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Borse 16 agosto pomeriggio: Piazza Affari in rosso e Wall Street alla riscossa ma è la Cina la grande incognita

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Mercati in rosso alla riapertura dopo Ferragosto. Debole in tarda mattinata Piazza Affari -0,72%, nonostante gli spunti di Banca Mps (sempre più insistenti le voci di una cessione di una quota del Tesoro) e di Bper, entrambe sopra l’1% e gli acquisti su Ferrari ed Amplifon in part bilanciati dalle prese di beneficio su Cnh. Meglio Francoforte e Londra sull’onda dei futures positivi del Nasdaq. Si mettono in luce i titoli del largo consumo, all’indomani del sorprendente dato sull’andamento del settore negli Stati Uniti; il colosso spagnolo Inditex (Zara) avanza dell’2,23%, Marks&Spencer +4%.

Wall Street promette riscossa

Sul fronte macro da seguire in serata i verbali della riunione del mese scorso del Federal Open Market Committee. Il mercato torna a scommettere su un eventuale ultimo aumento dei tassi a settembre sull’onda dei dati Usa di ieri e di quelli del Regno Unito di oggi: l’inflazione nel ha rallentato meno del previsto, al 6,8%. A tenere su i prezzi sono stati i costi all’apparenza meno essenziali, quelli per i viaggi di svago e le vacanze. In questa cornice i Btp perdono alcune posizioni: il rendimento del decennale sale al 4,33%, lo spread tocca i 171 punti.

Il future del Nasdaq guadagna lo 0,2%. Future S&P 500 +0,1%. Nvidia è salita quasi dell’1% nelle contrattazioni pre-mercato dopo che Piper Sandler è diventata l’ultima società di intermediazione di Wall Street a rivedere al rialzo il suo obiettivo di prezzo sul titolo in vista dei risultati del prossimo trimestre del produttore di chip. Tesla è scesa dell’1,5% dopo che il produttore di auto elettriche ha ridotto i prezzi dei suoi modelli premium Model S e Model X in Cina di oltre il 6%.

La Cina cancella i dati sulla disoccupazione

In questa settimana all’segna di scambi sottili, i mercati già si interrogano sulle strategie del prossimo autunno. E tra i temi relativamente nuovi spunta la spinta deflazionistica in arrivo dalla Cina. Il segnale più eloquente del disagio sociale e delle difficoltà del regime a governare il malessere spicca la decisione di non pubblicare più i numeri sul tasso di disoccupazione. Questa scelta ha suscitato forti critiche. Ieri Weibo, corrispondente di X (il nuovo nome di Twitter) ha registrato 150 milioni di reazioni di protesta: “credete di poter mettere una benda agli occhi della gente?” recita una delle critiche più gentili. La scelta delle autorità, che parlano di “difficoltà tecniche”, non è casuale. A fine luglio si sono riversate sul mercato del lavoro le legioni di studenti freschi diplomati e laureati con inevitabile aumento dei giovani in cerca di occupazione, una categoria che nel 2018 registrava un dato dell’11,5%. Almeno raddoppiato a giudicare dalle ultime stime ma assai di più secondo valutazioni indipendenti. Addirittura, il 46,5% dei giovani tra i 16 e i 25 anni.

E così il Partito ha deciso di cancellare le statistiche scomode. Come ha fatto in passato di fronte a novità imbarazzanti. Come nel 2005, quando il Partito aveva vietato la pubblicazione dell’indice Gini che segnala la distanza tra ricchi e poveri. Allora si trattava di difendere la scelta di favorire l’arricchimento dei privati. Oggi il problema è più grave: l’ascensore sociale si è rotto anche nella Cina rossa.

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