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Referendum sul lavoro e sulla cittadinanza: il risultato non si può mistificare e l’Istituto Cattaneo spiega cosa racconta davvero

FIRSTonline

A leggere i quotidiani del giorno dopo la batosta referendaria della sinistra, si trovano pochi commentatori – anche tra i tanti amici degli amici che si erano sbracciati nella danza della pioggia del dovere di partecipazione – disposti ad avvallare la dottrina Boccia/Schlein sull’analisi del voto. Maurizio Landini ha visto la democrazia in pericolo a causa delle astensioni, ma almeno ha ammesso la sconfitta, senza barare al gioco e senza citare la dottrina de Coubertin. Magari avrebbe dovuto trarne le conseguenze presentando le dimissioni. Ma sono fatti suoi e della Cgil.

I commentatori più seri (nel senso cioè di preoccupati di non farsi deridere) hanno lanciato la palla nella tribuna dei massimi sistemi nel tentativo di trasformare la regola del quorum (al 50% + 1) in un vecchio arnese ormai desueto e inadeguato a fornire un risultato affidabile. Si è distinto in questa teoria il supersconfitto Riccardo Magi, come se le regole non fossero le stesse quando – insieme a Quattro Cavalieri dell’Apocalisse (l’Urlatrice, il Cicisbeo, I love Tesla e Verde di rabbia) e al padre/padrone della Cgil – si era impegnato a raccogliere le firme (io do una mano a voi, voi la date a me) sul quesito della cittadinanza, senza avere nient’altro in comune. Peccato che il fantasma che girava a Montecitorio non si sia accorto di essere in cattiva compagnia. E di covare una serpe in seno.

L’analisi dell’Istituto Cattaneo smonta le illusioni

Infatti, analizzando, pochi giorni dopo, l’esito del voto l’autorevole Istituto Cattaneo ha messo il segretario di + Europa in “braghe di tela”. “I sostenitori del Sì hanno ottenuto un risultato migliore – è scritto nota – di quanto sarebbe stato prevedibile ipotizzando un perfetto allineamento tra le posizioni di elettori e partiti nel caso dei referendum sul lavoro e un risultato significativamente peggiore nel caso del referendum sulla cittadinanza. Già questo – prosegue la nota e vedremo l’importanza di siffatta considerazione – è sufficiente a indicare che i risultati della tornata referendaria non possono essere interpretati come la prova di conferme o cambiamenti dell’equilibro elettorale tra i partiti”. Occorre molta prudenza – come hanno sottolineato sia Augusto Barbera che Giovanni Amoroso – nel mettere in dubbio le regole di uno strumento di democrazia diretta usato – non sempre a proposito – per ben 78 volte.

I problemi strutturali del referendum in Italia

E non c’è solo il problema del quorum, ma, in primis il numero delle firme da raccogliere per promuovere i quesiti perché l’attività legislativa di un Paese non può essere nelle mani di minoranze attive e aggressive; è invalsa poi la pratica del taglia e cuci che permette ad un quesito di manipolare una norma fino a rovesciarne il contenuto. Per non parlare, poi, di un altro aspetto deviato che è emerso anche nell’ultima tornata referendaria: si tratta di una deformazione delle funzioni di cui all’articolo 75 Cost. che viene definita, dai giuristi, “effetto plebiscito”, che si riscontra quando un referendum, anziché essere uno meccanismo per abrogare su una specifica legge o parte di essa, si trasforma in una consultazione sulla fiducia dell’elettorato nei confronti di un partito o di una leadership politica, come se fosse un plebiscito sulla loro condotta. Le opposizioni, senza riuscirci, hanno tentato di usare il referendum a questi fini, falsando la discussione.

Perché quando si mettono in campo slogan propagandistici come “maggiore tutela nei licenziamenti”, “lotta alla precarietà”, “maggiore sicurezza sul lavoro” si costringono quanti intendono replicare a svolgere vere e proprie lezioni complesse di diritto del lavoro, perché non è sufficiente smentire senza mettere in campo argomenti. È una posizione di svantaggio difficilmente recuperabile, tanto da raccomandare la scelta dell’astensione.

I dati Cattaneo: nessuna svolta elettorale, stabile l’equilibrio tra partiti

L’Istituto Cattaneo, infine, dopo un’accurata analisi dei dati dei due principali referendum, quello sul jobs act e quello sulla cittadinanza, smentisce le elucubrazioni di quanti intravedono in una sonora sconfitta l’alba di un nuovo inizio. “In conclusione, è alquanto azzardato proiettare – è scritto nella nota dell’Istituto bolognese – il voto registrato in occasione di questa tornata referendaria su possibili equilibri elettorali futuri tra partiti e aree politiche. Il disallineamento tra il voto ai partiti registrato nelle elezioni più recenti e le scelte sui due temi della consultazione referendaria presentano tendenze molto diverse. I piccoli incrementi rispetto al proprio bacino elettorale storico registrati sulla posizione referendaria da loro sostenuta riguardo al lavoro da Pd, Avs e M5S sono contraddetti dalle grandi perdite subite sulla cittadinanza. In ogni caso – aggiunge il documento – né gli uni né le altre derivano da flussi di voto che sembrano destinati a replicarsi. L’impressione che si ricava su questo piano dai dati da noi esaminati continua ad essere quella di una sostanziale stabilità degli allineamenti elettorali registrati in occasione delle politiche 2022 e delle europee 2024″. In sostanza, per la rivincita si deve ripassare.

Rapporto percentuale tra il numerò di Sì e voti ai partiti del “Campo largo” nelle elezioni europee del 2024

Fonte: Elaborazioni dell’Istituto Cattaneo su dati del Ministero dell’Interno
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