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Utilities sotto pressione per regolazione, debolezza economica, scenari energetici e frammentazione

Negli ultimi dieci giorni il settore delle utilities è stato soggetto a Piazza Affari a diversi scossoni (-3,67% in una settimana l’indice Ftse Italia All share utilities): il mercato ha venduto in scia alla pubblicazione dei conti e a inizio novembre il sell off è stato innescato da una serie di report delle banche d’affari a seguito della trimestrale di Snam e dopo la delibera dell’Autorità per l’energia, il gas e il settore idrico che ha fissato i nuovi criteri per la remunerazione per gli investimento negli stoccaggi del metano.

L’Autorità per l’Energia ha pubblicato le nuove line guida per la gestione delle attività regolate dello stoccaggio di gas in cui viene ridotto il guadagno sul RAB (Regulated Asset Base) al 6,0% prima delle tasse dal precedente 6,7%. Il regolatore ha utilizzato per le sue elaborazioni un’inflazione dell’1,5%, un valore molto distante dal valore reale. Ecco che gli analisti, che in alcuni passaggi hanno letto una possibile revisione dei meccanismi di calcolo per tutti gli investimenti nelle reti, a questo punto, hanno temuto che anche le successive revisioni del quadro tariffario sarebbero state decise sulla base di un’inflazione dell’1,5%, con effetti molto negativi per gli utili delle utility che operano in questi settori. Un cambio di rotta che ha spaventato e fatto fuggire molti degli investitori istituzionali presenti nell’azionariato delle utilities italiane. A stretto giro è arrivata la precisazione dell’Authority che ha assicurato che procederà alla riforma delle modalità di fissazione del tasso di remunerazione “in relazione alle variabili esposte a fenomeni esogeni al settore regolato”, includendo quindi anche l’inflazione, a differenza di quanto indicato nella delibera 30 ottobre 2014, 531/2014/R/gas. E i titoli sono parzialmente rimbalzato, ma le certezze sulle regole non sono più quelle di prima.

In ogni caso il comparto rimane sotto pressione anche per altri fattori: da un lato le vendite sono riprese in scia alla pubblicazione dei conti (seppur in alcuni casi abbiano battuto le attese) e dopo i risultati deludenti di alcuni colossi (Gdf Suez, Rwe, E.On), dall’altro pesano le attese di un’economia debole, la discesa del prezzo del petrolio e la frammentazione del comparto che impedisce di far emergere tutto il potenziale di crescita.

I RISCHI DI UN’ECONOMIA DEBOLE
A QUANDO LE AGGREGAZIONI?

Un’economia debole e “lo spostamento del settore verso la generazione da energia rinnovabile” stanno deprimendo la redditività delle utility italiane, ha sottolineato una ricerca di Vittoria Ferraris, direttore utilities dell’area Emea di Standard & Poor’s dal titolo “A weak economy and a fragmented market dim profit prospects” presentato in un convegno sul settore a Milano. In questo contesto S&P si aspetta che “i margini delle società che operano nei segmenti liberalizzati dell’industria dell’energia in Italia soffriranno la erosione dei margini più consistente, non per ultimo perché i clienti diventano sempre più sensibili ai prezzi” mentre mostreranno maggiore resistenza quelle che operano nei mercati regolamentati (trasporti e trasmissioni).

Non solo. Il potenziale di crescita delle utilities italiane è frenato ulteriormente dalla frammentazione del mercato. Nel rapporto, S&P ricorda come, fatta eccezione per i big Eni, Enel ed Edison, il mercato sia fatto soprattutto da una moltitudine di piccoli operatori regionali.

Per Ferraris in questo panorama frammentato il consolidamento aiuterebbe a difendere la redditività. Tuttavia, l’avvio di una stagione di risiko è frenata, specialmente nelle multiutility, dalla presenza di azionisti pubblici poco disponibili a farsi da parte, e da uno scarso appetito per le fusioni e le acquisizioni. “E’ un fenomeno di cui si parla da anni – rileva Ferraris – che sembra essere una priorità dell’agenda politica, ma che stenta a mettersi in moto soprattutto per le società che hanno una forte presenza dell’azionista pubblico, in particolare gli enti pubblici locali”.

Da questo punto di vista La legge di Stabilità potrebbe dare una scossa: ha dato il via agli incentivi per le aggregazioni tra ex municipalizzate con l’obiettivo di una drastica riduzione del numero delle società che operano nei servizi pubblici, più volte annunciato dal premier Matteo Renzi. La nuova disposizione consente che la fusione tra municipalizzate possa comportare un allungamento della durata delle concessioni. “Riteniamo che questo articolo 43 debba essere visto come un primo passo nella giusta direzione che è la riduzione nel numero delle multiutility per ridurre i costi complessivi aumentando la qualità del servizio” sottolinea Mediobanca Securities che vede Hera e Acea come prime protagoniste di un’eventuale consolidamento e attende il dettaglio delle misure governative entro fine anno.

Le prospettive del settore per S&P “sono caratterizzate da poca visibilità, perché si allontana la prospettiva di una crescita sostenibile, abbiamo una certa incertezza sul trend dei prezzi, sia sul fronte del gas che dell’elettricità. E c’è sempre la possibilità che si riacutizzino rischi geopolitici, che per il nostro mercato, fortemente dipendente dall’importazione di gas da fonti extraeuropee, è un fatto che può generare instabilità”.

Nel complesso il comparto ha resistito bene alla crisi ed  è solido nel confronto europeo. Il settore delle utilities in Italia, spiega S&P, genera “il 35% delle emissioni corporate in Italia e conservano un potenziale di generazione di cassa molto importante. Ha dato prova di eccezionale resistenza alla crisi che si è manifestata dal 2009 fino ad oggi”.
Se S&P ricorda inoltre che negli ultimi cinque anni i downgrade hanno superato le promozioni, riflettendo il peggioramento del giudizio sul debito italiano e delle condizioni del mercato in merito al credito delle utilities, i giudizi sono nel complesso solidamente nella fascia ‘BBB’ e reggono bene nel confronto con il resto del comparto europeo. Gli outlook sono per lo più stabili: le utilities italiane hanno dimostrato di essere in grado di avere una certa forza nei parametri legati al credito, in quello che è considerato un contesto impegnativo.

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Categories: Economia e Imprese