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Covid: la variante inglese è in Italia, ma il vaccino funziona

Pixabay

La variante del coronavirus Covid 19 che ha gettato nel panico la Gran Bretagna è già sbarcata in Italia. Stando agli esperti, la differenza principale sarebbe nella contagiosità: sembra che la versione mutata del virus si trasmetta con un’efficienza superiore del 50-70% rispetto a quella del ceppo principale. Tuttavia, al momento, non ci sono prove che sia in grado di resistere ai vaccini. Ma andiamo con ordine.

Nel nostro Paese, il primo paziente affetto dalla variante inglese del coronavirus è stato individuato a Roma, nei laboratori Policlinico militare del Celio. Il tampone era quello di una donna italiana, presumibilmente contagiata dal compagno – il nuovo Paziente 1 – che quattro giorni fa è tornato dal Regno Unito con un volo atterrato a Fiumicino. C’è poi un terzo caso sospetto a Bari e i controlli di tutti i turisti rientrati dalla Gran Bretagna negli ultimi quattordici giorni sono appena cominciati.

“Il paziente e il suo convivente rientrato in Italia negli ultimi giorni – scrive il ministero della Salute – sono in isolamento e hanno seguito, insieme agli altri familiari e ai contatti stretti, tutte le procedure stabilite”. Non sono ricoverati al Celio: si trovano in isolamento fiduciario. Per ora, tra i loro contatti non sono stati trovati altri positivi, ma l’indagine epidemiologica è ancora in corso.

In ogni caso, è presumibile che la variante inglese stia già circolando nel nostro Paese. È stata osservata nel Kent il 20 settembre e “ha avuto tutto il tempo di muoversi”, spiega a Repubblica Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Biomedico di Roma. “In genere il sequenziamento del virus si fa solo su alcuni tamponi positivi, a campione”.

Non è detto che la nuova versione del coronavirus sia più pericolosa della precedente: “Finora abbiamo letto il suo genoma – continua Ciccozzi – Ma per capire le sue caratteristiche occorre portare il virus in laboratorio. Mettendolo a contatto con delle cellule possiamo capire quanto rapidamente le infetta. Può darsi che sia più contagioso ma non più letale. L’evoluzione dei virus, in genere, li porta a essere più rapidi nella diffusione ma meno pericolosi per l’ospite”.

Infine, secondo Paola Stefanelli, direttrice del reparto malattie prevenibili da vaccinazione dell’Istituto Superiore di Sanità, “non c’è alcuna evidenza scientifica al momento di un’inefficacia del vaccino. E non siamo nemmeno in grado di dire che un vaccino possa funzionare meglio di un altro”.

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