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Borse 23 maggio: Trump le affonda con la minaccia di dazi del 50% sull’Europa e con l’insostenibile ultimatum a Apple

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Sembrava una settimana sonnacchiosa sui mercati finanziari, avviata a chiudersi tra scambi incerti, ma a ravvivarla in zona Cesarini ci ha pensato oggi il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Con una minaccia di dazi al 50% alla Ue dai primi di giugno e del 25% per i prodotti Apple fabbricati al di fuori del territorio Usa (il titolo ha bruciato cento miliardi in avvio), il tycoon ha dato una notevole scossa ai mercati, che hanno cominciato ad accelerare al ribasso in Europa e hanno avviato gli scambi in rosso a New York.

Piazza Affari è la peggiore e chiude con una perdita dell’1,94%, scivolando sotto la soglia psicologica di 40 mila punti base (a 39.475) con auto, banche e lusso in affanno. A botta calda il tonfo è stato anche più doloroso (il listino è arrivato a cedere il 3%), ma in questi minuti dovrebbe essere in corso una telefonata tra il commissario europeo al commercio Maros Sefcovic con il suo omologo americano Jamieson Greer, proprio nell’ambito dei contatti volti a evitare l’imposizione di ulteriori dazi da parte di Washington. Inoltre Wall Street è negativa, ma non tracolla.

Le timide speranze legate a questi fatti non bastano comunque a evitare altri scivoloni europei come quello di Parigi -1,65%, Francoforte -1,49%, Madrid -1,14% e Amsterdam -1,03%. I danni sono inferiori fuori dal blocco e Londra arretra dello 0,24%. 

Vale d’altra la pena ricordare quanto scritto da Trump su Truth poche ore fa: “È molto difficile avere a che fare con l’Unione Europea, formata con l’obiettivo di approfittarsi degli Stati Uniti sul commercio”…le “nostre discussioni non stanno andando da nessuna parte”.

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Dollaro in calo e oro tonico

Tra gli effetti della novità ci sono ulteriori vendite sul dollaro, che è ben avviato per la peggior settimana dal primo effetto dazi, mentre l’oro ha ripreso a volare. Al contrario i Treasury stanno migliorando (prezzi in rialzo e tassi in ribasso), benché in misura molto contenuta tenendo conto della legge di bilancio a stelle e strisce approvata ieri dalla Camera bassa (deve ancora passare il vaglio del Senato), che pare destinata ad aumentare il deficit del bilancio federale in misura massiccia, a pochi giorni dal declassamento del rating del credito Usa da parte di Moody’s. Il decennale mostra infatti un tasso ancora saldamente oltre il 4,5% (al 4,521, in calo dello 0,7% rispetto alla chiusura di ieri).

Il dollaro perde quasi un punto percentuale contro lo yen (cambio 142,70).

L’euro si apprezza dello 0,44% contro il biglietto verde per un cross a 1,1329.

L’oro brinda al caos generale e si apprezza dell’1,76%, per un prezzo dello spot gold di 3.352,83 dollari l’oncia.

Il petrolio muove timidi passi avanti e il contratto di luglio del Brent tratta a 64,73 dollari al barile, mentre il greggio texano a 61,60 dollari.

Piazza Affari: difesa avanti tutta, bene Iveco e Leonardo

“Finché c’è guerra c’è speranza” titolava un film degli anni ’70 del mitico Alberto Sordi e a guardare il principale indice di Piazza Affari oggi, con un po’ di ironia, si potrebbe proprio dire così.

In una giornata fortemente negativa si sono mossi infatti in controtendenza Iveco +3,36% e Leonardo +0,27%.

A far schizzare il titolo di veicoli commerciali verso nuovi massimi storici sono state le indiscrezioni di un’ulteriore proposta per la divisione difesa. Secondo MF infatti la conglomerata ceca Czechoslovak Group (Csg) avrebbe presentato un’offerta non vincolante con una valutazione molto più alta di quella da 1,5 miliardi avanzata dalla cordata Leonardo-Rheinmetall data per favorita. 

Il breve club delle blue chip in rialzo comprende poi anche Terna +0,72% e altre utility. Azimut,-0,23%, ha invertito invece il segno. In mattinata a spingere il titolo dell’asset manager è stato l’accordo vincolante con il fondo di investimento Fsi, annunciato ieri, per la creazione di una banca di nuova generazione dedicata al wealth management, e che per gli analisti presenta molti aspetti positivi e può creare valore.

Il resto del paniere principale è un lungo elenco di perdite.

Il settore auto vede in panne Stellantis -4,62% e Ferrari -3,58%.

Arretra Stm, -4,18%, allarmata dalle minacce doganali alla cliente Apple.

Il lusso resta nel mirino delle vendite e veste la maglia nera con Cucinelli -3,25.

L’importante settore bancario arretra a partire Popolare di Sondrio -3,57% e Intesa -3,49%. Unicredit cede il 2,97%, mentre la battaglia per l’Ops su Banco Bpm (-2,15%) va avanti a suon di ricorsi al Tar.

Oggi si è appreso che la banca guidata da Andrea Orcel si rivolgerà ai giudici amministrativi del Lazio “per sciogliere le riserve esistenti sulla legittimità del “golden power’ – si legge in una nate – così come applicato in questo caso ai sensi del diritto italiano e dell’Ue”.

Il cda di Unicredit ha approvato anche la rinuncia alla condizione relativa all’operazione Anima.

La giornata è da dimenticare per Mps -2,82% e Bper -2,88%. Ad allarmare il settore c’è anche il fatto che le ultime novità sulla guerra commerciale hanno fatto salire al 90% le probabilità di un altro taglio dei tassi da parte della Bce.

Spread in rialzo in attesa di Moody’s

L’avversione al rischio ha penalizzato oggi la carta italiana e lo spread sale.

Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund di durata decennale cresce a 103 punti base (due giorni fa era 99) e i tassi sono in lieve calo.

Il titolo italiano in chiusura è indicato al 3,61%, mentre quello tedesco è al 2,58%.

L’Italia aspetta in serata anche il giudizio di Moody’s sull’Italia. Al momento per l’agenzia il rating del Belpaese è Baa3, un gradino sopra il livello spazzatura. Fa sperare però che l’11 aprile scorso l’agenzia S&P abbia migliorato la sua valutazione sull’Italia da BBB a BBB+, con outlook stabile.

Dal fronte tedesco arrivano invece buone notizie sul Pil del primo trimestre: +0,4% rispetto all’ultimo quarto del 2024, contro +0,2% in prima stima al 30 aprile.

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