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Pirelli: governo pronto al Golden Power. Verso una revisione soft del patto con i cinesi

Imagoeconomica


Segnano il passo i listini azionari, sulla base di un copione che rischia di ripetersi fino alle riunioni di metà mese di Fed e Bce. Piazza Affari rallenta il passo, mezzo punto sotto la barriera dei 27 mila punti, da settimane una soglia quasi invalicabile, nonostante la revisione al rialzo delle stime sul Pil dell’Italia da parte dell’Istat. Ma soprattutto il listino cede il passo alla marcia trionfale di Btp Valore, destinata a battere nuovi record. E sul fronte del listino irrompe la geopolitica: c’è infatti grande attesa per le decisioni del governo su Pirelli e sul Golden Power da far valere nei confronti dell’azionista cinese.

Pirelli: un test delicato nei rapporti Italia-Cina

Ancor prima di affrontare entro l’anno il test del rinnovo della presenza italiana nella Via della Seta, il governo italiano si trova infatti ad affrontare un test del delicato rapporto tra l’economia italiana e Pechino: le relazioni tra Pirelli e Sinochem, il colosso chimico cinese che controlla il 37 per cento della multinazionale della Bicocca. Un partner silente e rispettoso fino ad oggi che, sotto la bandiera della controllata “Marco Polo”, non ha mai espresso obiezioni sull’italianità del gruppo o promosso un solo voto contrario alla gestione di Marco Tronchetti Provera ma che quest’anno ha deciso di alzare il tiro, aumentando la partecipazione in consiglio (da otto a nove membri) e prenotando il ruolo di amministratore delegato dal 2025, quando scadrà il mandato di Giorgio Bruno, il delfino scelto da MTP. Nonché rivendicare fin da subito la piena condivisione del patrimonio tecnologico del gruppo, compresi o brevetti detenuti nell’Internet delle cose, cioè il collegamento tra pneumatici e vettura. 

Pirelli: Tronchetti Provera a Palazzo Chigi, Governo pronto al Golden Power

Oggi, una folta delegazione capitanata da Marco Tronchetti Provera nelle vesti di presidente di Camfin rende visita al comitato di coordinamento per il golden Power presso la presidenza del Consiglio. La squadra di legali e manager dovrà fornire chiarimenti su quel che sta avvenendo alla Bicocca, a partire dalle lettere e dai documenti scambiati tra Sinochem e Pirelli, in parte anticipati dal Messaggero che ha parlato di lettere ufficiali di Pechino in cui si chiede di dare attuazione alle linee guida indicate dal presidente Xi Jingping nelle società partecipate e di far migrare i sistemi operativi di Pirelli sulla piattaforma informativa di Sinochem. 

Operazioni che sorprendono solo in parte alla luce della ristrutturazione di Sinochem Holding, il gigante nato dalla fusione tra ChemChina e Sinochem che conta 220 mila dipendenti in 8 settori e che, tra l’altro, non fa mistero di voler essere “il leader mondiale nei pneumatici di fascia alta attraverso il controllo di China National Tire & Rubber che gestisce 24 stabilimenti in 13 paesi e vende i suoi prodotti in oltre 160 paesi e regioni in tutto il mondo. È l’azionista di controllo delle società quotate Pirelli & C SpA e Aeolus Tyre Co.

Questa ambizione, ribadita dai manager cinesi a Palazzo Chigi, rischia di mettere in grave imbarazzo la multinazionale italiana. Il business di Pirelli è stato colpito dai dazi imposti dagli Usa su Sinochem. In caso di deterioramento dei rapporti con Pechino, misure simili potrebbero venire introdotte anche dal Giappone, dalla Corea del sud, dall’Australia e pure dall’Unione europea, con gravi danni per gli affari dell’azienda. Per giunta, alcuni grandi investitori Usa potrebbero escludere il titolo dai portafogli. In cambio, un raffreddamento dei rapporti con l’azionista cinese potrebbe compromettere il business con il mercato più promettente anche per i pneumatici di alta gamma. 

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Vendite su Pirelli in Borsa

Ce n’è a sufficienza per giustificare le vendite su Pirelli in Piazza Affari (ma anche su Brembo, alleata di Camfin, possibile alternativa in caso di uscita di Sinochem). Si tratta a questo punto di capire se e quali cambiamenti il governo italiano imporrà al nuovo patto entrato in vigore il 19 maggio, ma congelato in attesa del pronunciamento del governo sul golden power.

Sembra probabile un veto sul nuovo patto di sindacato che vedrebbe crescere il potere dell’azionista cinese con la riduzione dei membri del cda e soprattutto l’impossibilità per il socio italiano Camfin di esprimere cariche esecutive come quelle del ceo. Il problema è di individuare una soluzione soft, che ridimensioni e in alcuni casi sterilizzi il ruolo dei soci cinesi. 

Nel frattempo, nota Gabriel Debach, analista del mercato italiano di e Toro “La situazione si riflette chiaramente sul valore delle azioni di Pirelli, che, nonostante una crescita del 14% dall’inizio dell’anno, ha sottoperformato rispetto ai suoi principali concorrenti come Bridgestone, Continental e Goodyear” 

“L’atteggiamento di Sinochem – aggiunge Debach – evidenzia l’ambizione espansionistica della Cina, che non sembra più interessata a svolgere un ruolo passivo nella governance dell’azienda. Per l’Italia la questione assume una connotazione più politica che societaria. La Cina ha aumentato la sua influenza economica in tutto il mondo, compreso il settore degli pneumatici, e la presenza cinese in aziende strategiche come Pirelli solleva preoccupazioni in termini di sicurezza e controllo dei dati. Gli alleati occidentali esprimono preoccupazione riguardo alla possibilità che l’influenza cinese possa minare la sicurezza e l’autonomia delle aziende occidentali. Pertanto, il governo italiano si trova ad affrontare una sfida delicata nel bilanciare le richieste di sicurezza, personale e dei suoi alleati, con la necessità di mantenere buone relazioni con la Cina”. 

La via d’uscita ideale sarebbe un calo della presenza azionaria di Pechino. Ma nulla lascia prevedere un esito del genere. E nelle trattorie dalle parti della Bicocca i cinesi per ora restano tra i clienti più fedeli.

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