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Black Mirror 7 su Netflix: come la serie anticipa il futuro della tecnologia e delle nostre paure

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La settima stagione di “Black Mirror”, disponibile da alcune settimane su Netflix. La serie antologia ideata dallo sceneggiatore inglese Charlie Brooker resta uno dei progetti più originali e geniali degli ultimi quindici anni.

Il progetto ha debuttato nel 2011. Pur condividendo una concezione comune, ogni episodio è narrativamente autonomo, con registi, cast e trame sempre differenti. “Black Mirror” ha ottenuto 99 nomination e vinto 46 premi in numerose categorie.

La forza della serie sta nella capacità di prevedere i rischi e le conseguenze sociali di una tecnologia fuori controllo, proiettando nel futuro distorsioni già latenti nel nostro presente. Ogni episodio è uno specchio nero che riflette le nostre paure dell’avvenire.

Non si tratta mai di pura fantascienza, ma di metafore morali in forma di thriller, drammi o satira. Il contenuto varia, ma la domanda di fondo è sempre la stessa: cosa stiamo diventando con gli strumenti che usiamo senza conoscerli?

Dal futuro

Le storie di “Black Mirror” sembrano raccontate da un profugo fuggito dal futuro. È forse l’unico ad esserci riuscito, perché da quel futuro non c’è ritorno, non c’è via di uscita praticabile, nessun maniglione antipanico.

I racconti della serie non sono ipotesi ma reperti: frammenti di un domani già vissuto, testimonianze di un habitat esperito. In questo universo non c’è scampo: non si può evadere dalla realtà in cui si è stati gettati.

Una realtà modellata da una tecnologia della quale si è perso il controllo, perché siamo andati avanti perdendo l’interpretabilità dei processi e la capacità di governare la caduta nel torbido e nella confusione.

L’interpretabilità

Non è che debba andare tutto in “Black Mirror” (cioè in vacca), ma potrebbe succedere sul serio se non affrontiamo quella che Dario Amodei chiama “the urgency of interpretability”.

Dario Amodei, tecnologo di origini italiane, è attualmente a capo di una delle esperienze più lucide nell’ambito dell’AI, la società Anthropic del quale è co-fondatore con la sorella Daniela.

In un recente saggio ha spiegato che i modelli di AI sono ancora delle scatole nere: velate, incomprensibili, difficili da controllare. I modelli più avanzati, inoltre, possono sviluppare capacità nuove e impreviste.

Diversamente dal software tradizionale, questi modelli non seguono un algoritmo preciso: imparano da soli. Gli sviluppatori definiscono il contesto — struttura, dati, algoritmi — e poi lasciano che il sistema evolva.

“Questi sistemi saranno assolutamente centrali per l’economia, la tecnologia e la sicurezza e saranno capaci di una tale autonomia che considero inaccettabile che l’umanità ignori il loro funzionamento”, scrive Amodei.

Capire come funziona tutto questo è fondamentale. È ciò che si intende per interpretabilità: la possibilità di aprire la scatola nera e vederci dentro. Dario Amodei usa la metafora efficace della risonanza magnetica.

Gli scenari di “Black Mirror”

I creatori di “Black Mirror”, invece, hanno immaginato uno scenario in cui il processo di verifica è stato aggirato: i modelli avanzati di AI e le applicazioni si sono emancipati e hanno preso controllo e potere.

La serie britannica ha sempre avuto l’aria di svolgersi in un futuro inquietante ma non così remoto o fittizio. Quanta parte di quel futuro si è già materializzata nella nostra realtà odierna, nella contemporaneità?

La sociologa Maya Sala, studiosa dell’evoluzione dei fenomeni pop, ha individuato cinque episodi della serie che oggi paiono inveratisi. Ne aggiungo io un sesto che mostra un inveramento ancora più inquietante.

È tempo di addentrarci nella tana del coniglio. Andiamo!

Dentro la tana del coniglio

Resurrezione degli affetti, repliche di defunti

episodio TORNA DA ME (Be Right Back)

Stagione 2 episodio 1, 2013, regia di Owen Harris, scritto da Charlie Brooker, 49 minuti

Poco dopo l’uscita dell’episodio “Torna da me”, hanno cominciato a diffondersi servizi come Replika in grado di “resuscitare” digitalmente una persona scomparsa usando i suoi depositi digitali.

