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Tymoshenko, l’avvocato denuncia: “In carcere la stanno uccidendo”

Continua la detenzione di Julija Tymoshenko, ex primo ministro ucraino, in carcere dallo scorso 11 ottobre per il reato di “abuso di potere” per aver stipulato un contratto (svantaggioso) di fornitura di gas russo senza il preventivo consenso del governo, e continuano gli appelli per portare alla luce la gravità delle sue condizioni.

Alla denuncia della figlia Eugenia (che ha accusato le autorità le autorità ucraine di usare l’intimidazione e la privazione del sonno per spezzare la volontà della madre per costringerla a chiedere pubblicamente la grazia al Presidente Viktor Yanukovich) e all’intervento di Hillary Clinton, che ha chiesto e ottenuto che la Tymoshenko fosse visitata da dei medici indipendenti, si unisce l’accorata istanza di Andiy Kozhemiakin, avvocato dell’ex primo ministro e suo successore alla guida della loro formazione politica, presente a Roma per un incontro con alcuni deputati italiani, durante il quale ha dichiarato che la sua assistita “sta male, malissimo: in carcere la stanno uccidendo lentamente. Si muove a stento”.

Poi, dopo le accuse all’ex alleato Yushenko, colpevole, secondo Kozhemiakin, di aver tradito non solo la Tymoshenko, ma anche i suoi stessi ideali, alleandosi col suo ex rivale, il filo-russo Yanukovic, per spartirsi l’Ucraina e svenderla agli oligarchi, l’avvocato ha colorato la sua denuncia di una tinta inquietante, un’eco dolorosa del passato, affermando: “Da noi si dice che quando scompare la persona scompaiono anche i problemi a lei legati”.

Si dice perchè lo diceva Trotsky, “nessun uomo, nessun problema”, e poi Stalin, che si appropriò della massima del suo nemico (quello stesso nemico che cercò in ogni modo di annientare, fino a farlo uccidere, esule, a Città del Messico, e al quale sterminò tutta la famiglia) cercando poi di metterla in atto con particolare pervicacia nel corso dei trent’anni del suo regime.

E questa frase mostruosa non è l’unica eco autocratica di questa storia, dell’ombra lunga di un padre di cui ciò che resta dell’Unione Sovietica pare non essere riuscita mai a liberarsi del tutto e della sua eredità che si dispiega nell’arretramento democratico dell’Ucraina, a neanche dieci anni da quella rivoluzione arancione (di cui proprio la Tymoshenko era stata la bandiera) che aveva colorato il Paese contro la corruzione del potere, promettendo un domani diverso, e nel ritorno sistematico del processo politico (oltre alla Tymoshenko, anche l’ex ministro degli Interni Yuri Lutsenko e l’ex ministro della Difesa, Valery Ivashchenko, sono finiti in carcere), fondato su un reato, l’“abuso di potere”, che risale ai tempi di Stalin e che veniva usato come strumento per liberarsi degli oppositori più scomodi.

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