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Unicredit, dopo i cashes è l’ora del cash: lunedì Ghizzoni chiederà 7,5 miliardi freschi

E’ stato anticipata ad oggi pomeriggio la riunione del comitato strategico di Unicredit (+1,2%), in vista delle decisioni sull’aumento di capitale che sarà deciso dal cda di lunedì prossimo. Si tratta in sostanza di una pre-riunione chiesta dalle Fondazioni prima del vertice vero e proprio di domenica pomeriggio. La pratica è troppo delicata (anche per il destino delle Fondazioni stesse) per non essere esaminata con la dovuta attenzione.

Inoltre, oggi finalmente si saprà l’orientamento di Bankitalia sulla computabilità nel Core Tier I (indice di solidità patrimoniale delle banche) dei cashes (strumento simile a delle obbligazioni convertibili in azioni). Secondo le indiscrezioni almeno l’80% dei cashes di Unicredit (in totale pari a 3 miliardi di euro) sarebbe computabile a Core Tier I. In particolare, via Nazionale suggerirà ad Unicredit di ristrutturare i bond emessi due anni fa sulla base di una remunerazione non più fissa (come oggi) bensì agganciata ad un meccanismo decrescente rispetto alla cedola distribuita: da un moltiplicatore di 7,5 volte fino a 1,25 nel 2018. In questo modo sarà possibile considerare i cashes nel computo del Tier 1.

Ma il calcolo dei cashes non sposta il problema fondamentale: Unicredit, inclusa tra le banche sistemiche dal recente G20 di Cannes, si trova ad assere la frontiera avanzata del rischio Italia sui mercati finanziari, cosa che impone di affrontare i mercati con la dovuta dotazione di capitale. Prende corpo, perciò, la previsione che l’ad Federico Ghizzoni si accinga a lanciare un’operazione, al netto dei cashes, di 7,5 miliardi. Una sfida senza precedenti che porta con sé due conseguenze:
a) uno sforzo immane per le Fondazioni azioniste, a partire dalla torinese Crt (provata dalle perdite del pacchetto detenuto in Socgen), cui verrebbe chiesto un investimeno di 248 milioni, Cariverona (315 milioni) e Carimonte (217 milioni);
b) l’ingresso di nuovi soci rilevanti, tra cui potrebbero spiccare il fondo sovrano cinese, il Cic, ma soprattutto altri capitali mediorientali, anche a supporto delle quote detenute dalla Libia.

A sostegno della richiesta, Ghizzoni presenterà ai soci il nuovo business plan che sarà basato su due capisaldi:
a) il taglio drastico dei costi (anche con una nuova collocazione di Pioneer);
b) un cambio di rotta delle strategie, con il nuovo baricentro fondato sul retail in Italia e fuori, con l’abbandono degli avamposti non profittevoli.

La guida del consorzio, cui parteciperà anche Intesa Sanpaolo, sarà affidata a Merrill Lybch e Mediobanca. Nella squadra (15 istituti in tutto) ci sono in pratica tutti i Big, con l’eccezione di Bnp Paribas. Nondimeno la stampa insiste su un piano di ricapitalizzazione per Unicredit da 7 miliardi di euro. Infine il capitale aggiuntivo chiesto per le banche di sistema (SIFI) è quantificato dalla stampa nell’1% in più (la nostra stima era 1,5%).

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