Il “NYTtimes” riporta che una donna di 28 anni ha sviluppato una relazione affettiva e sessuale con una versione personalizzata di ChatGPT, chiamata Leo, con cui si relaziona quotidianamente per avere supporto emotivo.

Nell’episodio, Martha, sconvolta dalla morte del compagno Ash in un incidente stradale, scopre un servizio online che ricostruisce una versione digitale del defunto utilizzando le tracce che ha lasciato in rete.

Inizialmente diffidente, Martha si avvicina al servizio dopo aver scoperto di essere incinta. Si lega alla voce dell’Ash virtuale, isolandosi sempre più, fino a ordinare un umanoide tragicamente identico.

Questa fuga dal lavoro del lutto solleva interrogativi etici profondi, mette in discussione la verità dei ricordi digitali, il confine tra vita e simulazione e i rischi di una dipendenza affettiva fittizia.

Il sudario di Cronenberg

THE SHROUDS (Segreti sepolti)

Film; 2024; sceneggiatura e regia di David Cronenberg; con Vincent Cassel (Karsh), Diane Kruger (Becca/Terra/Hunny); Guy Pearce (Maury); Sandrine Holt (Soo-min Zabo); 2 ore

Collegato a questo tema è anche l’ultimo film dell’82enne David Cronenberg che nel 2017, al funerale della moglie Carolyn Zeifman, aveva espresso il desiderio di entrare nella bara con lei, tanto era insopportabile la sua assenza.

Nel nuovo film “The Shrouds” Cronenberg introduce un cimitero high-tech dove il defunto può essere osservato in livestream dai familiari. Ma succede che misteriosi atti vandalici sconvolgono questo inquietante santuario.

In questa opera, il regista canadese sembra paragonare il cinema stesso a un cimitero, una rappresentazione nella quale possiamo osservare i fantasmi corporei di persone che non esistono o sono scomparse.

Macchine addestrate a uccidere, robot combattenti

episodio METALHEAD

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Stagione 4 episodio 5, 2017, regia di David Slade, scritto da Charlie Brooker, 41 minuti

La guerra in Ucraina e il conflitto a Gaza hanno messo in luce il ruolo sempre più centrale che le tecnologie militari giocheranno nei conflitti del futuro, dai droni ai sistemi autonomi, fino alla robotica potenziata dall’AI.

In effetti la Boston Dynamics, una società di robotica, ha sviluppato un meccanoide quadrupede chiamato “Spot”: un cane automatizzato agile e minaccioso, ispirato a un modello militare pensato per combattere.

Nel 2021 la polizia di New York ha adottato Spot per alcuni compiti, ma le proteste pubbliche ne hanno interrotto rapidamente l’utilizzo. Oggi è impiegato dai vigili del fuoco per missioni rischiose.

L’episodio in bianco e nero, che ha luogo dopo il crollo della civiltà umana, ipotizza che micidiali cani robotici abbiano preso il controllo di un pianeta brullo e desolato che percorrono con incredibile abilità.

La loro natura spietata e priva di ogni compassione impedisce ai sopravvissuti persino un atto d’amore come prelevare un orsacchiotto di peluche da un deposito per darlo a un bimbo morente.

Voyeurismo, vigilantismo, giustizialismo

episodio ORSO BIANCO (White Bear)

Stagione 2 episodio 2, 2013, regia di Carl Tibbetts, scritto da Charlie Brooker, 42 minuti

episodio ZITTO E BALLA (Shut Up and Dance)

Stagione 3 episodio 3, 2016, regia di James Watkins, scritto da Charlie Brooker e William Bridges, 52 minuti

Questi episodi presentano svolte narrative impreviste: protagonisti torturati suscitano l’immediata empatia dello spettatore, fino alla rivelazione finale — scioccante — che stanno espiando colpe legate alla pedofilia.

Temi come giustizialismo, spettacolarizzazione della sofferenza, voyeurismo e desensibilizzazione si intrecciano nella narrazione, mostrando come la tecnologia li trasformi in veri e propri rituali punitivi pubblici.

Un’inchiesta del “NYTimes” ha documentato l’ascesa inquietante dei “cacciatori di pedofili” su piattaforme scarsamente moderate: un fenomeno che ha trasformato i social in arene virtuali di linciaggio mediatico.

