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500 anni del Ghetto di Venezia, Peggy Guggenheim in 20 scatti

Raramente la collezionista americana è stata soggetto di dipinti, sono invece numerose le immagini fotografiche che la ritraggono: figura cardine nella storia dell’arte del XX secolo, tra coloro che immortalarono Peggy durante l’arco della sua vita, e oggi in mostra all’Ikona Gallery, Rogi André, Berenice Abbott, Roloff Beny, Gianni Berengo Gardin, Gisèle Freund, Dino Jarach, Ida Kar, George Karger, André Kertész, Hermann Landshoff, Man Ray, Robert E. Mates, Nino Migliori e Stefan Moses.

“L’idea della mostra”, spiega la curatrice Živa Kraus, “è legata al programma dei 500 anni dalla nascita del Ghetto di Venezia, nel 1516. Il termine ‘ghetto’ affonda la propria etimologia nel vocabolario stesso veneziano (da ghèto, fonderia su un’isoletta dove nel XVI secolo furono confinati gli ebrei) e la parola è, a priori, sinonimo di diaspora e di ebraismo. In tal senso la storia stessa della famiglia Guggenheim è una storia di diaspora: ebrei, originari della Svizzera, di Aargau-er Surbtal, emigrano nel 1847 in America. Qui nascerà Benjamin Guggenheim, fratello del celebre Solomon, e padre di Peggy. Anche Peggy visse un’esistenza segnata da un perpetuo spostamento, da un continuo viaggiare, tra America ed Europa, da Parigi, a Londra, a New York, a Venezia”.  E così le 21 immagini in mostra ripercorrono le tappe salienti di questa sua vita unica e straordinaria di donna determinata e collezionista lungimirante, sempre aperta al mondo, una donna rivoluzionaria che non solo andò contro le convenzioni sociali borghesi, ma le scardinò, una donna che con le sue scelte ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte del Novecento.  

L’esposizione si apre con il celebre ritratto di Man Ray (1890 – 1976) del 1925, in cui Peggy posa avvolta in un elegante abito di Paul Poiret: lei guarda direttamente in camera, con complicità, sicurezza e chiarezza. Epoca e tempo sono qui perfettamente definiti. Del 1927 è poi lo scatto di Berenice Abbott (1898 – 1991), che raffigura la mecenate nel pieno della sua giovinezza, lasciando trasparire la semplicità del suo carattere vivo e pensante. Se la foto di Man Ray, dal retrogusto déco, definisce da dove viene Peggy, quella della Abbott definisce chi è Peggy. E a delineare con la propria immagine “la gallerista” Peggy Guggenheim è Gisèle Freund (1908 – 2000) che la fotografa insieme al critico, amico e consigliere, Herbert Read nel suo appartamento a Londra, nel 1939. Alle loro spalle Il sole nel suo portagioie di Yves Tanguy, artista surrealista collezionato da Peggy. Da Londra a Parigi: eccola in un vestito dal sapore “futurista” di Elsa Schiaparelli ritratta da Rogi André (1905 – 1970) nell’appartamento parigino della pittrice e poetessa statunitense Kay Sage, nel 1940. Siamo allo scoppiare della seconda guerra mondiale, Peggy si trova a Marsiglia, dove sostiene finanziariamente il Comitato di Liberazione Clandestino di Varian Fry, intellettuale e giornalista statunitense, che aiuta diversi artisti, molti dei quali di origine ebraica, a fuggire in America. Anche la mecenate è costretta a tornare negli Stati Uniti, nel luglio del 1941, con l’ex-marito Laurence Vail, e Max Ernst, che di lì a poco diventerà suo secondo marito. Scatto emblematico che testimonia la presenza di questi artisti europei a New York, molti dei quali amici di Peggy, è quello di Hermann Landshoff (1905 – 1986) del 1942 dove vediamo la collezionista nel suo appartamento newyorkese insieme a Leonora Carrington, Frederick Kiesler, Kurt Seligmann, Max Ernst, André Breton, Fernand Léger, Marcel Duchamp. Di questo stesso periodo le immagini, sempre della Abbott, degli spazi di Art of This Century, la galleria-museo che Peggy apre nel 1942 a New York sulla 57° strada, creata dall’architetto di origini austriaco-rumeno Kiesler. Qui espone la sua collezione d’arte cubista, astratta e surrealista, e organizza anche mostre temporanee dei più importanti artisti europei e di vari artisti americani, emergenti, che diventeranno di lì a poco i rappresentanti dell’Espressionismo astratto, quali Robert Motherwell, William Baziotes, Mark Rothko, David Hare, Richard Pousette-Dart, Robert De Niro Sr., Clyfford Still, e Jackson Pollock a cui dedica la prima personale nel 1943. Immancabile in mostra il celebre scatto di George Karger (1902-1973) con Peggy e Pollock nell’appartamento della mecenate davanti al monumentale Murale commissionato all’artista nel 1943 e oggi proprietà dell’University of Iowa Museum of Art.

E poi il ritorno in Europa, la scelta di Venezia, la sua partecipazione, nel 1948, alla prima Biennale di Venezia del dopoguerra. Diverse le immagini in cui Peggy è intenta ad allestire la sua collezione all’interno degli spazi del Padiglione Greco, L’anno successivo acquista Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, dove si trasferisce dal 1949, e con una mostra di sculture apre la sua dimora a veneziani e turisti. Memorabili alcuni suoi ritratti a palazzo: raggiante nell’abito di Mariano Fortuny nella foto Ida Kar (1908 – 1974) sulla terrazza Marino Marini, celebri le immagini di due grandi autori italiani Nino Migliori (1926) e Gianni Berengo Gardin (1930), e ancora l’amico Roloff Beny (1924 – 1984) che la ritrae insieme a Monument symbolisant la libération de l’esprit di Antoine Pevsner, presso il padiglione francese alla Biennale del 1958. Durante i trent’anni trascorsi a Venezia, Peggy continua a collezionare opere d’arte, a condividere il suo straordinario patrimonio con il pubblico e ad appoggiare artisti come Edmondo Bacci e Tancredi Parmeggiani, con i quali la troviamo in uno scatto nel suo giardino veneziano.

Talento, audacia, ma anche femminilità. Caratteristiche che hanno delineato la figura di Peggy Guggenheim e che emergono chiare e forti dagli scatti in mostra, “una mostra” sottolinea la curatrice Živa Kraus, “che vuole essere un ricordo e un omaggio a quella collezionista, di cui ogni gesto è stato un gesto d’arte per il XX secolo”.

Con alle spalle oltre trent’anni di attività, Ikona Photo Gallery viene fondata nel 1979 a Venezia, presso il ponte di San Moisè, dall’artista e gallerista Živa Kraus, che tutt’ora la dirige. Dal 1989 Ikona Venezia è anche Scuola Internazionale di Fotografia. Ha realizzato progetti in diverse altre sedi della città, sempre prestigiose, fino ad arrivare, nel 2003, a quella attuale, nel Campo del Ghetto Nuovo. Nelle sue sale ha visto passare, nel corso del tempo, i più grandi rappresentanti della fotografia mondiale, da Berenice Abbott, a Gabriele Basilico, Antonio e Felice Beato, John Batho, Bruce Davidson, Adolphe de Meyer, Robert Doisneau, Giorgia Fiorio, Franco Fontana, Martine Franck, Chuck Freedman, Gisèle Freund, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Erich Hartmann, William Klein, Helen Levitt, Lisette Model, Paolo Monti, Barbara Morgan, Carlo Naya, Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Rosalind Solomon.

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