X

Quando la parola ‘austerity’ diventa tabù

Utilizzata per la prima volta da Enrico Berlinguer negli anni ’70 all’epoca del “compromesso storico”, e ripresa altre volte nel corso dei decenni a seguire, nel terzo millennio questa parola sembra essere diventata un tabù. Almeno per la stampa e l’opinione pubblica italiana, che pure in una fase come questa, dove il governo tecnico guidato di Monti sta parecchio stringendo la cinghia, potrebbero farne incetta. O dovrebbero, secondo il quotidiano francese Le Monde, che ha affidato l’analisi della questione a due docenti italiani, Caterina Froio e Pietro Castelli Gattinara, dottorandi in Scienze politiche e sociali all’Istituto universitario europeo di Firenze.

La parola magica è “austerity”, e la sua assenza nel linguaggio dei giornali e delle trasmissioni televisive è saltata all’occhio persino Oltralpe. “Analizziamo la manovra economica del governo: di che cosa stiamo parlando?” si chiedono i due docenti in un’editoriale pubblicato su Le Monde di oggi.

“Parliamo di una serie di riforme che il nuovo governo è stato costretto a varare sotto le pressioni dei mercati e delle istituzioni internazionali – sostengono Froio e Castelli Gattinara -. Nè più nè meno ciò che è già successo in Grecia, in Spagna o in Irlanda. Si tratta inequivocabilmente delle ormai celebri ‘misure d’austerità’ invocate da Francia e Germania e sostenute da Barroso e Van Rompuy, oltre che dagli ex premier Papandreou e Zapatero”.

Ma dando un’occhiata ai giornali italiani, non c’è traccia nè di austerità nè di austherity. Si scrive di “pacchetti di riforme strutturali”, necessarie e inevitabili. E dunque, nella mistificazione terminologica, ciò che veniva regolarmente utilizzato per descrivere le situazioni greche o spagnole, viene ora “camuffato”, chiamandolo con altri nomi: riforme, manovre di risanamento, pacchetto salva-Italia.

Ma se si tratta della stessa cosa, perchè usare parole differenti? “Un’attenta rassegna della stampa estera nei giorni 4 e 5 dicembre – dicono i due studiosi fiorentini – ci ha imposto questa riflessione. Mentre tutti, anche i nostri quotidiani, concordavano nel dare risalto alle lacrime, peraltro inspiegabili, del ministro Fornero, emergevano tuttavia notevoli diversità teminologiche nell’affrontare la notizia della manovra Monti”.

In effetti, La Repubblica titolava: “La manovra: stretta pensioni, Irpef immutata” e il Corriere della Sera rilanciava “Stretta pensioni. Supertassa sulle case. Niente aumenti Irpef, supertagli alla politica”, o ancora La Stampa : “Ecco il decreto ‘salva Italia’, pensioni, iva, tagli alla politica, casa. Tutti i provvedimenti punto per punto”. Mentre Le Monde scriveva: “Le gouvernement italien adopte un nouveau plan d’austerité”, The Guardian: “Italian cabinet prepares to adopt austerity measures”, la BBC: “New Italy austerity plans agreed”, e il Wall Street Journal: “Monti unveils austerity plans”.

“La stampa italiana – è scritto su Le Monde di oggi – ha effettuato ciò che in scienze sociali si chiama ‘framing’, ovvero un processo di influenza selettiva sulla percezione dei significati che un individuo attribuisce a parole o frasi, in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre. Come dice Wittgenstein, il linguaggio è il mezzo (medium) di costruzione della realtà. Dunque, i media italiani compongono una realtà diversa da quella che è, e che invece non hanno esitato a rappresentare parlando di Grecia o Spagna”.

Insomma, Le Monde ci accusa di essere asettici e acritici. Di dare attenzione al “particulare” (pensioni, patrimoniale, etc) e non all’insieme. Di decontestualizzare e in qualche modo legittimare la situazione. Solito atteggiamento critico della stampa estera nel parlare dell’Italia o verità? Abbiamo provato in questo istante a cercare su Google news la parola “austerity”: delle prime 4 notizie apparse, zero riguardavano la manovra Monti, una a testa invece per le misure greca e spagnola. Sì, ha ragione Le Monde: in altri Paesi c’è l’austerità, in Italia proprio no.

Related Post
Categories: Mondo