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Banche e Borse in tensione nella settimana del rialzo dei tassi Usa. Scontro in Telecom

Avvisaglie di tempesta sui mercati salutano l’avvio della settimana del rialzo dei tassi americani. Scendono i listini azionari, a partire dal Giappone. A metà seduta l’indice Nikkei lascia sul terreno il 2,5%, nonostante le buone notizie in arrivo dall’indice Tankan, termometro della fiducia delle imprese. Ma si allontana la prospettiva di un intervento della Banca centrale in occasione del meeting di venerdì. 

Anche Sidney finisce sotto del 2%. In ribasso anche Hong Kong (-1,4%) su cui pesa tra l’altro il merger tra le principali società di trasporto marittimo di Pechino: le azioni delle quattro società coinvolte perdono oltre il 20%.

E’ rientrato intanto il giallo di Guo Guangchan, il Warren Buffet cinese. Il tycoon scomparso venerdì è ricomparso stamane in una riunione dei dipendenti. In questi giorni Guo ha “collaborato” con le autorità su vari fronti giudiziari. I titoli della sua società, la Fosun International, sospesi venerdì, hanno aperto in ribasso del 18% per poi risalire a -10%.

EFFETTO FED: PECHINO SVALUTA LO YUAN

MILANO RIDUCE I GUADAGNI 2015 AL 10,5%

I mercati si posizionano così in vista dell’annuncio che arriverà poco prima delle 20 di mercoledì 16, ora della storica conferenza stampa del presidente della Fed Janet Yellen, cui toccherà l’onore d’illustrare la strategia della Banca centrale americana alla base del primo aumento dei tassi Usa dal 2006. 

La prima reazione arriva dalla Cina. Continua infatti la discesa dello yuan, fissato a 6,3550 (-0,21%) ai minimi sul dollaro dal 2010. La politica valutaria di Pechino, si legge in una nota della Banca centrale, d’ora in poi guarderà ad un paniere di valute di riferimento e non solo al dollaro.

La moneta Usa tratta stamane a quota 1,1095 sull’euro. Vacillano già le valute emergenti, anche se recupera (+3,6%) il rand sudafricano stamane, dopo il crollo di venerdì. Ai minimi anche i pesos di Colombia e Messico.

Sempre più debole il petrolio: 37,60 dollari il Brent, mentre il Wti scivola a 35,39, la quotazione più bassa dal febbraio 2009. Entrambe le tipologie di greggio hanno perso in settimana il 10% e sono finite a quotazioni che non toccavano dal gennaio 2009. L’Agenzia Internazionale per l’Energia prevede che il greggio potrà risalire a 80 dollari solo nel 2020.

I listini azionari ripartono dopo una settimana difficile. A New York l’indice Standard &Poor’s è arretrato del 3,5%, la peggior performance dal 21 agosto scorso. Il Dow Jones è sceso del 3,3 %, il Nasdaq del 4,1%. E’ andata male anche per il Vecchio Continente: l’indice complessivo delle Borse europee Stoxx600 è sceso del 4% e il guadagno da inizio anno si è ridotto a +3,8%. 

A Milano l’indice FtseMib ha perso in cinque sedute il 4,5% (venerdì -1,8%), riducendo la performance da inizio anno a +10,5%. Solo Atlantia (-0,15%) ha saputo contenere il ribasso sotto l’1%. Oltre al pesante il giudizio del mercato sul comparto bancario, sono finite sotto tiro Stm (-8,2%) che oggi pagherà il dividendo trimestrale (0,1 dollari) e Mediaset (-7,50%).

MPS E POPOLARI, PROVE DI RIPRESA 

Due i temi dominanti della settimana finanziaria italiana, che si annuncia ben poco natalizia: banche, in specie Monte Paschi e Popolari, e Telecom Italia. La partita bancaria è destinata a tener banco anche questa settimana. Si tratta di verificare fino a che punto la risposta dell’esecutivo ai problemi innescati dal decreto salva Banche sarà in grado di ricreare la fiducia nei mercati dopo la bocciatura della settimana scorsa.

