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Tabacco, scoppia il caso Oms: esclusi l’Italia e altri big dal meeting di New Delhi

Un caso politico sta per scuotere la lotta contro il consumo di tabacco, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. Solo in Italia, il fumo costa la vita a 83mila persone l’anno. Un dato che rende necessaria la collaborazione con governi e istituzioni, considerando anche che in quasi tutti i Paesi del mondo (in tutti quelli del mondo occidentale) la vendita di tabacchi è monopolio di Stato.

La stessa Oms ha invece deciso che la settima edizione della Conferenza delle Parti (COP VII), in programma i prossimi 7-12 novembre a New Delhi e organizzata per monitorare lo stato di attuazione della Convenzione e promuovere soprattutto azioni regolatorie e fiscali mirate a ridurre il consumo di tabacco, non vedrà la partecipazione dei consueti 170 rappresentanti dei Paesi di tutto il mondo. Quest’anno, secondo un articolo pubblicato dall’Huffington Post UK che sta facendo molto discutere, ce ne saranno ti molti di meno: ad essere esclusi, secondo le indicazioni delle Nazioni Unite (delle quali l’Oms è organizzazione interna), dovrebbero essere tutti quei rappresentanti governativi che hanno interazioni con l’industria del tabacco, e dunque anche i ministri italiani e teoricamente lo stesso premier Matteo Renzi.

L’Oms sta facendo fortissime pressioni per escludere tutti i soggetti pubblici che legiferano sul tabacco: per intenderci, in Italia, sarebbero interessati da questo ragionamento e dunque virtualmente esclusi Pier Carlo Padoan (Economia, in quanto monopolio), Maurizio Martina (Agricoltura, per la filiera, anche perchè l’Italia è il primo produttore di tabacco in Europa e il 14esimo a livello mondiale), Carlo Calenda (Sviluppo economico, per le riforme regolamentari e fiscali) e la stessa Beatrice Lorenzin, ministro della Salute.

Il motivo di questa scelta, che non mancherà di accendere il dibattito a livello internazionale, è – sempre secondo la notizia riportata dal quotidiano online britannico – un’interpretazione dell’art.5.3 della stessa Convenzione che stabilisce che “le interazioni tra Istituzioni e Industria del tabacco debbano essere limitate e svolgersi in piena trasparenza”. Va però sottolineato che l’Art. 5.3, diversamente da altri articoli, non è considerato vincolante per gli Stati che hanno aderito alla Convenzione.  

Un principio della trasparenza sulla carta legittimo, ma che in questo caso pare decisamente portato all’eccesso, e che rischia di trasformare la conferenza di New Delhi in una riunione interna dell’Organizzazione mondiale della Sanità, con la sola partecipazione delle Ong, che però prenderà decisioni vincolanti anche per tutti quegli Stati che si sta tentando di escludere. Senza sfociare nel complottismo, c’è un altro aspetto poco chiaro della vicenda: i provvedimenti saranno sicuramente presi nella totale segretezza, visto che l’Oms vieta ormai da anni anche l’accesso ai media, come è successo a Mosca nel 2015 e durante l’ultimo incontro dell’OMS in Turkmenistan nell’aprile scorso. Violazioni del diritto all’informazione che hanno portato 50 giornalisti ed editori a scrivere una “Lettera aperta alle Nazioni Unite contro il bavaglio ai media e il soffocamento della libertà di stampa” per contestare le misure straordinarie adottate spesso dall’Organizzazione per impedire ai giornalisti di svolgere il loro lavoro. 

Tornando all’Italia, il nostro Paese ha aderito alla Conferenza dell’Oms sul consumo di tabacco nel giugno 2003 e provveduto alla sua ratifica nel luglio 2008. Ma, oltre all’Italia, rischiano di essere esclusi anche altri Paesi importanti, come i maggiori produttori di tabacco (nell’ordine Cina, India, Brasile, Stati Uniti, Indonesia e Malawi) a tutela di un’industria che, al di là delle major, conta nel mondo 450.000 aziende produttrici e dà lavoro, solo nelle piantagioni, a 2,5 milioni di persone in tutto il pianeta.

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