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Pensione obbligatoria per i dipendenti pubblici

Inizia il ricambio generazionale dei dipendenti pubblici. Ieri il ministro della Pa, Marianna Madia, ha firmato una circolare che conferma e regola l’uscita obbligatoria (con poche eccezioni) dalla Pubblica amministrazione per chi ha raggiunto l’età della pensione. Il documento deve ora essere registrato dalla Corte dei conti.

Il decreto Madia della scorsa estate prevedeva che dopo il 31 ottobre 2014 (il 31 dicembre 2015 per i soli magistrati) fosse abolita la pratica del trattenimento in servizio, che consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare anche dopo aver ottenuto i requisiti per la pensione. La risoluzione del rapporto di lavoro è diventata perciò “obbligatoria, per coloro che hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia ovvero il diritto alla pensione anticipata, avendo raggiunto l’età limite ordinamentale”.

Ora, “essendo già scaduto” il termine del 31 ottobre 2014, “i trattenimenti non possono proseguire”, si legge nella circolare, e “a tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex lege”.

Se un lavoratore pubblico non ha ancora diritto all’assegno previdenziale pur avendo raggiunto l’età richiesta per la pensione di vecchiaia, il rapporto di lavoro prosegue “per permettere al dipendente di maturare i requisiti minimi previsti per l’accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età”.

Per i dirigenti medici e del ruolo sanitario, invece, continuano a valere le regole precedenti:  limite massimo per il collocamento a riposo al compimento del 65mo anno di età “ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con limite massimo di permanenza al settantesimo anno di età”.

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