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Vicenza, alle Gallerie d’Italia la mostra “Kandinskij, Goncarova, Chagall. Sacro e bellezza nell’arte russa”

Banca intesa

Fino al 26 gennaio 2020 alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, la mostra “Kandinskij, Goncarova, Chagall. Sacro e bellezza nell’arte russa”: appuntamento per celebrare i vent’anni di attività della sede museale vicentina che ospita la collezione di antiche icone russe della Banca.

L’esposizione è curata da Silvia Burini, Giuseppe Barbieri e Alessia Cavallaro in un organico rapporto di collaborazione con il Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Esposte 19 icone russe, appartenenti alla collezione Intesa Sanpaolo, poste a confronto con una sceltissima sequenza di 45 opere, molte delle quali mai viste in Italia, realizzate tra la fine del XIX e i primi decenni del XX sec., provenienti per la maggior parte dal più importante museo di arte russa di Mosca, la Galleria Tret’jakov, e inoltre dai musei di Yaroslav, Astrakhan, dal MMOMA e dal Museo dello Spettacolo Bakhrushin di Mosca, nonché dal Musée National Marc Chagall di Nizza e dal Museum of Modern Art Costakis Collection di Salonicco.

La mostra esplora il rilievo del tema del sacro nell’arte russa dall’ultimo scorcio dell’Ottocento per concentrarsi sulle principali figure – come Kandinskij, Natalia Goncarova e Chagall, ma anche Petrov-Vodkin, Malevic e Filonov – che hanno rivelato, più di altri esponenti dell’Avanguardia, la profonda affinità tra la concezione filosofico-teologica dell’icona e le ricerche spirituali ed estetiche degli esponenti dell’Avanguardia.

L’attenzione del mondo artistico russo per la secolare tradizione delle icone esplode nel secondo decennio del XX secolo, ma anche in precedenza autorevoli rappresentanti di fine Ottocento avevano mostrato un crescente interesse per l’arte sacra: è il caso dei protagonisti più influenti dell’Art Nouveau – come Ivanov, Vrubel’, Vasnecov, Nesterov, tutti presenti in mostra –, che si cimentano con soggetti sacri, cristiani e pagani, senza però collegarsi direttamente alla tradizione più antica. Assai più stringente è invece il rapporto con le icone che s’instaura pochi anni dopo, con l’Avanguardia. Anche se i temi non sono esplicitamente religiosi e le opere non finalizzate al culto, come del resto avveniva anche con i pittori di fine secolo (che spesso usano quei soggetti in funzione anti-ecclesiastica), la presenza risonante della matrice iconica nel contesto delle  Avanguardie risulta molto più marcata.

L’Avanguardia di inizio Novecento mira a scardinare una pittura intesa come illusoria rappresentazione del visibile e trova proprio nella pittura di icone un valido aggancio. Sebbene al suo interno ci siano state correnti, come il Futurismo e il Costruttivismo, che si contrapposero all’intima essenza dell’icona, altri protagonisti, come Kandinskij, Chagall, Goncarova o Malevic, hanno rivelato le profonde affinità con le ricerche spirituali ed estetiche dell’Avanguardia.

Per il popolo russo, la percezione della natura in termini visual-pittorici non è da considerarsi come una semplice esperienza estetica. Piuttosto – come Kandinskij ripete continuamente – è una sorta di “necessità interiore” che deriva dal bisogno di sperimentare l’invisibile (nevidimoe), in modo totalmente naturale, nel quotidiano (byt). L’icona viene assunta come fondamento e garanzia di questo approccio, come efficace espressione dell’invisibile nell’arte pittorica. Kandinskij è il primo a lasciare dietro di sé il figurativismo per entrare in un mondo di astrazioni. Natal’ja Goncarova utilizza le immagini bibliche, dalla Genesiall’Apocalisse, per comunicarci l’avvicinarsi dell’ora del Giudizio. A differenza di Kandinskij, rivela con un figurativismo essenziale l’umanità profonda, senza oscurarla nell’astrazione. Coglie i mali del mondo nella secolarizzazione, l’industrializzazione, l’urbanizzazione, rivelandoli come fattori che cercano di ridurre al minimo la ricchezza della cultura russa e dei suoi popoli. Nell’incontro con Larionov e Goncarova e la loro pittura primitiva, con chiari rimandi all’icona, anche Malevic si apre a una pittura non-figurativa, che esplora gli spazi del «niente», liberati da ogni figurativismo. E in Chagall possiamo scoprire un’ulteriore dimensione dell’influenza del Sacro nella pittura russa dei primi decenni del XX secolo, quella di un misticismo quotidiano («Io sono un mistico. Non vado in chiesa o in sinagoga. Per me lavorare è pregare») che, a partire nel suo caso soprattutto dalla lettura del testo biblico, sa dare vita a un universo visivo di straordinaria suggestione: «Mi è sempre sembrato e mi sembra tuttora – osserva il pittore – che la Bibbia sia la principale fonte di poesia di tutti i tempi».

La mostra vuole presentare le concrete fasi di questo processo di scoperta e di espressione della “vera bellezza” quella che, anziché arrestarci al mondo dell’oggetto, può condurci a un aldilà rispetto a esso. Nello stesso tempo si dà modo al visitatore di confrontare la propria esperienza con la profondità dei valori e delle forme di questa fase densissima dell’arte del primo Novecento.

Giovanni Bazoli, Presidente emerito di Intesa Sanpaolo, afferma: «Nella sontuosa dimora barocca di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza nasceva nel 1999 la prima sede delle Gallerie d’Italia, subito identificata come “casa delle icone” perché, nell’ambito del grande progetto di valorizzazione delle collezioni d’arte di proprietà della Banca, essa fu destinata a ospitare una delle più importanti raccolte di icone russe presenti in Occidente. A vent’anni dall’inaugurazione di quella esposizione, nell’intento di promuovere una più diffusa conoscenza della nostra collezione, presentiamo oggi una mostra che, grazie a prestiti eccezionalidalla Galleria Tret’jakov di Mosca e da altri musei internazionali, documenta come l’arte moderna russa abbia attinto linfa vitale dalla spiritualità degli antichi modelli iconografici. Le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Vicenza, in occasione del ventesimo compleanno, riaffermano la loro vocazione ad essere un luogo di incontro fra Oriente e Occidente europeo, che porti anche a riconoscere la fecondità delle comuni radici cristiane».

Immagine di copertina:

Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944) – Destino (Muro rosso) 1909, Olio su tela, 84×118 cm – The Astrakhan State Art Gallery n.a. P.M. Dogadina

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