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Brics: “Onu, Fmi e Banca mondiale sono da riformare”. E contro i dazi l’idea è l’indipendenza dal dollaro

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Un vertice Brics per lanciare al mondo un messaggio per la pace e il multilateralismo. Il presidente brasiliano Lula, presidente di turno dell’incontro annuale degli ex emergenti, ha approfittato di un summit azzoppato dall’assenza di leader come Vladimir Putin, Xi Jinping e Erdogan per smussare l’immagine di un Brics sempre più anti-occidentale e per ribadire la sua posizione sulle tensioni geopolitiche e sull’importanza di un confronto effettivo e concreti tra i protagonisti della scena globale. “Il multilateralismo è sotto attacco”, ha esordito Lula nel discorso inaugurale, domenica 6 luglio a Rio de Janeiro, nella stessa cornice che otto mesi fa ospitava il G20.

“Siamo di fronte ad un numero inedito di conflitti: quest’anno abbiamo festeggiato gli 80 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale, ma ora la storia si ripete”, ha proseguito il padrone di casa. Lula ha in particolare mandato un messaggio alla Nato e all’Onu, gli organismi responsabili dell’aumento delle spese militari – il primo – e il secondo responsabile di non essere più in grado di intervenire efficacemente nei confitti: “Siamo arrivati al punto che spendere il 5% per armarsi è più semplice che investire lo 0,7% per lo sviluppo. I soldi ci sono, è la volontà politica che manca: è più facile investire nella guerra che non nella pace”.

La proposta di riforma dell’Onu e la posizione sulle guerre

Il 79enne ex leader sindacalista ha poi invocato una urgente riforma dell’Onu, che sta fallendo la sua missione, ma non sempre è stato così: “E’ da molto tempo che non vedevo una Onu così irrilevante, ma in tutto questi anni l’Onu non ha sempre fallito, ed è la prova che il multilateralismo può funzionare”. I Brics vorrebbero che il cosiddetto “Sud del mondo” fosse più rappresentato e in maniera più stabile nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: la presidenza brasiliana aveva proposto che un seggio permanente fosse riconosciuto a Brasile, India e Sudafrica, ma a questa soluzione si sarebbero opposti gli altri membri africani del consesso, Egitto ed Etiopia, in quanto l’Unione Africana avrebbe già deciso da tempo che i seggi spettanti al continente debbano essere due e non uno, e che dovrebbero essere gli stessi Paesi africani a sceglierli tra di loro, senza destinarne necessariamente uno al Sudafrica.

Nell’ambito delle guerre, il vertice Brics è per lo meno giunto ad un accordo sulla posizione “due popoli due Stati” in relazione al conflitto israelo-palestinese, superando le resistenze dell’Iran, uno dei nuovi membri del gruppo, che nemmeno vorrebbe riconoscere l’esistenza di Israele. Teheran, al suo esordio nei Brics, è rimasta però isolata e quindi è passato la posizione pacifica ormai condivisa praticamente da tutto il pianeta. Rimangono per alcune incoerenze, già mostrate da Lula in altre occasioni, come la condanna delle azioni militari di Israele nella Striscia di Gaza (il presidente brasiliano ha più volte parlato senza mezzi termini di “genocidio”) e anche in Libano e in Siria, non accompagnata però dalla stessa condanna nei confronti della Russia per l’invasione in Ucraina.

Il documento arriva persino a prendere posizione sulle iniziative militari di Kiev in territorio russo, senza però fare alcuna menzione contro Mosca. Del resto la Russia fa parte dei Brics e anche se Putin era assente, a Rio c’era però il ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Lo stesso Iran, sconfitto sulla questione palestinese, ha comunque ottenuto che il vertice condannasse formalmente gli attacchi statunitensi in territorio iraniano dello scorso 13 giugno, “per violare il diritto internazionale”.

La “Bretton Woods” dei Brics

Dal punto di vista delle decisioni finanziarie quello di Rio è stato un vertice che ha detto qualcosa, nonostante tra i grandi leader fosse alla fine presente solo il presidente indiano Modi. Per Lula è stata una delle tante occasioni di visibilità, responsabilità e anche propaganda dell’ultimo anno (lo scorso novembre ha ospitato il G20, il prossimo novembre organizzerà la cop30 e en passant ha pure assunto la presidenza di Mercosur), ed è riuscito a far mettere nero su bianco, sebbene in maniera generica, diverse posizioni sulla questione dei dazi e delle relazioni finanziarie internazionali, tanto che la stampa brasiliana ha parlato dell’incontro carioca come di una “Bretton Woods dei Brics”.

Attento a non irritare Donald Trump – che già aveva promesso tariffe commerciali al 100% in caso di lancio di una moneta alternativa al dollaro – il gruppo oggi composto da Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Iran, Indonesia, Etiopia, Egitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi ha suggerito modifiche alle quote e alla scelta del presidente del Fondo Monetario Internazionale. Questa posizione è senza precedenti e rappresenta chiaramente un messaggio da parte del “resto del mondo”, che non è più disposto ad ingoiarsi il “gentlemen’s agreement” tra Stati Uniti ed Europa, in cui una parte controlla sempre l’Fmi e l’altra la Banca Mondiale.

Sarà sempre più difficile ignorare tali istanze, visto che i Brics non sono più un simpatico club “dalle belle speranze” ma rappresentano ormai quasi la metà della popolazione e del PIL globali, al punto che secondo Goldman Sachs entro il 2045 tre delle prime quattro economie mondiali saranno appunto membri dei Brics, con Cina, India e Indonesia a tallonare gli Usa.

Un altro tema atteso era appunto il processo di de-dollarizzazione delle transazioni commerciali tra i membri del Brics: per ora non si farà nulla della nuova valuta annunciata nel 2024 da Putin, ma il gruppo ha preso atto dei “progressi in materia di pagamenti transfrontalieri”. Non è stato comunicato di cosa si tratti concretamente, ma i ministri delle Finanze presenti a Rio hanno affermato di aver individuato un percorso che intendono sviluppare d’ora in poi per ridurre i costi delle operazioni finanziarie tra i Paesi membri. Le modalità con cui ciò avverrà saranno discusse nei prossimi incontri. E’ stata ovviamente ribadita la contrarietà ai dazi imposti da Washington e a qualsiasi iniziativa “che possa distorcere il commercio internazionale”.

Tassa per super ricchi e Banca di sviluppo

La tassazione dei super ricchi, tanto cara a Lula, è passata con un escamotage tecnico in cui si parla più che altro di “progressività tributaria”. Sarà infine potenziata la banca multilaterale dei Brics, la New Development Bank (NDB) la cui presidenza è anch’essa in mano sudamericana, con l’ex presidente brasiliana Dilma Rousseff. L’istituzione finanziaria con sede a Shanghai rinforzerà gli strumenti di finanziamento ai Paesi membri, soprattutto in ambito di progetti legati alla sostenibilità: questo è il ponte tra il Forum Brics e la COP30 in programma tra pochi mesi sempre in Brasile a Belem, alle porte dell’Amazzonia. Ma lì ci saranno di nuovo i leader occidentali.

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