X

Tassa minima globale, ecco quanto frutterebbe all’Europa

Imagoeconomica

La tassa minima sulle società a livello globale, sulla necessità della quale insiste fortemente il presidente americano Joe Biden, converrebbe innanzitutto all’Europa. Non a caso la questione finirà sul tavolo della prossima riunione dei ministri delle Finanze dei Paesi del G7, in programma venerdì 4 e sabato 5 giugno a Londra. A quantificare i benefici della global corporate tax è uno studio dell’Osservatorio europei sul fisco, creato due mesi fa e ospitato presso l’Ecole d’économie di Parigi: “A seconda del tasso che verrà deciso e dei possibili scenari, il gettito fiscale europeo potrebbe aumentare in una forbice compresa tra il +13 e il +50%”, spiega Gabriel Zucman, giovane economista francese a Berkeley e direttore dell’Osservatorio.

La necessità di una tassa minima è stata dettata dalla pandemia Covid, che ha sancito la nuova centralità delle istituzioni pubbliche ma allo stesso tempo sta prosciugando i bilanci statali. I Paesi europei sono infatti stati costretti a intervenire molto energicamente per tutelare il lavoro e la coesione sociale, e il costo di questa operazione verrà solo in parte sostenuto dagli aiuti del Recovery Plan, gran parte dei quali peraltro andranno comunque a costituire nuovo debito pubblico. Ecco perché il tema di aumentare le entrate fiscali si pone eccome. Oggi, le aziende sono libere di scegliere la loro sede fiscale, e naturalmente in Europa vengono prediletti paradisi fiscali o quasi come il Lussemburgo o l’Irlanda (che infatti non a caso si oppone al disegno di Biden).

Lo global minimum tax invece, che per la verità è stata indicata come prioritaria dall’Ocse sin dal 2019, imporrebbe un’aliquota minima sotto la quale nessuno può scendere, in modo da livellare i benefici per un maggior numero di Paesi e anche di rimodulare l’imposta in funzione dei profitti effettivamente realizzati dall’azienda (soprattutto dalla multinazionale) in questo o quel Paese. Il tema centrale è: a che livello fissare l’aliquota? Biden è molto ambizioso e inizialmente ha proposto il 21%, ritenuto però molto alto da alcuni Paesi. Si pensi ad esempio che in Irlanda oggi l’imposta sulle società è di appena il 12,5%. Ecco perché l’ultimo rilancio della Casa Bianca è per un’aliquota globale minima al 15%.

Con questo scenario (aliquota al 15%), il gettito fiscale europeo crescerebbe di 50 miliardi ogni anno, una cifra buona ma non così interessante, per un continente da 27 Paesi e oltre 300 milioni di abitanti. Mentre se per ipotesi (molto improbabile) si finisse per arrivare ad una tassa al 25%, che poi è semplicemente l’aliquota attualmente più bassa tra i Paesi del G7 (ad eccezione del Regno Unito che è al 19%), le entrate aumenterebbero della percentuale massima prevista dall’Osservatorio, +50%, e dunque in termini assoluti di 170 miliardi di euro ogni anno. Sulle resistenze dell’Irlanda e degli altri Paesi a regime fiscale agevolato, Zucman non ha dubbi: “Il no dell’Irlanda non dovrebbe trattenere gli altri Paesi dal raggiungere comunque un accordo”.

“Paesi come Germania, Francia, Usa, Italia – sostiene il direttore dell’Osservatorio fiscale europeo-, dovrebbero dire: ‘Imporremo una tassa minima del 25% sui profitti, in modo che se anche le imprese tassano i loro profitti in Irlanda, noi andremo a raccogliere il 15% mancante per arrivare al 25%’. E sapete cosa può fare l’Irlanda? Assolutamente nulla, manterranno la loro legge giusta, ma sarà compensata da tasse più alte negli altri Paesi dove le grandi corporate fanno business”.

Related Post
Categories: Tasse