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Covid, Brasile: più morti nel 2021 che in tutto il 2020

FIRSTonline

Se adesso a preoccupare il mondo è soprattutto l’India, che registra 3.000 morti al giorno e la cui variante del virus è sicuramente arrivata in Europa, non migliora nemmeno la situazione Covid in Brasile, che si conferma il secondo Paese al mondo, ad oggi, con più decessi legati al coronavirus, come numero assoluto e stando solo ai dati ufficiali, che per forza di cose sono parziali. Al primo posto ci sono sempre gli Usa con circa 580.000 contagi, ma ormai nel Paese nordamericano i vaccini stanno facendo la loro parte. In Brasile invece l’effetto combinato del ritardo sulla vaccinazione e della quasi totale assenza (salvo a livello locale) di misure di contenimento, ha fatto sì che sia stata superata la soglia dei 400.000 morti. Di questi oltre 400.000, più di 100.000 si sono registrati solo negli ultimi 36 giorni (dato aggiornato a venerdì 30 aprile): sono dunque decedute più persone per Covid nei primi 4 mesi del 2021 che in tutto il 2020.

La situazione è fuori controllo al punto che il presidente Jair Bolsonaro, che gode sorprendentemente di una buona popolarità nonostante la gestione disastrosa (più che altro, la non gestione…) dell’epidemia, è finito nel mirino di una commissione parlamentare d’inchiesta, che farà luce sulle responsabilità – che sembrano già a occhio nudo evidenti – del governo centrale. “Vogliamo sapere perché non abbiamo comprato 70 milioni di dosi di vaccino Pfizer – ha spiegato in apertura dei lavori il presidente della commissione Omar Aziz -, perché non siamo entrati nei consorzi e perché non abbiamo comprato altri vaccini”. Mentre infatti l’Italia viaggia ormai al ritmo di mezzo milione di somministrazioni al giorno grazie al cambio di passo del governo Draghi, dalla scorsa estate Bolsonaro ha rifiutato per ben 11 volte l’offerta d’acquisto di vaccini proposti dalle case farmaceutiche.

Prima il siero Pfizer, per via delle clausole contrattuali; poi il vaccino cinese per una questione politica visto che viene prodotto dall’Istituto Butantan di San Paolo, sponsorizzato dal governatore João Doria e rivale del presidente; e infine non andava a genio nemmeno quello del Covax Facility, il consorzio dell’OMS, per una questione ideologica, poiché il governo ha un atteggiamento antiglobalista. Un vero e proprio sabotaggio, ma la commissione indagherà anche sull’acquisto e distribuzione da parte del ministero della Salute di clorochina ed altri farmaci inefficaci, sugli assembramenti provocati da Bolsonaro, sulle frasi contro le mascherine e il distanziamento sociale, sulla crisi di Manaus, la capitale dell’Amazzonia, che rimase senza ossigeno per giorni e sui ritardi nell’acquisto di sedativi ed analgesici per le persone intubate.

“Che il presidente brasiliano sia un negazionista del virus lo sanno tutti”, racconta sul suo blog Andrea Torrente, giornalista italiano che vive da oltre 10 anni in Brasile, dove ha seguito la parabola discendente di Lula, gli scandali giudiziari, la crisi economica e ora la drammatica era Bolsonaro. “Il Parlamento, però, vuole ora capire se, al di là delle folli dichiarazioni, Bolsonaro e i suoi ministri abbiano davvero fatto tutto il possibile per contenere l’epidemia o se le loro azioni, deliberatamente o no, ne hanno accelerato la diffusione”. Le speranze di giungere a una veloce soluzione del problema sono però ridotte, per due motivi che spiega sempre Torrente: la popolarità ancora abbastanza alta del presidente, e il rischio che la commissione d’inchiesta si concluda con un buco nell’acqua.

“Secondo i sondaggi – scrive il giornalista italiano -, il 30% dei brasiliani sta ancora con Bolsonaro, ma se il consenso dovesse erodersi ulteriormente, il Congresso potrebbe essere tentato dalla messa in stato d’accusa. E’ anche vero però che in Brasile le commissioni d’inchiesta finiscono spesso a tarallucci e vino, o come dicono loro “em pizza”.” Nel frattempo il Paese sudamericano, nonostante abbia il 2,7% della popolazione mondiale, rappresenta il 12,6% delle morti globali per coronavirus.

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