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Borse 23 giugno rispondono senza scossoni all’attacco Usa all’Iran e scommettono che la chiusura di Hormuz non ci sarà

Imagoeconomica

I listini europei chiudono contrastati, Wall Street si muove in cauto rialzo e il petrolio arretra dopo l’impennata seguita all’attacco Usa all’Iran: è un lunedì apparentemente normale quello che va in archivio oggi sui mercati finanziari, nonostante la guerra in Medio Oriente rappresenti un rischio globale. La volatilità è dietro l’angolo, ma per ora gli investitori restano alla finestra, riflettendo sulle probabilità che Teheran chiuda lo stretto di Hormuz e sulla reazione dell’Iran all’attacco incrociato di Israele e Stati Uniti. 

Piazza Affari è fanalino di coda con una perdita dell’1%, che riporta il Ftse Mib sotto i 39mila punti base (38.840), tenendo conto che sull’indice pesa anche lo stacco cedole per lo 0,2756%.

Amsterdam (+0,91%) è positiva, Madrid è piatta, Parigi cede lo 0,69%, Francoforte lo 0,25%, Londra lo 0,14%. Dalla Francia arriva una ventata di speranza per la cura della forma più comune di Alzheimer (sporadica) e Ab Science brilla sulla borsa parigina con un rialzo del 14,78%, dopo la pubblicazione di uno studio indipendente condotto in Cina, che conferma l’efficacia del masitinib contro la temibile malattia degenerativa.

La pagina macro offre inoltre qualche spunto, grazie agli indici Pmi per l’Eurozona. In particolare si registra una ripresa dei servizi, con il dato preliminare salito a giugno a 50  punti (zona neutra) dai 49,7 di maggio (contrazione), mentre la fiducia è salita nella regione al valore più alto da inizio 2025.

Oltreoceano gli indici si muovono in frazionale rialzo (DJ +0,17%; S&P 500 +0,36%; Nasdaq +0,44%). Tra le mega cap svetta Tesla, +9,53%, che per la prima volta ha messo in funzione 10 taxi a guida autonoma in Texas, con passeggeri paganti.

A livello macro la stima flash dei Pmi di giugno è oltre le stime e in zona espansione: manifatturiero a 52 punti e servizi a 53,1.

Si abbassa la febbre del petrolio e Trump minaccia: tenete i prezzi bassi

Se il petrolio è il termometro dell’attuale situazione in Medio Oriente bisogna dire che, al momento, la febbre si sta abbassando. I prezzi del greggio statunitense sono inizialmente balzati oltre i 78 dollari al barile, raggiungendo il massimo da gennaio, ma sono rapidamente scesi sotto la chiusura di venerdì e si muovono al momento a 73,09 dollari al barile (-1%). Anche i prezzi del Brent, dopo aver raggiunto i massimi da cinque mesi, sono in calo e il future di settembre è intorno a 75 dollari (-0,6%). Secondo la maggior parte degli analisti ulteriori oscillazioni del prezzo questa settimana dipenderanno da come la Repubblica Islamica sceglierà di reagire e gli occhi sono puntati su Hormuz, dal quale passa il 30% del petrolio mondiale e il 20% del gas. La Cina è uno dei clienti principali e anche un alleato di Teheran e la sua contrarietà a una stretta sul passaggio delle navi potrà pesare. Sulla testa dell’oro nero pende poi la mannaia dei dazi commerciali statunitensi, che frenando la crescita potranno influire negativamente sulla domanda di greggio, mentre gli Usa aumenteranno la produzione. Dall’Olimpo di Truth inoltre Donald Trump tuona: “Tutti tenete bassi i prezzi del petrolio. Vi sto osservando. State facendo il gioco del nemico. Non fatelo”.

In un altro post inoltre il presidente Usa si rivolge al Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, scrivendo “trivella, baby, trivella”, “Intendo adesso”.

Attesa per Jerome Powell domani

Per ora gli investitori ritirano le scommesse, anche se alcuni osservatori non escludono una reazione degli Houthi e la possibilità che i prezzi globali del petrolio possano arrivare a 130 dollari al barile, spingendo l’inflazione statunitense vicino al 6% entro la fine dell’anno. Domani il presidente della Fed Jerome Powell parlerà al congresso e sarà interessante ascoltare quali sono le riflessioni della Fed in questo momento.

Dal fronte Bce intanto Christine Lagarde parla di una situazione di eccezionale incertezza, di rischi per l’inflazione e di prospettive di crescita della zona euro che restano orientate al ribasso. Le scelte di politica monetaria saranno quanto mai legate ai dati.

In ambito valutario l’euro è timidamente intonato contro dollaro, per un cambio che oscilla sopra 1,153. Tornano poi gli acquisti difensivi sull’oro, con lo spot gold a 3386,84 dollari l’oncia (+0,55%). Si appiattiscono i prezzi del gas ad Amsterdam (che sono comunque oltre i 41 euro).

Piazza Affari bene le utility, in calo Tim e Leonardo 

Sul principale listino di Piazza Affari svettano oggi numerose utility: A2a +1,37%, Terna +1,31%, Enel +1,16%, Hera +1,04%.

La barriera difensiva non argina però le perdite complessive, alimentate anche da Telecom -2,42%, alla vigilia dell’assemblea per il cambio di oggetto sociale. All’appuntamento parteciperà per la prima volta anche Poste Italiane (-2,37%) dall’entrata nel capitale della società di tlc. 

I titoli finanziari sono tendenzialmente negativi, con l’eccezione di Mps +0,17%. Arretrano invece in misura robusta Azimut -2,63%, Pop di Sondrio -2,22%, Banco Bpm -2,01%, Bper -2,12%.

I titoli oil di Milano si sono progressivamente afflosciati con il calo dei prezzi del greggio. Saipem -1,72%, era già debole in mattinata, mentre chiude piatta Teneris e arretra debolmente Eni, -0,57%, che stamani ha annunciato di aver concluso l’accordo per cedere il 20% di Plenitude ai fondi Ares a un valore in linea con le attese.

A sorpresa sono in rosso i titoli della difesa come Iveco -2,54% e Leonardo -2,19%, in un comparto industriale per lo più colpito dalle vendite. Si guarda con grande interesse alla riunione della Nato dei prossimi giorni all’Aja, che dovrebbe sancire l’aumento delle spese militari al 5% dall’1,5% del Pil per la maggior parte dei paesi membri. Oggi la premier italiana Giorgia Meloni ha evidenziato la necessità di “fare di più per la difesa” definendola “una necessità strategica” e ha aggiunto che al vertice dell’Aja “saremo chiamati ad assumere impegni ad altezza tempi”, quindi “rispetteremo impegni spesa Nato, l’alternativa sarebbe essere deboli”.

Secondo Citi però non c’è molto spazio per ulteriori rialzi nel comparto, mentre potrebbe esserci qualche rischio sulla raggiungibilità del target soprattutto per gli Stati più indebitati.  

È lettera per Stellantis -2,1%, nel giorno in cui Antonio Filosa ha assunto ufficialmente l’incarico di ad del gruppo. Il manager ha nominato la nuova squadra e ha tenuto per sé il compito di guidare le attività in Nord America, ma le sue scelte per ora non hanno entusiasmato il mercato. 

Spread sulla linea di galleggiamento

Sul secondario la carta italiana si mantiene sulla linea di galleggiamento, con uno spread stabile tra Btp decennale e Bund decennale che si conferma a 100 punti base. I tassi sono indicati rispettivamente al 3,51% e 2,51%.

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