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Usa-Cina vicini a intesa per accelerare l’export di terre rare. E il rame continua il rally: ecco perché

Imagoeconomica

Sono sempre più vicini gli accordi tra Cina e Stati Uniti per dirimere l’intricata matassa dei dazi, con un’attenzione particolare per il settore delle terre rare, l’asso nella manica di Pechino. Via via emergono nuovi dettagli dell’accordo.

Stamane la Cina ha confermato che ci sono stati avanzamenti nel quadro commerciale che sta stilando con Washington, riecheggiando i precedenti commenti del Segretario al Commercio statunitense Howard Lutnick. I funzionari di entrambi i Paesi hanno mantenuto stretti contatti dopo i colloqui commerciali svoltisi a Londra all’inizio di questo mese, ha detto oggi un portavoce del Ministero del Commercio cinese in una nota.

“Negli ultimi giorni, dopo l’approvazione, entrambe le parti hanno ulteriormente confermato i dettagli del quadro normativo”, ha dichiarato la fonte. “La parte cinese esaminerà e approverà le domande ammissibili per l’esportazione di prodotti controllati in conformità con la legge. Gli Stati Uniti annulleranno di conseguenza una serie di misure restrittive adottate nei confronti della Cina”.

Ieri Lutnick parlando dell’accordo a Bloomberg TV ha precisato che la Casa Bianca ha in programma di raggiungere a breve accordi con una circa 10 importanti partner commerciali. Ma ciò che viene guardato forse con maggior attenzione è il capitolo riguardante le cosiddette terre rare e proprio Lutnick ha detto ieri che nell’accordo c’è anche l’impegno della Cina a fornirle.

La mancanza di un resoconto dettagliato dopo due giorni di discussioni ha lasciato molti dubbi. Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito l’esito “ottimo” in un post sui social media, il suo team ha riconosciuto che in gran parte ha formalizzato i termini concordati durante i colloqui precedenti a Ginevra, che hanno portato a una riduzione delle ingenti tariffe doganali ma hanno generato ulteriori disaccordi sui controlli sulle esportazioni. Quest’anno, l’amministrazione Trump ha imposto dazi del 20% sulle esportazioni cinesi a causa del presunto ruolo di Pechino nella crisi degli oppioidi in America. Tali dazi sono rimasti in vigore.

Lutnick ieri ha detto che le “contromisure” statunitensi imposte prima dei colloqui di Londra sarebbero state revocate, ma solo una volta che le terre rare avrebbero iniziato a fluire dalla Cina. Queste misure statunitensi includono restrizioni all’esportazione di materiali, come l’etano, utilizzato per produrre plastica, chip software e motori a reazione.

Le terre rare: l’asso nella manica della Cina

Con nomi poco noti come gadolinio e disprosio, le terre rare sono utilizzate in diversi settori: dai semiconduttori agli iPhone, dalle risonanze magnetiche ai trattamenti contro il cancro. Più di recente, la domanda è stata alimentata dalle tecnologie verdi che contribuiscono a ridurre le emissioni di carbonio.

Il mondo fa affidamento da tempo sulla Cina per le terre rare, un fattore che il Paese ha sfruttato a proprio vantaggio per rispondere alla nuova guerra commerciale avviata da Trump. La Cina ha sfruttato la sua posizione dominante nella catena di approvvigionamento per reagire ai dazi americani, limitando l’esportazione di terre rare.

L’annullamento di questi limiti è stato un punto critico nei colloqui commerciali tra le due superpotenze e ha minacciato di minare la delicata tregua tariffaria di 90 giorni concordata a maggio. Le restrizioni al flusso di terre rare dalla Cina potrebbero avere implicazioni per l’economia statunitense, incluso il complesso militare-industriale. Secondo il Dipartimento della Difesa statunitense, il caccia F-35 richiede oltre 408 chilogrammi di terre rare.

Metallo rosso ai massimi di tre mesi

Nell’ambito delle materie prime, mentre i metalli cosiddetti “nobili”, dall’oro al platino al palladio stanno registrando un forte calo dopo i massimi storici segnati nelle ultime settimane, continua la corsa dei prezzi del rame saliti ai massimi degli ultimi tre mesi. Ciò si sta ripercuotendo sui titoli azionari interessati. Nella seduta di Wall Street ieri l’andamento del metallo rosso ha spinto al rialzo le azioni dei minatori Freeport-McMoRan e Southern Copper rispettivamente del 6,8% e del 7,8%.

I prezzi del rame dopo una pazza corsa durante la settimana, oggi a Londra e Shanghai, stornano solo leggermente e comunque si portano a casa un bilancio settimanale decisamente positivo, anche sostenuti da un dollaro statunitense più debole e dalle persistenti preoccupazioni riguardo a possibili dazi statunitensi sulle importazioni che stanno prosciugando le scorte.

Il rame a tre mesi del London Metal Exchange (LME) è sceso dello 0,11% a 9.889 dollari per tonnellata metrica stamane, dopo aver toccato in precedenza quota 9.917 dollari, il livello più alto dal 27 marzo. Su base settimanale, il metallo rosso ha segnato un rialzo del 2,71%.

Alla Shanghai Futures Exchange (SHFE), il rame è salito dell’1,5% a 79.920 yuan (11.148,93 dollari), dopo aver raggiunto gli 80.060 yuan, massimo dal 31 marzo. Anche qui, la performance settimanale è positiva, con un incremento del 2%.

Al London Metal Exchange si sta verificando una delle maggiori crisi del mercato del rame, dopo il rapido calo negli ultimi mesi delle scorte nei magazzini del LME che fungono da riserva per i produttori durante i periodi di forte domanda. Le scorte prontamente disponibili sul LME sono diminuite di circa l’80% quest’anno e ora equivalgono a meno di un giorno di utilizzo globale. L’esaurimento è stato alimentato dalla corsa globale per il rame negli Stati Uniti in vista di potenziali dazi all’importazione, in una dinamica che ha lasciato gli acquirenti altrove sempre più a corto di metallo.

Il premio del contratto cash sul rame del LME rispetto al contratto a tre mesi è rimbalzato a 310 dollari a tonnellata, il valore più alto dal novembre 2021, segnalando una stretta dell’offerta nel breve termine. Il premio del Comex rispetto al rame LME è salito giovedì a 1.403 dollari a tonnellata, il massimo dal 25 aprile.

Il piombo LME è sceso dello 0,32% a 2.032 dollari a tonnellata, lo stagno ha perso lo 0,28% a 33.655 dollari, l’alluminio è calato dello 0,14% a 2.580 dollari e il nichel ha ceduto lo 0,06% a 15.200 dollari.

Alla SHFE, lo zinco è salito dell’1,15% a 22.410 yuan, l’alluminio ha guadagnato lo 0,98% a 20.580 yuan, lo stagno è cresciuto dello 0,73% a 268.550 yuan, mentre il piombo ha perso lo 0,46% a 17.125 yuan.

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