanziaria. Concorrenza sleale, visto che i prodotti pagano una tassazione che è oltre il doppio di quella sui titoli di Stato.  

Ma sull’andamento del settore intervengono diversi fattori. A frenare l’appeal del comparto ci ha pensato Francoforte, esortando le banche a rinviare l’erogazione dei dividendi alla prossima primavera e sollecitando al tempo stesso gli istituti ad aumentare gli accantonamenti. In questa fase, scrive Ubs, investire in una banca equivale a comprare uno zero coupon.  

La guerra sull’Ops di Intesa su Ubi è entrata nella fase più logorante, quella della trincea. Entrambi i titoli accusano un calo attorno al 2%, in attesa che l’Antitrust sciolga i dubbi sull’accordo sottoscritto dalla Banca di Carlo Messina sulla cessione di un ramo d’azienda per evitare una posizione dominante. Bper (-4,8%) per ora è il titolo più sacrificato.

Sotto tiro anche Unicredit (-3,15%), che ieri si è affacciata sul mercato primario per la prima volta dopo lo scoppio della pandemia lanciando un bond senior preferred con scadenza a 6 anni e richiamabile dopo 5, per un importo pari a 1,25 miliardi di euro.

In rosso anche Bpm (-1,9%), che sta accelerando l’operazione pulizia: è stata aperta la gara per la cessione di circa 450 milioni di euro di crediti relativi al business leasing verso il gruppo Statuto, uno dei protagonisti della stagione dei furbetti. Le offerte finali sono attese entro settembre.

Le ragioni che hanno convinto il Toro a fermare la corsa, insomma, non mancano. Ma, visti i prezzi del settore (sotto del 30% rispetto a gennaio), i margini per risalire non mancano. Con la benedizione della Bce.

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