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Banda ultra larga, Open Fiber: “Interessate 15 banche”

Lo scontro sulla banda ultralarga è ancora in sottofondo ma Tommaso Pompei, numero uno di Open Fiber, va dritto per la sua strada:  “Siamo in contatto con 15 banche che volevano intervenire in questa operazione. Si tratta delle maggiori banche americane, europee e italiane” afferma il manager in commissione Industria al Senato dove sono in corso le audizioni sul Piano Bul, il progetto di infrastrutturazione in fibra ottica, il lanciato dal governo, grazie al quale arriverà la banda a 100 Mega nelle aree “bianche”, quelle dove nessun operatore inizialmente voleva investire perché considerate non di mercato. Si tratta di un project financing di 3 miliardi, finanziati dallo Stato per ridurre il gap che separa l’Italia dal resto d’Europa. La prima gara è stata vinta da Open Fiber (50% Enel e 50% Cassa Depositi) e la seconda gara anche. A nessuna delle due gare si sono presentati né Tim né Fastweb mentre Vodafone e Wind3 hanno scelto la partnership con Open Fiber. Ora Tim vuole concorrere in modo autonomo anche nelle aree bianche che aveva disdegnato inizialmente, con il rischio di compromettere la redditività dell’intervento pubblico e duplicando così la rete in quelle stesse aree. Da qui la polemica dei giorni scorsi tra il governo e l’Ad dell’azienda ex monopolista, Flavio Cattaneo che ha confermato: “A febbraio 2018 ci saranno due linee”.

Si è persino scritto che le stesse banche fossero più caute ora nella concessione dei prestiti a Open Fiber. Ma l’Ad Pompei ha precisato in Senato: “Stiamo ragionando con 15 banche” e ha ricordato che il piano “è stato approvato ad aprile”, aggiungendo che per concludere l’iter di un project financing di quella entità – 3 miliardi complessivamente – “solitamente ci vuole un anno, in questo caso ci metteremo di meno, spero che riusciremo a concluderlo entro fine anno, nel frattempo sono disponibili a finanziare anche in anticipo”. Proprio in queste ore, infatti, l’azienda sta per ricevere un prestito ponte di 500 milioni per la posa della rete, sottoscritto da Unicredit, Société Générale e Bnp Paribas secondo quanto ha anticipato Reuters.

La partita, dunque, è lontana dall’essere chiusa. Per la terza gara  il governo riaprirà le consultazioni e ciò potrebbe segnare un punto d’incontro. Intanto però Open Fiber porterà la fibra direttamente nelle abitazioni (Ftth) mentre Tim arriverà alla cabina sulla strada (Fttc), proseguendo poi con il doppino in rame di cui è la sola proprietaria. Non è affatto la stessa cosa poiché la tecnologia Fttc è meno costosa e garantisce una connessione meno veloce e meno stabile di quella Ftth. Ma questo è un dettaglio al quale nessuno, non si capisce come mai, sembra prestare attenzione.

La lacuna è stata colmata oggi da Franco Bassanini, presidente di Open Fiber: “In Francia si può dire ‘porto la fibra’ se si arriva nelle case, se no si tratta di una rete ‘mista’, poiché le prestazioni sono diverse. Sarebbe giusto e utile che fosse previsto come in altri Paesi che si debba dire al consumatore esattamente cosa si porta”. Bassanini, ascoltato in Senato ritiene perciò che sarebbe “utile un chiarimento” da parte del “decisore politico. In altri Paesi è stabilito in maniera esplicita che per la fibra vale quello che vale per altri prodotti, non posso dire che è olio di oliva se non lo è del tutto”

“Noi diciamo chiaramente – ha rilevato – che portiamo la fibra al 100% del territorio che colleghiamo nelle aree nera e grigia, in quelle bianche arriva nelle case a quasi il 90%, comprese quelle sparse, e il resto è collegato con sistemi wireless che garantiscono più o meno lo stesso risultato. Altri nostri concorrenti mettono insieme la fibra all’armadio e poi il rame, la fibra a distribution point e in qualche raro caso la fibra ultralarga. In una definizione generale di banda ultralarga” per cui “sarebbe utile che si debba essere precisi e che non si debbano dare messaggi ingannevoli al pubblico”.

(aggiornato alle 13,10 di giovedì 22 giugno)

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