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Wall Street come alla corsa dei tori a Pamplona: euforia, dazi e nuovi equilibri. Paura o avidità nel 2025?

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I rialzi fino a nuovi massimi di Wall Street la scorsa settimana, hanno innescato una potente iniezione di fiducia sui mercati e di propensione al rischio, mettendo anche a parte anche le incertezze legate ai dazi che pare il mercato abbia già metabolizzato.

Un indice in particolare mette in evidenza questo andamento: si tratta del Fear & Greed Index (Indice di Paura e Avidità) che misura il sentiment del mercato e cerca di capire se il mercato è in una fase di “paura” (tendenza alla vendita) o “avidità” (tendenza all’acquisto). L’indice, sviluppato da Cnn Business e da altre piattaforme come Alternative.me, combina diversi dati per calcolare un punteggio che varia da 0 a 100, dove 0 indica paura estrema, suggerendo che il mercato potrebbe essere ipervenduto e che potrebbero esserci opportunità di acquisto e 100 indica avidità estrema, suggerendo che il mercato potrebbe essere ipercomprato e che potrebbe esserci una correzione imminente.

Wall Street come alla corsa dei tori a Pamplona

Oggi, per la prima volta nel 2025, l’indice si è posizionato nel territorio cosiddetto “Extreme Greed”. “La settimana si apre là dove avevamo chiuso venerdì scorso: con l’avidità tornata protagonista sui mercati. Il Fear & Greed Index ha toccato quota 78, segnando per la prima volta nel 2025 l’ingresso in territorio di “Extreme Greed” osserva Gabriel Debach, market analista di eToro. “Un segnale che non sorprende, ma che conferma il cambio di clima registrato da aprile in avanti: l’euforia ha preso il posto della prudenza, il momentum ha soppiantato l’inerzia”.

Wall Street: paura o avidità nel 2025?

E proprio mentre a Pamplona questa settimana prende il via la tradizionale corsa dei tori per la festa di San Fermín, i mercati sembrano vivere la loro personale fiesta. “Un bull market lanciato in pieno sprint, gambe in avanti, testa bassa e nessuna voglia di voltarsi indietro” dice Debach. “L’avidità guida il gruppo, la paura resta indietro. Ma come nella corsa navarra, anche in Borsa vale la stessa logica: più lunga è la spinta, più stretti diventano gli spazi. Non serve una caduta per cambiare il ritmo. A volte basta una curva, un respiro, una pausa. È nella velocità della corsa che si nasconde il primo segnale di stanchezza. Ma lo si nota sempre dopo, mai mentre si corre”.

Eppure, il 2025 finora non è stato un monolite. “È stato un anno a due facce” dice Debach. Lo mostra con chiarezza l’andamento del rapporto tra S&P 500 e Stoxx 600: dieci settimane consecutive di debolezza per Wall Street tra gennaio e fine marzo, seguite da sette settimane di rimbalzo ininterrotto. Il dato chiave è che il rapporto ha recuperato interamente il terreno perso nei tre mesi precedenti. Non è una simmetria, è una dimostrazione di forza. Per annullare una perdita dell’11% è servito un rialzo del 16%.

Quel rimbalzo, non a caso, è partito nella settimana del 9 aprile: il giorno in cui la Casa Bianca annunciò una sospensione di 90 giorni sui nuovi dazi. Una tregua commerciale che ha segnato l’inizio del rally americano, e che si chiude proprio questa settimana. Non è solo un dettaglio cronologico. È un promemoria. Perché mentre gli indici statunitensi aggiornano massimi storici e il sentiment sconfina nell’euforia, torna al centro del radar una delle variabili più sensibili per i mercati: la politica commerciale.

Lo stesso rally dell’S&P 500, nato da uno shock emotivo e alimentato dal riposizionamento, è già tra i più rapidi ritorni ai massimi storici degli ultimi cinquant’anni. Più veloce del 2019, più ordinato del 2020, più diretto del 1991. Ma è proprio nei momenti di entusiasmo che il mercato diventa più esigente. La fiducia è alta, il posizionamento aggressivo. Ma anche l’indulgenza è sempre più bassa, conclude l’analista.

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