Il prezzo più alto l’ha pagato Monte Paschi (-13%), colpita anche dall’uscita di Btg Pactual. Male anche Banco Popolare (-8,3%) e da Bper (-8,2%). Pesa anche il sensibile calo sul mercato del valore delle emissioni dei 79 bond subordinati emessi dalle banche italiane: quattro bond di Mps hanno registrato cali tra il 5,5 ed il 9,7%.

Il fronte più delicato, ancora una volta, resta quello di Siena, impegnata nella caccia, sempre più problematica, di un partner. A complicare la partita contribuisce il valore attribuito ai non performing loans di Banca Marche e degli altri istituti coinvolti nel progetto di salvataggio del Tesoro valutati al 20 per cento del nominale: se le partite incagliate di Mps (47,5 miliardi, 24,3 al netto delle rettifiche) fossero trattati allo stesso modo, emergerebbero nuove pesanti minusvalenze. 

TELECOM ITALIA, BOLLORE’ APRE LE OSTILITA’

L’attenzione di Piazza Affari sarà concentrata anche su Telecom Italia, alla vigilia dell’assemblea di domani che ha ormai assunto il sapore di un passaggio chiave per l’ex incumbent delle tlc italiane. In palio non c’è solo l’ingresso di 4 rappresentanti di Vivendi in consiglio, cui si oppongono i fondi italiani e stranieri su indicazione dei principali proxy fighters, ma il futuro stesso del gruppo. 

Vivendi ha annunciato venerdì sera l’astensione dal voto sulla conversione delle risparmio in ordinarie, scelta che equivale ad un voto contrario. Grave la scelta, ancor più gravi le motivazioni: 1) le condizioni non sono sufficienti, a partire dal conguaglio di 9,5 euro; 2) il mancato rispetto dei diritti dei soci ordinari, sottoposti ad una forte diluizione; 3) una decisione così importante dovrebbe esser presa da un cda che rappresenti “al meglio” l’azionariato. 

Una presa di posizione che ha suscitato l’inevitabile risposta del cda che ha rivendicato la correttezza della decisione presa dai vertici societari assistiti da Citi e da Equita. A questo punto, salvo un improbabile accordo in extremis, domani potrebbe essere bocciata sia la richiesta di Vivendi di entrare nel cda che la conversione delle azioni di risparmio. La conseguenza immediata sarà la corsa a rivendere i titoli di risparmio accumulati in queste settimane (più o meno un miliardo di azioni oggetto di arbitraggi). Inevitabile un violento ribasso dei titoli. 

PININFARINA INDIANA, MARCHIONNE FRENA SU GM

Settimana di novità anche per l’automotive. In Italia sarà finalmente siglato l’accordo per la cessione della Pininfarina al gruppo indiano Mahindra che investirà 150 milioni di euro per rifinanziare il debito e investimenti freschi. 

Si attende intanto il giudizio dei mercati sull’accordo raggiunto venerdì su Renault-Nissan. I soci giapponesi hanno accettato che Parigi aumenti, grazie alla legge Fleurange, la sua influenza su Renault. Ma i giapponesi hanno ottenuto la garanzia che i diritti francesi su Nissan possono decadere nel caso Renault superi il 25% dei voti in Nissan. Inoltre, Parigi rinuncia ad esercitare i suoi diritti nelle decisioni “non strategiche” del partner giapponese.

Sergio Marchionne, in occasione della consegna del premio a “torinese dell’anno” a Gianluigi Gabetti (“l’amico più vicino che ho nonostante la differenza d’età”) ha ribadito il panorama delle quattro ruote non potrà che prevedere la realizzazione di fusioni, che vedranno Fca protagonista ma senza forzare i piani degli altri con espansioni ostili. Per ora, ha aggiunto, l’obiettivo è di “portare il piano avanti, azzeccare tutti i target 2018 che rimangono invariati nonostante la scissione di Ferrari”.

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