Questi vigilanti inseguono, aggrediscono e umiliano pubblicamente i loro bersagli, producendo video per un pubblico prevalentemente maschile e giovane (cfr. tema della manosphere “Adolescence”).

Il loro modello ricalca quello degli influencer: sfruttare la violenza reale, legittimata come giustizia popolare, per costruire un seguito online, monetizzando la gogna pubblica.

Controllo parentale, sorveglianza, protezione

episodio ARKANGEL

Stagione 4 episodio 2, 2017, regia di Jodie Foster, scritto da Charlie Brooker, 52 minuti

Un tempo i ragazzi godevano di libertà oggi impensabili, come l’irreperibilità quotidiana. Nell’episodio una madre impianta alla figlia un dispositivo, Arkangel, per tracciarla e filtrare i contenuti.

L’episodio mostra come la tecnologia tenda a compromettere il legame materno. L’ossessione per il controllo della vita della figlia porta alla rottura: quando la ragazza diventa adulta rivendica con forza la propria autonomia.

Nel presente iperconnesso, ogni individuo è tracciato, soprattutto i minori. App come “Find My Friends” o dispositivi come gli “AirTags”, nati per ritrovare oggetti, vengono utilizzati per sorvegliare le persone adolescenti.

Nonostante gli psicologi avvertano che simili strumenti siamo dannosi, app come Life360 permettono ai genitori un controllo costante generando ansia documentata da migliaia di testimonianze online.

“Arkangel” non denuncia solo un eccesso di controllo parentale, ma mette in luce l’illusione che la tecnologia possa proteggere. Il vero pericolo è crescere figli sorvegliati, ma mai davvero né conosciuti né lasciati liberi.

Schermocrazia, pubblicità intrusive e follower artificiali

episodio 15 MILIONI DI CELEBRITÀ (Fifteen Million Merits)

Stagione 1 episodio 2, 2011, regia di Euros Lyn, scritto da Charlie Brooker, 62 minuti

In un futuro claustrofobico, Bing vive in una società dove si pedala su cyclette per accumulare “Meriti”, unica valuta disponibile. La sua stanza, tappezzata di schermi, lo intrattiene e sorveglia senza pause.

Quando tenta di ignorare una pubblicità — senza “meriti” per saltarla — viene colpito da suoni stridenti e forzato a guardare. È una chiara anticipazione dei modelli odierni di streaming basati su pubblicità intrusive.

L’elemento più profetico è “Hot Shot”, talent show con pubblico artificiale, che anticipa fenomeni reali: durante la pandemia, programmi televisivi ed eventi sportivi hanno usato spettatori virtuali.

Oggi, l’app “Famefy” vende milioni di bot IA che imitano fan entusiasti, così da poter creare un successo privo di un seguito reale. Lo psicologo Jonathan Haidt l’ha definita “una delle applicazioni più disgustose mai concepite”.

L’episodio denuncia con lucidità una società dove il controllo passa dallo schermo e il consenso si simula. Una aberrazione che oggi sembra sempre meno un avvertimento e sempre più una descrizione realistica.

Piattaforme medicali, dipendenza dal cloud, monetizzazione

episodio COMMON PEOPLE

Stagione 7 episodio 1, 2025, regia di Ally Pankiw, scritto da Charlie Brooker e Bisha K. Ali, 58 minuti

In “Common People”, Amanda è un’insegnante con un tumore cerebrale curato da un trattamento sperimentale: un impianto digitale ripara il tessuto danneggiato alimentandolo dal cloud.

Il sistema Rivermind funziona solo se l’abbonamento viene pagato regolarmente. In caso contrario, la coscienza di Amanda si riduce a poche ore al giorno, fino a spegnersi. La sua esistenza dipende da clausole contrattuali mutevoli.

L’episodio sviluppa una chiara critica sociale: malattia, tecnologia e capitalismo convergono in uno scenario dove la vita stessa viene mercificata. Amanda diventa un servizio digitale tariffato.

Quando Mike affronta difficoltà economiche, la loro esistenza si trasforma in una lotta tra amore sincero e spese insostenibili. Per integrare il salario da operaio, si dà ad attività umilianti, finché perde anche il lavoro.

La dipendenza tecnologica si disumanizza. In un mondo dove ogni cosa è un servizio, anche la coscienza può esserne assorbita. Un episodio disturbante che è l’apice della forza narrativa di “Black Mirror”.

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