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Vaccini Covid verso la dose unica. Draghi si riprende i poteri

Imagoeconomica

Vaccini, si svolta. L’aumento dei contagi ha costretto il governo a colorare di arancione (tendente al rosso) quasi tutta l’Italia, e anche a ripensare la gestione dell’emergenza e la campagna vaccinale. L’obiettivo del premier Mario Draghi è duplice: accelerare sui vaccini e accentrare la regia anti-Covid a livello nazionale, pur nel rispetto delle competenze sanitarie delle Regioni ma evitando il “far west” di decisioni sparse e soprattutto ridimensionando il ruolo del commissario Domenico Arcuri, il cui mandato scade ad aprile e non è detto che sarà rinnovato. Al suo posto Draghi sta pensando ad un nuovo ruolo di coordinatore dell’emergenza per l’ex capo della Polizia (ed ex capo della Protezione civile) Franco Gabrielli, mentre al neo nominato vertice della Protezione civile, Fabrizio Curcio, andrebbe proprio il compito di cambiare il passo sui vaccini.

Per questo agognato cambio di passo sarà decisivo l’arrivo del quarto vaccino (l’ok dell’Ema è previsto per metà marzo), quello di Johnson & Johnson che è efficace con una sola dose: è proprio il passaggio alla dose unica – anche per gli altri vaccini compreso quello di AstraZeneca, come è stato fatto in Inghilterra – la nuova ipotesi per arrivare a coprire il prima possibile una fetta sufficiente della popolazione. La scelta per ora è stata fatta solo per le persone che hanno già avuto il Covid e sono guarite: per loro, una dose è più che sufficiente. Per AstraZeneca il richiamo ideale è previsto dopo 2-3 mesi, ma in alcuni casi si sta pensando di andare più in là, in modo da raggiungere, intanto, il più persone possibile con la prima dose. L’obiettivo è accelerare, arrivando a immunizzare almeno 300 mila persone al giorno, il che consentirebbe di raggiungere entro giugno 36 milioni di persone, chi con una sola dose chi con due. La soglia dell’immunità di gregge, 42 milioni, sarebbe così ad un passo già ad inizio estate.

Ci saranno i vaccini sufficienti? In teoria sì, visto che in primavera arriva il siero di Johnson & Johnson e soprattutto che tra aprile e giugno, considerando le varie case produttrici, dovrebbero arrivare 64 milioni di dosi, di cui appunto 9 milioni del monodose ultimo arrivato. Quindi al netto dell’effettiva efficacia contro le varianti (e dell’eventualità, sulla quale insiste Matteo Salvini, di utilizzare anche il vaccino russo Sputnik), il piano sembra ben delineato, grazie alla sterzata di Mario Draghi anche in sede europea. Inoltre, in vista per il rush autunnale, entrerà in gioco anche il vaccino prodotto in Italia: proprio in questi giorni è partita, con un po’ di ritardo, la sperimentazione del vaccino ideato dalla Takis di Castel Romano (Roma) e sviluppato in collaborazione con la Rottapharm Biotech di Monza, e tutto lascia pensare che entro il 2021 si aggiungerà al lotto delle opzioni. Serve però un cambio di marcia a livello di cabina di regia, e in questo senso un assist è arrivato dalla Corte Costituzionale, che ha stabilito che la lotta alla pandemia è competenza dello Stato e che quindi bypassare il federalismo sanitario non è affatto anti-costituzionale in questa specifica fase.

Nel frattempo, la Conferenza delle Regioni ha dato un sostanziale via libera al Dpcm che sarà in vigore fino al 6 aprile e che ha imposto nuove limitazioni, in particolare la proroga del divieto di spostamento tra Regioni, di qualsiasi colore esse siano. Le Regioni hanno sottolineato tra le parti positive lo spostamento al lunedì dell’entrata in vigore delle misure e l’istituzione di una cabina per la modifica dei 21 parametri. Tra i miglioramenti chiesti nel parere ci sarebbero la richiesta di una distinzione più puntuale tra attività che rischiano di aumentare la mobilità e altre più compatibili alla lotta al Covid e una maggiore attenzione alla scuola.

L’accentramento della gestione serve per velocizzare la campagna ma anche per riportare un po’ di trasparenza sul sistema sanitario, che in questo anno di emergenza è stato messo sotto pressione e ha risposto al meglio delle sue forze, finendo però vittima o complice di affari opachi: tra sprechi, casi di malasanità, mascherine irregolari e appalti gonfiati, un’inchiesta di Repubblica ha quantificato in 2 miliardi di euro le truffe legate al Covid. In tutta Italia, da Nord a Sud, sono al lavoro una ventina di Procure: si va dai finti reparti Covid negli ospedali, ai tamponi truccati fino agli appalti sulle mascherine, sui quali indaga addirittura l’Anac. Per non parlare del caso delle FFP2 comprate dalla Cina, il 60% delle quali si starebbe rivelando inefficace per proteggere dal contagio. Dopo un anno di enormi sacrifici, dopo decine di migliaia di persone morte e con lo spauracchio di un nuovo lockdown nazionale, gli italiani si meritano risposte.

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Categories: Politica