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Tabacco, Commissione Ue tra scandali e spy stories

Era dai tempi della Commissione Santer nel 1999 che un tale scandalo non coinvolgeva i vertici dell’Unione Europea. Allora si parlava di consulenti, amanti e dentisti, mentre oggi la questione ha molta più sostanza. La scorsa settimana il responsabile per la Salute e la Politica dei consumatori, il maltese John Dalli, è stato costretto dimettersi a causa delle accuse rivoltegli dall’Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode) di aver avuto un ruolo nel tentativo di concussione portato avanti da una società maltese nei confronti della svedese Swedish Match, azienda produttrice di Snus, tradizionale tabacco “da succhio”, considerato da molti – anche in ambiente medico – una valida alternativa alle sigarette perché privo dei fattori cancerogeni più pericolosi legati alla combustione.

A quanto pare, però, l’Unione Europea non la pensa allo stesso modo e, dal 1992, ha messo fuori legge lo Snus perché ritenuto “altamente cancerogeno” (mentre le sigarette sono legali, sic!), spingendo la Svezia, nel corso dei negoziati per l’adesione all’Ue, a dover chiedere ed ottenere una deroga basandosi sulla tradizione locale e sul rischio di vedere fallire il referendum sull’adesione, come accaduto in Norvegia (altro paese utilizzatore di Snus). Perché però lo Snus può essere acquistato ovunque nel mondo, eccetto nell’Ue? Non solo, in realtà ogni cittadino europeo lo può tranquillamente comprare via internet, nonostante si tratti di un prodotto non in libera vendita nei singoli paesi dell’Unione. 

Tutta la questione nasce dagli attuali lavori in corso per la revisione della Direttiva Europea sui prodotti del tabacco avviata dalla Dg Sanco. Come anticipato nelle scorse settimane dal quotidiano tedesco Die Welt (senza smentite da parte della Commissione), le principali disposizioni della Direttiva sarebbero indirizzate ad una stretta quasi-proibizionista, che comunque non prevedrebbe alcuna eccezione agli attuali divieti per lo snus. Per questo motivo Swedish Match è stata avvicinata da un imprenditore maltese –che secondo i media maltesi sarebbe Silvio Zammit, compagno di Dalli nel Partito Nazionalista di centrodestra (ma il nome non è stato confermato) – che, prima presentando un normale piano di lobbying, e poi chiedendo il versamento di una “cospicua somma”, assicurava che il Commissario Dalli sarebbe intervenuto per sbloccare il divieto. Somma cospicua che ammonta a 60 milioni di euro secondo Swedish match, ma comunque relativa, dato che la posta in gioco per la Svezia è enorme. Il divieto infatti è costato al paese nordico almeno 3 miliardi di corone svedesi (350 milioni di euro) derivanti dalle esportazioni e persi ogni anno secondo l’Istituto svedese di vendita al dettaglio, che stima un mercato potenziale tra i 1,5 e 1,8 miliardi di euro entro 10 anni dall’abolizione del divieto.

La Swedish Match ha però giustamente deciso di non sottoporsi alla richiesta e ha sporto denuncia all’Olaf, guidato dall’ex magistrato e deputato PD Giovanni Kessler. Ed è stato proprio il rapporto finale dell’Olaf a portare Dalli alle dimissioni (o meglio al licenziamento da parte del presidente della Commissione, il portoghese Barroso). Secondo Kessler, il commissario era a conoscenza delle azioni del faccendiere maltese e «non ha fatto nulla per evitare, fermare o fare rapporto sui fatti». Ma proprio quando la situazione sembrava acclarata, ha preso il via la spy-story. Prima Dalli e gli attivisti anti-tabacco sono partiti all’offensiva, affermando che il Commissario è una vittima di un complotto ordito da parte dell’industria del tabacco, mirato a far deragliare la revisione della Direttiva Tabacco su cui Dalli stava lavorando da tempo.

Poco dopo la polizia di Bruxelles ha setacciato gli uffici di tre delle principali organizzazioni che si occupano di salute pubblica alla ricerca di cimici in seguito ad una effrazione in un edificio in rue de Trèves nella quale sono stati sottratti computer portatili e documenti relativi alle battaglie contro l’industria del tabacco, contro cui le organizzazioni hanno puntato il dito, mettendo in connessione i furti alla Direttiva e sfruttando la situazione per chiedere alla Commissione di pubblicare quanto prima la Direttiva stessa che, tra le altre cose, prevedrebbe il divieto della sigaretta elettronica (altra alternativa al fumo) e l’occupazione del 70% del pacchetto con avvertenze sanitarie e di immagini shock (cd. pictorials) finalizzate alla descrizione visiva degli effetti del fumo sulla salute, sul modello di quanto deciso in Australia nei mesi scorsi. E ciò nonostante da più parti (si veda anche un recente studio di “The European House – Ambrosetti”) sia stata evidenziata la mancanza di proporzionalità tra i risultati attesi per la salute pubblica con l’adozione del pacchetto generico e le conseguenze economiche e sociali per gli attori della filiera che, in Italia, vede coinvolti oltre 200mila addetti.

Per quanto riguarda questo furto da “Conspiracy Theory”, le opzioni sono tre: il mandante è Big Tobacco davvero; oppure il furto è stato casuale, per quanto bizzarro vista la coincidenza; o – e qui la cosa si farebbe interessante – c’è chi ipotizza che sia tutta una messa in scena delle Ong per cercare di incastrare l’industria o per liberarsi di documentazione scottante riguardante Dalli o le stesse Ong. Ong che – va notato – sono strettamente in relazione con Big Pharma, la lobby farmaceutica chiaramente interessata ad una Direttiva che punti al niente fumo invece che a metodi per la riduzione del danno (come ad es. lo Snus e la sigaretta elettronica). Si vedrà.

Curioso comunque come ora qualcuno cerchi di sfruttare uno scandalo denunciato proprio dall’industria del tabacco contro questa, in realtà – per una volta – “vittima” di scelte politiche portate avanti nonostante i risultati di un’ampia consultazione che, l’anno scorso, ha ricevuto oltre 85.000 risposteDalla consultazione si ricava che la maggioranza dei rispondenti è contro l’ampliamento della Direttiva in assenza di maggiori prove scientifiche riguardo i nuovi prodotti del tabacco e della nicotina. Altro punto principale emerso è quello della libertà di scelta, sempre che questa sia sostenuta da un’adeguata informazione sui rischi e, last but not least, notevole è la critica nei confronti della tendenza della Commissione verso un eccesso di regolamentazione e proibizionismo nel settore. Esattamente l’opposto di quelli che sembrano gli intenti della, a questo punto post-democratica, Commissione UE, il cui lavoro sulla Direttiva riprenderà nei prossimi giorni a seguito della fresca nomina del Commissario Tonio Borg, già capo della diplomazia maltese e vice-premier di Malta.

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