I droni russi nei cieli della Polonia sono solo l’ennesimo test di Mosca per verificare la rapidità di risposta dei Paesi Ue e Nato. Ma rappresentano anche un messaggio a poche ore dal discorso della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sullo Stato dell’Unione davanti alla plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo.
In un’ora di intervento, la presidente della Commissione ha incassato 15 applausi, soprattutto quando ha ribadito l’appoggio alla Polonia e il sostegno a Kiev, ma ha ricevuto anche contestazioni dall’estrema destra sulla sospensione dell’accordo bilaterale con Israele e nei passaggi dedicati ad automotive, vaccini e libertà di stampa.
Von der Leyen tra unità politica e ombre di guerra
Von der Leyen ha chiesto di mantenere l’unità tra le forze democratiche europeiste dell’Assemblea e si è detta “pronta a rafforzare la maggioranza democratica europeista”, perché “è l’unica che può dare risultati ai cittadini europei”.
Sono però gli scenari di guerra a preoccupare la presidente, convinta che “l’Europa difenderà ogni centimetro del suo territorio; costruiremo un muro di droni con Kiev”. Un’Europa, quindi, che deve “combattere per la sua indipendenza, ritrovare un ruolo e una sua identità”. Ma è lei stessa, davanti agli eurodeputati, a chiedersi: “Abbiamo lo stomaco per combattere? Abbiamo la volontà di unirci, la volontà politica per farlo? O vogliamo solo combattere tra di noi?”.
La sfida della leadership e il sostegno all’Ucraina
Difficile dire se sarà proprio von der Leyen la persona in grado di unire i 27 su obiettivi che segnano un cambio radicale nel dna europeo: da continente di pace e prosperità a potenziale campo di battaglia. Pur consapevole di non avere la leadership necessaria a questo scopo (come confermano quasi tutti i sondaggi), la presidente cerca di resistere e, per sostenere l’Ucraina, annuncia un contributo di 6 miliardi di euro a favore di Kiev utilizzando la liquidità dei conti russi congelati in Europa.
Ma non c’è solo difesa e sicurezza nell’Europa immaginata da von der Leyen. La Commissione intende liberalizzare e integrare i servizi dell’energia e delle telecomunicazioni e, per l’ambiente, Bruxelles vuole imporre il Made in Europe negli appalti pubblici dedicati alla clean tech. La presidente ha confermato l’obiettivo di tagliare del 90% le emissioni nocive entro il 2040, pur sottolineando che “la transizione deve sostenere le persone e rafforzare l’industria”.
Maggioranza fragile e tensioni con il Ppe
Von der Leyen vuole girare pagina e, con le nuove sfide su sicurezza e difesa, superare il calo di consenso e le difficoltà nella maggioranza che la sostiene, con un Ppe che più volte ha votato insieme alla destra. La maggioranza europeista (Ppe, S&D, Liberali di Renew e parte dei Verdi) che l’ha rieletta l’anno scorso aveva concordato una “piattaforma politica” più volte “tradita” dal Ppe, che ha scelto di votare con l’estrema destra sovranista ed euroscettica su diversi emendamenti. Socialisti e Liberali insistono affinché il Ppe chiarisca se intenda rispettare la “piattaforma” e garantire il sostegno a von der Leyen e alle prossime proposte legislative della sua Commissione.
“Voglio lavorare con quest’Assemblea e con tutte le forze democratiche europeiste – ha precisato la presidente della Commissione – per realizzare i nostri obiettivi. Sto preparando pacchetti legislativi per rafforzare questa maggioranza europeista. E sono davvero felice che siamo riusciti a rinnovare l’accordo quadro tra Commissione e Parlamento: questo non farà che rafforzare la nostra cooperazione”.
Durante il dibattito in aula non sono mancate tensioni e accuse reciproche tra il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, e i leader degli altri gruppi della “maggioranza europeista”. La capogruppo socialdemocratica, Iratxe García, ha detto a von der Leyen che “oggi è chiaro che il suo peggior nemico è Weber, è il Ppe”.