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Coronavirus, boom di videoconferenze online

FIRSTonline

Le indicazioni per contrastare la diffusione della pandemia da Coronavirus hanno obbligato tutta la popolazione italiana – e non solo – a chiudersi in casa ed uscire solo per le esigenze strettamente necessarie. Fortunatamente, grazie alla tecnologia informatica, queste restrizioni non si sono tradotte automaticamente nello smettere di lavorare, studiare e socializzare.

Chi già utilizzava i software per le videoconferenze o le piattaforme per l’apprendimento online ne ha intensificato l’impiego, portandolo ad essere un appuntamento quotidiano, chi invece non conosceva queste possibilità offerte dalla tecnologia, ha letteralmente scoperto un mondo. Per questo motivo i motori di ricerca hanno registrato, nell’ultimo mese, un aumento delle query: “videoconferenza” e “zoom”, solo per fare un esempio. Quest’ultimo termine di ricerca corrisponde al nome del software che va per la maggiore e che ha raggiunto il numero massimo di download.

Tolte le piattaforme scolastiche proprietarie, le soluzioni per la videoconferenza possono essere destinate a qualunque tipo di uso e si rivolgono tanto ai privati quanto alle aziende. Oltre a “Zoom”, i software più diffusi sono:

  • Microsoft Teams
  • Cisco Webex
  • Google Hangouts Meet
  • Slack
  • GoToMeeting
  • Marco Polo App

L’impennata di click verso le relative pagine da dove si possono scaricare queste applicazioni è indubbiamente da imputare alla reclusione forzata, ma la semplicità d’uso e la versatilità dei sistemi, adatti tanto ai computer desktop quanto agli smartphone, ha fatto il resto. Eppure a tanto successo è corrisposto un analogo aumento del traffico e quindi dei problemi di rete per i server che erogano questi servizi. In tempi non emergenziali, le videoconferenze avevano una qualità audio e video sicuramente migliore, ora la rete è inevitabilmente sotto stress e le interruzioni o l’abbassamento della definizione audio/video sono molto frequenti.

Perfino WhatsApp ha registrato un carico eccessivo per lo scambio di video e di audio tramite l’app. In India, per scongiurare il collasso è stato ridotto il limite di durata dei videomessaggi da 30 a 15 secondi e c’è già qualcuno in rete che pensa che questa restrizione possa arrivare anche in Italia.

Tutte le piattaforme che permettono chiamate video a distanza stanno crescendo nei numeri. Tra queste, oltre al già citato WhatsApp, c’è anche Facebook, ma in genere, è proprio la banda che passa attraverso le porte classiche del web, cioè quelle che vengono sfruttate dai normali browser Internet, che rischia la saturazione. Questo perché, per rendere la fruizione delle videoconferenze alla portata di tutti e più rapida, la maggior parte dei software permette l’utilizzo dell’interfaccia web, ossia l’accesso tramite le abituali pagine di Internet.

Ma qual è stata l’esigenza che più ha spinto all’utilizzo dei software di videoconferenza ed e-learning? Di sicuro, uno dei maggiori incentivi è stata la necessità di prendere tempestivamente decisioni strategiche per organizzare il lavoro durante il periodo delle restrizioni, in secondo luogo, le attività didattiche hanno trovato la loro naturale evoluzione online, tra corsi svolti a distanza, ripetizioni scolastiche e tutoring.

A questo proposito, è opportuno segnalare l’esistenza del progetto solidale e partecipativo “Iorestoacasa.work” basato su software completamente open source a cui hanno aderito i più importanti attori dell’infrastruttura Internet italiana: il Garr (Gruppo per l’Armonizzazione delle Reti della Ricerca) e il Cnr (Centro Nazionale delle Ricerche. A differenza delle altre piattaforme commerciali, l’iniziativa usa un sistema (Jitsi Meet) che permette agli utenti di effettuare videochiamate senza alcun limite e in maniera totalmenete gratuita (anche nel caso di molti partecipanti).

In genere, le funzioni di base di tutti gli altri software sono anch’esse gratuite, ma basta alzare il numero dei partecipanti alle videoconferenze, quello delle funzioni particolari richieste, come ad esempio la possibilità di registrare gli incontri o di avere a disposizione una lavagna multimediale o la condivisione del proprio schermo, basta anche solo chiedere una maggiore qualità del video o dell’audio, una maggiore banda sfruttabile o anche di aumentare la durata massima della videoconferenza e l’offerta si tramuta immediatamente in un canone fisso o un costo una tantum. 

Al contrario, il progetto della piattaforma italiano è non-profit, basato su un approccio solidale e collaborativo in cui più organizzazioni possono partecipare mettendo in comune i propri server. È così che ai primi due server si sono aggiunti gli altri messi a disposizione da aziende come BeFair, IFInet e Seeweb, associazioni come l’Italian Linux Society, e le già citate istituzioni come il Garr e il Cnr, insieme all’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa).

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Categories: Tech